Domani sera a Laveno Mombello (Va) c'è il trio che si dedica da sempre alla pratica e alla valorizzazione del tamburo tradizionale giapponese Taiko
Fa tappa per la prima volta a Laveno Mombello (Va) la trentesima edizione del Festival LagoMaggioreMusica: sabato 3 agosto, il Chiostro di Palazzo Perabò di Cerro ospiterà il concerto dei Munedaiko, trio che si dedica da sempre alla pratica e alla valorizzazione del tamburo tradizionale giapponese Taiko (inizio live ore 21; ingresso 12-15 euro). Il Taiko è uno strumento che, attraverso le sue vibrazioni, mira ad approfondire l’armonia dello spirito in risonanza con la mente e con lo stato d’animo di ogni essere umano. L’obiettivo del gruppo, attraverso quest’arte immersiva, è di far conoscere il potere espressivo di questi affascinanti tamburi che fanno rivivere, a chi li ascolta, frammenti del Giappone antico. In occasione del concerto verranno ospitate le opere calligrafiche di Miriam Pracchi, artista e calligrafa, membro dell’Associazione FeiMo.
Riconosciuti ufficialmente come collaboratori culturali dall’Ambasciata Giapponese in Italia, i Munedaiko (Mugen, Naomitsu e Tokinari Yahiro) si esibiscono in concerto in tutta Italia e in Europa, riportando nelle loro incredibili performance la musica, il teatro e la danza di questa secolare tradizione. Mugen Yahiro è artista e maestro riconosciuto dalla “Libera Università Oki do Mikkyo Yoga”.
Nato in Italia, a Corbordolo (PU) nel 1991, pratica il Taiko da oltre quattordici anni, iniziando il suo percorso di studio multidisciplinare con il maestro e artista Niwa Motoyuki, che lo introduce anche alle arti visive e performative del Teatro Noh, di cui apprende la tecnica di creazione e utilizzo delle maschere. In Giappone si unisce per oltre un anno al gruppo di percussionisti Ondekoza, attivo dal 1969 sull’isola di Sado, celebre per aver nobilitato la musica dei tamburi giapponesi ad arte performativa virtuosistica da palcoscenico. Nel 2014 fonda i Munedaiko. È ufficialmente riconosciuto come collaboratore culturale dall’Ambasciata giapponese in Italia, grazie al suo continuo impegno nel promuovere l’arte e la cultura nipponica nel nostro Paese. Naomitsu Yahiro è nato a Pesaro nel 1987. Studia e pratica dal 2008 al 2015 alla Gulun Kung Fu Academy in Cina, dove viene riconosciuto come istruttore nelle arti marziali tradizionali. Successivamente viene riconosciuto dalla libera università Okido Mikkyo Yoga come maestro Shaolin V Dan. Nel 2007, grazie a Mugen Yahiro che lo introduce all’arte del Taiko, inizia ad alternare lo studio in Cina con la pratica del Taiko, entrando a far parte dei Munedaiko dalla sua fondazione e iniziando ad esibirsi in concerti in Italia e all’estero. Si specializza in Meiso Shiatsu e, oltre ad essere maestro di arti marziali e artista Wadaiko, è anche responsabile dell’Accademia della Libera Università Okido Mikkyo Yoga, gruppo di studio dedito alla ricerca di una vita veramente umana e di prosperità reciproca. Tokinari Yahiro, nato a Pesaro nel 1984, si diploma all’Accademia di Belle Arti di Urbino. Durante gli anni accademici comincia a praticare il Taiko arrivando a portarlo come parte della tesi di laurea. È membro dei Munedaiko dalla fondazione del gruppo. Si unisce anche al rinomato gruppo degli Ondekoza dal 2016 al 2019, periodo nel quale ha la possibilità di esibirsi in innumerevoli concerti in tutto il Giappone e in diverse tournée in giro per il mondo. In questi anni, oltre ad approfondire lo studio del Taiko, si dedica alla pratica degli strumenti a fiato giapponesi shakuhachi e shinobue.
