La Compagnia ‘Rumori di scena’ ha messo in scena dal 19 al 21 gennaio al ‘Palco delle Valli’ di Roma ‘Finding Anne Frank’, spettacolo originale e vibrante, scritto e diretto da Luana Petrucci. L’opera rievoca la figura e il sacrificio di una adolescente i cui sogni furono interrotti, la sua fervida mente spenta per sempre dalla diabolica malvagità di una ideologia aberrante che sconvolgerà l’ordine delle cose. Prossime repliche il 27 e 28 gennaio al teatro Grassi di Marino(RM) e il 18 febbraio al teatro Filippo Smaldone di Roma. Anna Frank nasce nel 1929 da una famiglia di origine ebree a Francoforte sul Meno. Ha una sorella maggiore di tre anni, Margot. La crisi economica e finanziaria e il crescente antisemitismo che segue alla salita al potere di Hitler inducono i genitori, Otto ed Edith, nel frattempo privati della cittadinanza, a lasciare il paese quattro anni dopo e trasferirsi ad Amsterdam, dove il padre avvia un’attività imprenditoriale. A causa dell’aggravamento della situazione in Europa, la Notte dei Cristalli, l’attacco alla Polonia, Otto Frank tenta invano di raggiungere gli Stati Uniti. Dopo l’invasione dei Paesi Bassi da parte dell’esercito tedesco nel 1940, il clima diviene ancor più pesante e l’emanazione di leggi restrittive esclude gli ebrei dalla vita sociale e pubblica, assoggettati infine all’ignominia della marcatura, spogliati di ogni diritto naturale. Otto rischia la confisca delle sue due aziende, cede la direzione ai suoi collaboratori ed entra con la famiglia in clandestinità, nella casa sul retro dell’edificio che ospita la sua impresa. È il 6 luglio del 1942, poche ore dopo che la figlia Margot ha ricevuto dall’Ufficio Centrale per l’emigrazione ebraica un invito a comparire per la successiva deportazione in un campo di lavoro. Nel giorno del suo tredicesimo compleanno, il 12 giugno, Anne aveva avuto in dono quel diario che sarebbe divenuto simbolo di pace a ricordo dell’Olocausto e contro tutte le persecuzioni. ‘Finding Anne Frank’ esprime già nel titolo un’urgenza antica e profonda, un bisogno insopprimibile di andare oltre le semplificazioni e le versioni sbiadite, gli stereotipi abusati, le mistificazioni a volte irriverenti di una tragedia che appartiene al mondo. ‘Finding Anne Frank’ è l’anelito verginale di un incontro agognato e impossibile che interrompa l’attesa e renda palpabile l’immanente evanescenza del ricordo in un altrove che ne custodisca la sacralità e ne preservi il senso. Finding Anne Frank’ è gesto sublime di trasfigurazione che rapisce i sensi e solo la magia del teatro può consentire. Il diario più venduto al mondo narra le vicende di una famiglia ebrea di origini tedesche costretta a rifugiarsi in Olanda per l’acuirsi del clima di odio antisemita nella Germania nazista. ‘Finding Anne Frank’ di Luana M. Petrucci ne è un paradigma esemplare, è la trasposizione teatrale unica e personale di una storia universale eppure tremendamente intima; è il racconto inedito e privato di una adolescente tredicenne che affida le proprie confidenze, i timori e le speranze nel domani, ad un minuscolo prezioso compagno, complice di un viaggio oscuro e tragico. Vi scriverà appunti per due anni, tra indicibili difficoltà, nello spazio angusto e promiscuo di un alloggio segreto, senza imbarazzi, con disarmante sincerità e il desiderio insopprimibile di essere capita per quello che è, senza riserve. Anne Frank è una fanciulla esuberante e candida, la sua spontaneità emana una contagiosa voglia di vivere, ha sentimenti profondi, un’ intelligenza ironica e vivace. Rivela già nel diario doti non comuni di scrittrice. Avverte che quella clandestinità sarà un’avventura speciale, pericolosa sì, ma anche romantica e interessante come può esserlo un carezzevole, imperscrutabile ignoto. Si interroga sulla propria identità, i suoi pensieri adombrano le preoccupazioni di una giovane che diventa donna e alimenta progetti. Mentre sbircia da una finestra la gente che passa, fantastica su come avrebbe potuto essere il presente. La sua fede nel genere umano non viene mai messa in dubbio neanche dalle notizie