La premiere de La Gioconda al Tiroler Landestheater cade nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Se studiato e sviluppato con coerenza drammaturgica, il titolo offre discreti margini per sviluppare il tema. Alvise e Barnaba, precursore dello Jago verdiano nella canonica aria con monologo, impiegano infatti tutto il loro potere per sovrastare la volontà di Laura e Gioconda.
L’allestimento, in coproduzione col Musiktheater im Revier Gelsenkirchen dove vide la luce nel 2016, è curato dalle giovani registe-scenografe-costumiste Alexandra Szemerédy e Magdolna Parditka. Traslare l’azione dalla Venezia barocca ai tempi della DDR, epoca durante la quale a Berlino la Stasi instaurò una rete capillare di spie, crea un parallelo suggestivo col Governo della Serenissima. La regata diventa gara ginnica tanto cara ai regimi; il linciaggio della Cieca la vita di una semplice cittadina condotta in tribunale con false dilazioni; i marinai dell’Hècate sfortunati fuggiaschi; bruciano passaporti e non brigantini… Questa intuizione bene si adatta al primo, si ammoscia nel secondo e dal terzo inizia a mostrare i propri limiti, quando Szemerédy&Parditka inseriscono il nobile tema della violenza sulle donne. Alvise prima picchia la consorte, lo si capisce dall’occhio livido di lei, e al termine della festa stupra Gioconda. Non svisceriamo con dovizia di particolari le continue incongruenze e ingenuità, ricorderemo la cantatrice che prepara il sugo e serve il pranzo a Enzo, ma possiamo spoilerare il finale. Gioconda è ferita da Enzo con una coltellata al ventre nell’attimo in cui Laura si risveglia. Come se niente fosse, gli amanti partono benedicendola. Prima di uccidersi, la protagonista usa il veleno sottratto alla moglie di Alvise per eliminare Barnaba. La Cieca giunge a confortare la figlia esanime, risuona il coro Feste! Pane! e il Badoero appare assieme a una nuova compagna. Lungi da noi difendere a spada tratta l’ortodossia del “dov’era, com’era”, l’eccessivo stravolgimento della drammaturgica ad opera di Susanne Bieler si rivela inefficace causa l’accumulo delle idee mal espresse. Nemmeno la scenografia raggiunge la sufficienza. Se l’impianto girevole conserva qualche parvenza d’originalità quale Palazzo Ducale trasformato in sede della Stasi, troviamo francamente brutti gli scorci domestici, una cucina e un salotto relegati ai lati del palco, quanto i costumi tra cui inguardabile quello per Gioconda alla Ca’ d’Oro. “Less is more”.
Sul versante musicale trionfano i mezzosoprano. Anna Maria Dur è Cieca dalla voce potente, timbro tornito, acuti chiari anche nei concertati e rapide discese al grave. Eccellenti dizione e fraseggio, Voce di donna riscuote ampio successo per la tenuta perfetta e i giochi di volume raffinati. Laura dallo strumento importante quella di Jennifer Feinstein, salda nell’acuto e disinibita nei repentini passaggi di registro. Grazia! e La salva! sono attimi di pura bellezza sonora, come Stella del marinar e il duetto con Gioconda, intrisi di notevole maestria. Nel ruolo eponimo Elena Mikhailenko che in Italia qualcuno ricorderà per Ledi Makbet Mcenskovo uezda al Comunale di Bologna. La voce è interessante, malleabile nel fraseggio, generosa in acuto. Il passaggio più arduo, Enzo adorato, è affrontato con una certa tensione, mentre nella sfida con la rivale, così come in Suicidio!, esce fuggevole la vera natura di soprano drammatico, castigata dal low profile impostole dalla regia. Troppo legato e dal fraseggio migliorabile il Barnaba di Marian Pop, interpretato comunque con discreta disinvoltura scenica. Viktor Antipenko, Enzo, sarebbe tenore lirico spinto corretto se non cadesse sovente in cali d’intonazione e forzature nell’acuto. Manca di gusto per i colori, cantando prevalentemente forte. L’eccessiva pastosità vocale rende poco comprensibile la dizione dell’Alvise di Dominic Barberi. Unnsteinn Árnason e William Tyler Clark completano il cast, rispettivamente come Zuane e Isepo.
Il Chor e l’Extrachor des Tiroler Landestheaters, preparati da Michel Roberge, danno prova di buona musicalità. Alla guida dell’impeccabile Tiroler Symphonieorchester Innsbruck il padovano Francesco Rosa che può contare su una compagine capace di un’apprezzabile pulizia di suono e riusciti giochi di contrasti ritmici e timbrici.
Randy Diamond riprende le coreografie di Martin Chaix per l’edizione al Musiktheater im Revier Gelsenkirchen. Se la Forlana deride certi atteggiamenti della nomenklatura, la Danza delle ore quale danse macabre di zombies animati da Barnaba ci lascia perplessi. Bravissimi gli artisti del Tanzensemble.
Teatro pieno, ampio successo per i cantanti, in particolare per Dur e Feinstein accolte con entusiaste ovazioni. Contestate sonoramente dal pubblico Szemerédy & Parditka alla prima del 25 novembre. Repliche fino al 16 febbraio 2018.
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La Gioconda
Grande opera in quattro atti di Amilcare Ponchielli
Libretto di Tobia Gorrio (Arrigo Boito) dal dramma Angelo, tyran de Padoue di Victor Hugo
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Personaggi e interpreti:
La Gioconda: Elena Mikhailenko
Laura Adorno, moglie di Alvise: Jennifer Feinstein
Alvise Badoero: Dominic Barberi
La Cieca, madre di Gioconda: Anna Maria Dur
Enzo Grimaldo: Viktor Antipenko
Barnaba, un suonatore: Marian Pop
Zuane: Unnsteinn Árnason/Jerzy Kasprzak
Isepo: William Tyler Clark
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Regia, scene e costumi: Alexandra Szemerédy & Magdolna Parditka
Luci: Simon Stenzel/Thomas Roscher
Coreografie: Martin Chaix riprese da Randy Diamond
Drammaturgia: Susanne Bieler
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Tiroler Symphonieorchester Innsbruck
Maestro concertatore e direttore: Francesco Rosa
Tanzensemble
Chor e Extrachor des Tiroler Landestheaters
Maestro del coro: Michel Roberge
In coproduzione con Musiktheater im Revier Gelsenkirchen