“I Masnadieri sono un opera di conflitto e di continuo desiderio inappagato dove nessuno ottiene ciò che vuole. Nessuno riesce ad amare nessuno e nessuno riesce a ottenere ciò che desidera”.
È questo secondo Massimo Popolizio il leit motiv de I Masnadieri, opera di Verdi, ma non certo di repertorio che segnano il debutto alla regia lirica del popolarissimo attore con un nuovo allestimento in scena al Teatro dell’Opera di Roma dal 21 gennaio per un totale di sei recite con la direzione musicale del Maestro Roberto Abbado.
Popolizio, reduce dalla felicissima regia di Ragazzi di vita di Pasolini (pluripremiato agli Ubu e alle Maschere) che ha bissato un grande successo al Teatro Argentina di Roma per il secondo anno consecutivo, nato in occasione dell’anno pasoliniano, aveva già collaborato con il Costanzi nella Serata Picasso lo scorso aprile che celebrava i 100 anni del genio spagnolo nella Capitale.
Ma questo è il suo debutto come regista lirico e galeotti sono stati proprio i suoi Ragazzi di vita.
“Abbiamo pensato a Massimo Popolizio dopo aver visto due anni fa Ragazzi di vita, per la sua esperienza sulla scena e per il valore dello spazio che porta all’opera.
L’opera è molto attrattiva e abbiamo avuto la certezza che Popolizio potesse dire qualcosa di diverso e l’intento di portare il suo pubblico a teatro e di allargare la platea – sottolinea Carlo Fuortes, Sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma – Il pubblico poi resterà stregato dalla musica, ma cerchiamo sempre di allargare il perimetro artistico di registi proprio con l’intenzione di ampliare il pubblico”.
Popolizio si misura con la regia di una delle opere meno popolari di Verdi che il teatro romano accoglie in stagione dopo il trionfo della Traviata, il successo del Trovatore della Fura del Bauls, del Rigoletto, intraprendendo una strada che sembra essere snobbata dalla maggior parte dei registi in circolazione: invecchiare il libretto con un allestimento cupo e tetro.
“Ho cercato una lettura barbarica, violenta di quest’opera gotica, torbida e ho cercato di tradurla nello stile un po’ della serie Il trono di spade per sottolinearne l’atmosfera nera e la spettacolarità cupa” spiega Popolizio nell’approccio al dramma romantico tratto da Schiller: i Masnadieri sono un gruppo di rivoluzionari pronti a tutto pur di difendere la propria libertà, capeggiati da Carlo, primogenito della casata di Moor. Al dramma politico con tutte le sue implicazioni etiche, si somma il dramma personale e la guerra fratricida fra Carlo e il secondogenito della casata, l’ambizioso e sanguinario Francesco, il villan di turno che cerca di conquistare il potere, farsi notare dal padre e soffiare al fratello Amalia.
Anziché attualizzarlo come si vede ormai forse anche troppo spesso, Popolizio sceglie di retrodatare ulteriormente il dramma di Schiller trasformata in libretto dall’intellettuale Andrea Maffei, animatore di uno dei salotti più in voga dalla società milanese della seconda metà dell’Ottocento e trasforma subito i masnadieri in mercenari, da cui Carlo resta fuori, quasi ripudiando la violenza.
“Massimiliano vorrebbe il perdono, Francesco vuole Amalia, Amalia vuole Carlo, Carlo vuole Amalia, ma nessuno ottiene ciò che desidera – continua Popolizio – Ho subito pensato al dramma e all’amore dello Sturm und drang: ho interpretato i Masnadieri più come storia di passione con minore carica politica ed ecco perché ho riportato l’opera al dna shakespeariano che gli appartiene e con cui cui ha molto in comune”.
E anche i personaggi hanno forte connotazione shakespeariana poiché “Massimiliano sembra Re Lear nel rapporto con i figli Edmund ed Edgar, Francesco sembra Riccardo III e come lui ha una protesi” ricorda Popolizio che per il suo debutto all’opera realizza una “sorta di fumetto storico che rappresenta il più contemporaneo dei linguaggi” che gli consente di “raccontare qualcosa di universale, anche se l’opera deve mantenere un alone di anacronismo”.