preoccupanti diffuse dalla radio del governo olandese in esilio e guarda i tetti di Amsterdam, fino all’orizzonte…’ finché questo esiste, e io posso viverlo, non posso essere triste…’ L’irrequietezza di pensiero, la straordinaria immaginazione, la creatività unita ad una curiosità sconfinata illumineranno quel piccolo cielo colorato di ottimismo. ‘Sono felice di natura, mi piace la gente, non sono sospettosa e voglio vedere tutti felici e insieme’. Solo alla fine prevarrà l’inevitabile scoramento, la disillusione. Tutto questo patrimonio di sentimenti misto ad inesauribile estro di inebriante bellezza viene egregiamente riprodotto dalla mano sapiente della Petrucci, autrice coraggiosa e caparbia, animata da passione, maniacale nella cura dei dettagli significativi, abile nel voler raggiungere l’obiettivo, forte di un manipolo di giovani talenti. Siamo in presenza di un lavoro teatrale incantevole e delicato, privo di orpelli, palpitante e inconsueto, rispettoso dei fatti. L’intento che sottende la rappresentazione è di restituire ad Anna Frank la sua anima, esplorandone fino in fondo le pulsioni come mai prima, in un coinvolgente percorso di tenera, struggente immedesimazione. L’incipit è già un presagio. L’opera è introdotta da immagini campestri della protagonista che celebrano la vita, sfumando poi in un malinconico, solitario allontanarsi verso l’ignoto: metafora di una breve, sventurata stagione terrena. Mentre la voce fuori campo (Luana Petrucci) descrive la vicenda, il tono pacato e solenne è esente da enfasi. Si rivolge all’unico superstite dell’olocausto, Otto Frank (Claudio Chiesa) che nel frattempo si appropria dello spazio scenico con severa e composta dignità in attesa della testimonianza decisiva. L’atmosfera è grave ma non cupa. La rievocazione che fa della sua Anne, dell’interesse crescente che nel mondo ha destato la pubblicazione delle memorie e dei progetti che nel nome di lei intende realizzare, è pervasa di austera commozione ma è ferma, densa di pensosa espressività. Non cede ad alcun compiacimento estetico di retorica celebrativa ma rinnova la speranza che Anne nutriva nel cuore. La scena seguente di Anne intenta ad interloquire con il suo oggetto del desiderio è bruscamente interrotta da uno stuolo di ragazzi che fa irruzione sul palco. Si svela così la finzione, l’artificio del metateatro che, in un processo suggestivo di immedesimazione, tra realtà e rappresentazione, introdurrà nell’impianto drammaturgico uno strumento di effetto non solo scenico in grado di dare impulso alla caratterizzazione psicologica dei personaggi. Connoterà così di convincente realismo l’intera narrazione. È il coup de théatre che inaugura quel processo di elaborazione introspettiva che farà la differenza. La compagnia di cui fanno parte i giovani attori è ormai ad un mese dal debutto dello spettacolo su Anne Frank e il copione è ancora un’incognita per quasi tutti. Colei che dovrà interpretare Anne (Gaia Piatti) è caricata di una responsabilità che trascende le sue forze per un progetto tanto ambizioso. Max (Edoardo Pizzari) è il pretenzioso docente di recitazione che dovrà stimolare i giovani a raccontare i personaggi, a ‘rinascere’ per vivere i medesimi sentimenti. Intelligenza, volontà e sentimento gli ingredienti che dovranno essere messi in campo per superare l’ansia da prestazione e potenziare l’autostima. C’è poi Lola (Claudia Moroni) che sarà Miep Gies, l’amica di famiglia, giovane austriaca adottata, assunta nell’azienda dei Frank, filantropa coraggiosa che nasconde senza esitazione i Frank e sarà il trait d’union con il mondo esterno; Elly (Flavia Lepizzera) che interpreta Margot, la timida e introversa sorella di Anne, Molly (Gabriella Murzilli), nella parte di Edith Frank, moglie devota e riservata di Otto e madre di Anne, e infine Pietro (Francesco De Fabiani) nel ruolo di Peter Van Pels, giovane che abiterà il rifugio insieme ai genitori e di cui Anne teneramente si innamora. La doppia natura dell’impianto, tra l’approfondimento del testo e il materializzarsi della narrazione, esaltando la rottura dell’illusione