Spamalot. I cavalieri della tavola molto, molto, molto rotonda è il musical-parodia tratto dal celebre film Monty Pyton e il Sacro Graal del 1975.
Il musical ha avuto un successo enorme a Brodway e in tutto il mondo, e così, quando, mesi fa, ho appreso che Stefano Belisari, in arte Elio sarebbe stato il protagonista della versione italiana, ho pensato: “questo musical sarà un evento, oppure una boiata pazzesca: difficilmente potrà esserci una via di mezzo”.
Se sul palco di un teatro sale un personaggio di quel calibro, uno che ha fatto del cantautorato italiano lo sberleffo più riuscito, che è stato giudice di X factor e sul palco di San Remo, tra le altre cose, il rischio del disastro è dietro l’angolo.
Non mi sono ricreduto, anzi, devo dire che questo Spamalot è una delle cose più genuinamente divertenti a cui mi sia capitato di assistere negli ultimi anni.
Si ride, si ride di gusto, perché questa produzione è riuscita a prendere il British humor dei Monty Pyton e ri-arrangiarlo su una nota tutta italiana, in assonanza con quella di un personaggio peculiare che cantava brani indimenticabili come “Orsetto ricchione”.
Insomma, Elio resta Elio, sia chiaro, ma non è affatto fuori posto nel ruolo di questo Artù che già nella versione originale gli somigliava un po’ nei tratti comici.
Circondato da un cast equilibrato, chiaramente cucitogli attorno, ma che nonostante questo non sparisce dietro al protagonista: anzi, valorizza l’armonia d’insieme come un contrappunto di talenti su un basso continuo.
Le pecche ci sono, tecniche soprattutto, ma scompaiono dietro alle risate e ai continui applausi a scena aperta, che un pubblico entusiasta non nega a nessuno dei protagonisti.
Non ci sono tempi morti, la sceneggiatura incalza, alternando numeri musicali (alcuni anche degni di nota) a gag demenziali e irriverenti, con quella comicità liberatoria che fa fuori il politicamente corretto: la tagliente ineleganza che è il minimo comune denominatore tra il film, il musical e il personaggio. Cose che erano meno trasgressive 40 anni fa di quanto lo siano nell’Italia delle presidentesse e delle unioni civili.
Cose che scostano il (sottile) velo di ipocrisia di cui ci circondiamo e ci fanno ridere di francesi sporcaccioni, ebrei ballerini e principi vestiti da principesse, come nelle peggiori battute da bar sport, ma con quella sincera ingenuità dissacratoria che le rende leggere quanto basta per non essere offensive.
Un consiglio, quindi, spassionato: andate a vedere questo Spamalot. Riderete di gusto e, almeno per un paio d’ore, dimenticherete il grigiore di una società che si dispera per una partita di calcio, ma non sa più ridere di sé stessa.