Un dramma all’insegna dello Sturm und drang da leggere come uno storyboard che attinge a Shakespeare, ambientato in un medioevo barbaro e quasi senza tempo con una storia dark sottolineata dai costumi archetipici di Silvia Aymonino che suggeriscono un mondo arcaico e le scene gotiche di Sergio Tramonti con forte valenza drammaturgia.
Torna a dirigere l’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, il maestro Roberto Abbado, ormai conosciutissimo dal pubblico capitolino, convinto sostenitore del fascino di Masnadieri che nasce in un clima culturale molto vivace, ricco di sfumature sonore dove il coro, vero protagonista, primeggia rispetto alle prime voci ed è simbolo della collettività del dramma.
“I Masnadieri sono bellissimi. Non sono un opera minore di Verdi, non sono un capolavoro, ma sono bellissimi – esordisce il maestro Abbado – Si tratta di un’opera non di repertorio tratta da Schiller e scritta da Verdi nel 1847, la prima commissione importante degli anni di galera che doveva parlare a un pubblico importante”.
Passioni, intrighi, politica, morte e amore: c’è veramente di tutto un po’ nel corposo libretto Maffei tratto dal dramma dell’intellettuale tedesco che segna l’ingresso di Verdi nella vita teatrale di una capitale europea, Londra, dove debutto per la prima volta nel 1847 in scena all’Her Majesty’s Theatre su commissione dell’impresario Benjamin Lumley: di fatto I Masnadieri rappresentano un momento di svolta nella produzione di Verdi.
“Contemporaneamente alla commissione di Masnadieri, Verdi completa anche la prima versione del Macbeth per La Pergola di Firenze e si rivolge a Shakespeare e Schiller e compie musica su drammaturgia di altissimo livello – ricorda Abbado – Ci sono dei “difetti” come molte arie in stile di Donizetti che il Verdi maturo avrebbe sviluppato diversamente, ma di fato segnano la svolta del compositore che approda alla drammaturgia di altissimo livello”.
“Pensando alle edizioni storiche è chiaro che i Masnadieri abbiamo solleticato in qualche modo l’interesse di registi importanti – ricorda il direttore artistico Alessio Vlad parlando del cast che include Stefano Secco e Andeka Gorrotxategi come Carlo, Riccardo Zanellato nel ruolo di Massimiliano, Artur Ruciński e Giuseppe Altomare nel ruolo di Francesco, il Coro dei Masnadieri, un vero personaggio, diretto da Roberto Gabbiani. “Motivo di orgoglio introdurre nel primo cast e in così poco tempo – ricorda Fuortes – nel ruolo di Amalia, Roberta Mantegna (che si alterna con Rachele Stanisci) che proviene da Fabbrica Young Artist Program, uno dei progetti innovativi del Teatro”.
“L’opera impone moltissimi paletti comanda il tempo musicale – sottolinea Popolizio mettendo a confronto il ruolo di regista d’opera rispetto al lavoro di attore di prosa – Gli attori di prosa sono liberi di poter cercare e imporre un ritmo di quello che fanno, ma nell’opera il ritmo è stabilito e ho dovuto lavorare cercando una certa specificità”.
“Il mio valore aggiunto è stato quello di portare tutta la mia esperienza sul palcoscenico mettendo in scena lo Sturm und drang, rimanendo molto vicino al cast con la mia esperienza come attore di prosa – anticipa il regista Popolizio – Ho portato il mio imprinting di Ronconi, la sua idea di spazio, la scena in movimento e non statica”.
Dopo la prima del 21 gennaio (ore 20), I Masnadieri sono in scena per altre cinque repliche in totale, martedì 23 (ore 20), sabato 27 (ore 18) e mercoledì 31 gennaio (ore 20), venerdì 2 febbraio (ore 20) e domenica 4 febbraio (ore 16.30) e per l’anteprima giovani per gli under 26, sabato 20 gennaio (ore 18).
Alle ore 11 (al Teatro Nazionale) del 21 gennaio, la Lezione di Opera del Maestro Giovanni Bietti. Info: operaroma.it