L’arte del Taiko
La percussione è l’origine dell’arte musicale e culturale creata dall’uomo: si può dire che è la base della storia e della cultura musicale, così come lo è nella composizione di un brano. Se ascoltiamo attentamente, il nostro stesso cuore batte in modo ritmico. Il Taiko è la percussione tradizionale della cultura Giapponese. Le antiche origini del Taiko non sono chiare. Una scultura Haniwa (antica argilla giapponese) raffigurante un percussionista con un tamburo risalente ai secoli 600-700 d.C. dimostra la sua effettiva esistenza sin da quel periodo. La somiglianza con il tamburo cinese e con quello coreano è notevole e non si può escludere una forte influenza da parte di queste due culture, a loro volta influenzate enormemente dall’India, soprattutto attraverso il Buddismo. Non è sbagliato ritenere, pertanto, che il Taiko abbia più di 2000 anni di storia. Tuttavia, la maggior parte delle correnti culturali hanno diminuito la loro influenza intorno al 900 d.C. ed è quindi ragionevole attribuire agli artigiani giapponesi l’aspetto attuale dello strumento.
La parola Taiko è composta da due ideogrammi e letteralmente significa “grande tamburo”. La base in legno viene ricavata da un unico tronco d’albero e le pelli che vengono applicate su entrambi i lati dello strumento sono comunemente quelle di vacca e bisonte che, grazie al loro spessore, possono essere percosse energicamente senza lacerarsi.
Il suono e la vibrazione del Taiko sono in grado di scuotere le profondità del cuore umano a tal punto che questo strumento veniva spesso usato in battaglia per intimorire e spaventare i nemici. Veniva anche utilizzato per impartire ordini e coordinare gli spostamenti delle truppe, essendo uno strumento in grado di essere udito in tutto il campo di battaglia. Oltre all’aspetto marziale, il Taiko è sempre stato utilizzato in contesti popolari, culturali, religiosi e spirituali. Nei villaggi, semplici colpi di tamburo venivano usati per segnalare diverse attività all’interno e all’esterno del nucleo cittadino. Anche le feste venivano celebrate con il suono del tamburo: la gente lo suonava per rallegrare ed elevare lo stato d’animo. È da queste feste che si sono sviluppati poi la gran parte dei ritmi tradizionali che sono rimasti una fonte di ispirazione per tutti i percussionisti di Taiko moderni.
Il Taiko veniva spesso utilizzato in cerimonie religiose, sia buddiste sia shintoiste: una tradizione che è perdurata fino ai nostri giorni. Questo è infatti uno dei pochi strumenti che si poteva e si può tuttora trovare nei templi e nei santuari. I monaci lo utilizzavano sia nella pratica quotidiana sia in occasione di consacrazioni e il suo impiego era consentito solo ad alcuni prescelti, essendo considerato uno strumento sacro. Alcuni buddisti ritenevano che il suo suono rappresentasse la voce del Buddha e veniva utilizzato sia per sostenere la recita del Mantra sia durante cerimonie e danze, mentre nei riti shintoisti veniva utilizzato per offrire e rivolgere le proprie preghiere alle divinità. Il dio del tuono, portatore di pioggia e tempeste era rappresentato dal Taiko che, carico di energia dell’universo, veniva battuto per creare fulmini ad ogni colpo. Nella credenza popolare giapponese si dice che con la sua vibrazione sia in grado di purificare l’ambiente in cui viene suonato, scacciando i demoni o le impurità che lo abitano.
Il Taiko è capace di stimolare la nostra forza vitale ed è in grado di metterci in una condizione che esprima al meglio il nostro essere e la nostra essenza. La sua vibrazione è capace di creare una risonanza con la parte più profonda di noi, con chi suoniamo e con chi ascolta. È facile trovare così un respiro comune, aumentando la sensibilità ed il pensiero positivo. La postura, il movimento e la concentrazione sono fondamentali nell’arte delle percussioni giapponesi. Bisogna focalizzarsi su come si muove il corpo per arrivare a colpire il tamburo, liberare la mente per sentire il suono e risuonare con la vibrazione per entrare nel ritmo. Il Taiko viene considerato lo specchio dell’anima per il modo così semplice e diretto in cui riflette la nostra condizione, mentale e fisica, che viene identificata subito tramite la pratica. Lo scopo dell’allenamento è quello di far risvegliare, sviluppare e manifestare la vera forza interiore, creando una condizione di armonia nel corpo, nel cuore e nella mente, per cercare di approfondire lo spirito.
Andrea Conta – cell: 3471655323;
email: andreaconta1968@gmail.com; ufficiostampa@jeunesse.it
www.jeunesse.it