scenica, induce un progressivo processo di identificazione e attrazione collettiva e valorizza il risultato. Il colloquio tra Anne Frank(Chiara Cecchini) e il padre è propiziato dalla lettura del copione e rivela l’indole della ragazza e la grande intesa con quell’uomo attento e premuroso, misurato e gentile. I due sono ancora liberi ma la Storia incombe. Inesorabilmente ad uno ad uno i giovani attori riusciranno a trovare il loro se stesso alla fine di un viaggio interiore sofferto e ‘demolitivo’ ma vivificante, e il dramma prenderà forma in tutta la sua naturale, prorompente teatralità. L’incontro di Otto con Miep e la decisione non più rinviabile di scomparire è ad alta tensione e prefigura il dramma che si dispiega in un crescendo di commozione e presentimento, in un’alternanza di accorata angoscia e attesa catartica, in un gioco di specchi e di sovrapposizioni che culmina nel finale sorprendente e nella identificazione proiettiva. Assaporare gli odori, i rumori, solo sottraendo la vista ai sensi, lasciarsi penetrare da un senso di soffocamento, di impotenza, di rigenerante oblio che conduca ad Anne in un libero volo, alla Anne di ogni tempo ed epoca. È la svolta. Anne è sola con il suo personaggio, ha trovato l’ispirazione, ha aperto gli occhi del cuore, ha raggiunto se stessa. Le anime delle due Anne si avvicinano si toccano, si riconoscono, si prendono per mano e si confidano, si fondono in una dimensione onirica venata di puro lirismo. La mimesi si è compiuta. Non c’è più tempo.’ …abbi coraggio, Anne.’ La brutalità della Storia è già stata scritta.
Il lavoro di Luana Petrucci si conclude con un documento storico di desolazione, l’archivio delle foto di famiglia, la deportazione; un contrasto spettrale che riporta lo spettatore alla memoria, alla tragedia di un popolo e alla sua solitudine.
Gli interpreti. Otto Frank, interpretato con equilibrio ed eleganza da un ispirato Claudio Chiesa, è il profilo di un uomo giusto e pacato, tenero e mite; è padre accorato e attento che scoprirà una figlia sconosciuta e vorrà preservarne con ragione l’integrità e l’innocenza improvvisandosi benevolo censore. Sopravvissuto alla tragedia dei propri cari, impersonerà a vita il suo personaggio, condannato a diventare l’involontario testimonial della propria saga familiare. Gabriella Murzilli è Lola che fa Edhit Frank, la madre di Anne, una donna discreta e tormentata che vive un rapporto conflittuale con la figlia di cui subisce la personalità e i giudizi. Appropriata e convincente la sua interpretazione. Flavia Lepizzera è Elly che fa Margot, la sorella maggiore di Anne, educata e gentile, virtuosa e profondamente religiosa come la madre, un desiderio di andare in Palestina come infermiera. Anche Margot scrisse un diario che non fu mai ritrovato. Delicata e protettiva nel ruolo. Una conferma. Claudia Moroni è Lola/Miep Gies, la giovane donna dipendente della ditta che contribuì a nascondere le otto persone (ricordiamo che agli altri si aggiunse il dentista Fritz Pfeffer) nel rifugio e provvede ai rifornimenti quotidiani. Ha un rapporto confidenziale e aperto con Anne che le confida la propria trasformazione sessuale ricevendo in regalo un paio di scarpe. Fu lei a ritrovarne il diario e gli appunti. Attenta e scrupolosa la sua interpretazione. Edoardo Pizzari è Max, l’instancabile persuasivo regista, abile conductor seguace delle teorie di Stanislavskij. Più che dignitoso il suo esordio. Francesco De Fabiani è Pietro/PeterVan Pels, il taciturno e ambizioso spasimante di Anne con cui divide la soffitta e il primo amore per sempre. Una recitazione che si avvale del trattamento intensivo di Luana. Una crescita in un ruolo diversamente impegnativo dai precedenti per un giovanissimo che fa ben sperare. Gaia Piatti è l’attrice che insegue il sogno e troverà magistralmente la sua Anne. Dotata di sensibilità ed espressività penetrante, notevole presenza scenica. Intensa interpretazione di Chiara Cecchini nella parte di Anne Frank. Una recitazione spontanea, impeccabile, veemente, senza incertezze. Personalità da vendere, a dispetto della giovane età.