Questa commedia del 1940 segna uno spartiacque nella valutazione critica della drammaturgia di Eduardo, fino ad allora ritenuta umoristica e farsesca, grazie al giudizio espresso da Ennio Flaiano sui De Filippo: “Senza esagerare ci si accorge che sono più vicini loro alla letteratura di quanto non lo siano molti autori d’oggi al teatro”.
Nel vasto mosaico dei tipi umani che il drammaturgo ha scandagliato nell’ampia produzione teatrale, questo testo è connotato da profondi sentimenti di astio superstizioso, con la vita quotidiana scandita dalla cabala del gioco del lotto che si alimenta di sogni e credenze popolari, scatenando contese e dispute. Commedia comica e tragica la definì lo stesso autore.
Ferdinando Quagliuolo gestisce un banco lotto ed è un accanito giocatore ma non ha fortuna con i numeri, mentre il suo dipendente Mario Bertolini, grazie all’aiuto dell’‘aiutante magico’ Aglietiello, infila una serie di vincite e ha l’ardine di corteggiare la figlia Stella con l’acquiescenza della madre Concetta. Un giorno, con l’improbabile quaterna 1,2,3,4 rivelatagli in sogno dal padre di Ferdinando vince 4 milioni di lire, scatenando la rabbia del padrone che gli sottrae il biglietto convinto che lo spirito del genitore volesse favorire lui ma è rimasto vittima di un abbaglio. Tanto è convinto di questo assunto da esigere giustizia tramite l’avvocato e invocare giustizia divina dal parroco, arrivando a minacciare il rivale con la pistola. Costretto infine a restituire il biglietto, gli lancia un anatema che gli provocherà un incidente a ogni tentativo di riscuotere la vincita. Assaporato il perfido piacere della vendetta, finalmente Ferdinando acconsente a concedere la figlia con la relativa dote dei 4 milioni.
Temi semplici sostenuti da un fardello di malanimo, invidia, superstizioni, usanze che sembrano scaturire dalla vitalità napoletana e dal vociare dei vicoli, tipici di una umanità che coltiva la speranza di cambiare la propria esistenza con un colpo di fortuna.
Luca De Filippo interiorizzando la tematica e la visione paterna, ha elaborato la regia evidenziando rancori e rivalse con ritmo e vivacità. Per ricordarlo dopo la repentina scomparsa torna, nella terza stagione di repliche, lo spettacolo con lo stesso allestimento in una prova corale di affiatamento e ironica comicità, con Gianfelice Imparato nel ruolo del protagonista, scelto da Luca stesso per sostituirlo durante la malattia, pervicace e accidioso nella rabbiosa ostinazione con cui si appella alla giustizia per giustificare le personali visioni oniriche.
“Luca ci manca sulla scena – sottolinea la moglie Carolina Rosi- ma il suo lavoro resta. Ci ha lasciato una precisa ed accurata regia, fedele ai tempi e alla scrittura di suo padre con una modalità tutta sua di dare continuità alla tradizione senza rinunciare a una propria identità”.
Il ritratto della buonanima troneggia sulla parete di fondo e guida gli eventi scatenando tuoni e fulmini, che il figlio interpreta secondo la propria convenienza sospeso tra sogno e realtà, con imperdibili effetti umoristici, nella scenografia ideata da Gianmaurizio Fercioni.
Le musiche di Nicola Piovani sottolineano le surreali elucubrazioni di Ferdinando e l’incessante andirivieni di tutti gli interlocutori.
Ben amalgamati gli attori della Compagnia di Teatro di Luca De Filippo: Carolina Rosi è la concreta Concetta, Carmen Annibale è la figlia Stella, Nicola Di Pinto è l’uomo di fatica Aglietiello, Viola Forestiero è la cameriera Margherita, Massimo De Matteo è Mario Bertolini e Paola Fulciniti è sua zia Erminia, e poi Federica Altamura, Andrea Cioffi, Gianni Cannavacciuolo e Giovanni Allocca.