Al TeatroBasilica di Roma
Sulle tavole del TeatroBasilica che Roberto Herlitzka ha calcato recitando la Divina Commedia perfino in carrozzina, il critico teatrale Rodolfo di Giammarco, il regista Antonio Calenda e l’autore e regista Ruggero Cappuccio hanno ricordato la genialità recitativa di uno dei più grandi interpreti della scena italiana.
Aneddoti, ricordi, siparietti dietro le quinte e il contributo video del regista cinematografico Marco Bellocchio hanno aiutano a delineare una personalità rigorosa e schiva. Connaturata da una ‘certa selvatichezza’ la definisce Cappuccio, che ne rievoca l’episodio della ricerca spasmodica di una sedia per la messa in scena di Ex Amleto, sua riscrittura del capolavoro di William Shakespeare, interiorizzando la solitudine del principe di Danimarca, personaggio che gli era caratterialmente congeniale.
Attore teatrale raffinato ed essenziale, rigoroso e signorile è stato diretto da grandi registi quali Luca Ronconi, Orazio Costa, Antonio Calenda, Gabriele Lavia, esordendo al cinema con Lina Wertmüller in Film d’amore e d’anarchia nel 1973, fino a Paolo Sorrentino ne La grande bellezza, culminando nella dolente interpretazione di Aldo Moro nel film di Bellocchio Buongiorno notte che gli valse il David di Donatello e il Nastro d’argento nel 2004.
Se ne è andato due mesi dopo la perdita della moglie con la quale aveva condiviso oltre cinquanta anni di vita. E nel suo ambiente naturale è stato salutato dagli amici, la sala teatrale della chiesa di San Saturnino a Roma.
Scrisse Rodolfo di Giammarco alla notizia della morte: “…Il volto più severo e asciutto, l’artista più ritroso e cerebrale, l’attore più implacabile e poetico che, possiamo dirlo, ha reso etici e vertiginosi gli ultimi sessant’anni della scena italiana”.
Sui palcoscenici romani lo abbiamo visto dare vita a vari personaggi.
Nella rielaborazione storica della vita di Casanova in cui la scrittura drammaturgica di Ruggero Cappuccio si focalizzava sull’uomo liberandolo dal mito, Herlitzka interiorizzava il personaggio che Cappuccio gli aveva ritagliato addosso, veicolando con la modulazione della voce i teneri ricordi di bambino, le rocambolesche evasioni, gli amori e gli abbandoni, fino agli ultimi giorni.
Nella drammaturgia di Gianni Borgna che rendeva omaggio al pensiero “eretico e corsaro” e alla lungimiranza politica e sociale di Pier Paolo Pasolini, che anticipava con la capacità dello scrittore che osserva il mondo ciò che si sarebbe verificato, Herlitzka con la forza drammatica e poetica della voce, che si cimentava anche nel friulano, e l’aderenza fisiognomica alle figure dell’universo pasoliniano, incarnava realisticamente quel ruolo.
Il volto scarnificato come una maschera totemica e il corpo emaciato e apparentemente fragile, lo rendevano totalmente aderente all’Enrico IV di Pirandello, incarnandone l’animo e la mente ondeggiante tra realtà e follia con una performance da fuoriclasse. Essenziale, scarno, incisivo, provato nel fisico asciutto e indomito, si sorreggeva a una stampella che brandiva come strumento di affermazione del suo status. Il fisico, la postura, la voce a tratti flebile ma ferma erano espressione di una forza recitativa stringata e potente.
Per le celebrazioni dei 700 anni della morte di Dante recitò le Cantiche del Sommo poeta. Il fisico già provato si esaltava in una recitazione essenziale e catalizzante, e con la voce a tratti flebile ma ferma solfeggiata di chiaroscuri esprimeva una forza recitativa stringata e potente, da attore austero e pudico, raffinato e colto.
La sua maschera scarna e la voce che veicolava l’anima del personaggio ci mancheranno.
Nel foyer del teatro è allestita una mostra di fotografie di Tommaso Le Pera.
Tania Turnaturi