Il regista Alberto Rizzi, di comprovata esperienza nel mettere in scena i grandi classici della letteratura antica, dalle tragedie greche al poema dantesco, dalle metamorfosi di Ovidio alle rappresentazioni shakespeariane, si muove in questa produzione, partendo dallo stesso presupposto di Baricco: portare la narrazione ad un “io”. Un’operazione non dissimile da quanto compiuto in Furiosa, il precedente spettacolo di Ippogrifo ispirato all’Orlando furioso di Ludovico Ariosto. Ne risulta un’azione teatrale corale, tout-court, che è già stata presentata nelle precedenti stagioni, riscuotendo successo di pubblico e di critica.
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NOTE DI REGIA
Così come Baricco ha spostato l’esternalità dell’opera omerica all’ “io”, e ha eliminato gli déi riempiendo di significato le azioni umane, Rizzi sposta l’intera azione dentro una cucina. Per Rizzi infatti la cucina è la visione scenica che compensa per contrapposizione l’immensità il-limitata della spiaggia campo di battaglia e sede degli accampamenti: l’eco visivo e fisico di questa interiorizzazione. La cucina elevata a contenitore di una rabbia domestica, luogo assoluto di ogni violenza possibile: di quell’ira funesta che è il motore immobile dell’opera di Omero e di Baricco e quindi dello spettacolo. “La cucina, per eccellenza fulcro della vita domestica, luogo supremo della vita e della morte: dove si mangia e dove si viene mangiati, luogo delle private discussioni, delle guerre familiari, dove c’è il fuoco dei fornelli e l’acciaio dei coltelli, dove ci si trova e ci si scontra, dove si fa la guerra o l’amore. Luogo di un’epica, ed interminabile, battaglia”. (cit. Alberto Rizzi)
Gli abitanti, attori, personaggi di questa cucina, sono le “voci” di Omero con le parole scelte da Maria Grazia Ciani, i sapienti tagli operati da Baricco e le azioni disegnate da Rizzi. Stranieri radunati loro malgrado nell’esercito di Agamennone, coinquilini forzati dell’accampamento che dovrebbero perseguire un fine comune, ma che si perdono nelle rivendicazioni personali, nei sentimenti privati, singoli, nelle conflittualità della convivenza. La grande violenza omerica diventa la violenza dentro le mura domestiche: una rabbia familiare e adolescenziale, una violenza cieca e capricciosa. La cucina ovviamente è solo evocata, in linea con gli allestimenti di Ippogrifo e con le regie di Rizzi. Tavoli, sedie e tutto quanto è a disposizione degli attori diventa altro in un rocambolesco e continuo cambio di scena: tutto quanto è simbolo di intimità, familiarità, protezione e accadimento si può trasformare in pericolosissime macchine da guerra.
In scena cinque giovani attori: il capocomico di Iliade Diego Facciotti, già impegnato con Ippogrifo, ma anche con grandi produzioni nazionali e internazionali, quali Globe Theatre, Teatro Vascello, Slowmachine; Enrico Ferrari, Alberto Mariotti, Ilenia Sbarufatti, Margherita Varricchio che hanno lavorato settimane con il regista in un processo di studio e di ricerca molto impegnativo.
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Per informazioni più dettagliate fare riferimento al sito di Ippogrifo Produzioni:
http://www.ippogrifoproduzioni.com
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