Rileggere Otello spogliandolo della ‘tradizione’, tornare al cuore del meccanismo drammatico e delle parole.
Dopo Sogno di una notte di mezza estate, Amleto e il Mercante di Venezia, Elio De Capitani continua il suo lavoro registico su Shakespeare, per questo spettacolo in particolare totalmente condiviso con Lisa Ferlazzo Natoli.
Ciò che colpisce nella messinscena di Otello è un tono diffuso di tragica normalità, quella del protagonista, un generale disorientato che più che cadere nelle trappole di Jago, frana in se stesso nelle sue debolezze, nei dubbi che lo porteranno a vedere il marcio in un’essenza di purezza, quale prima considerava Desdemona. La normalità di Jago, manipolatore intelligente dai molti e ‘necessari’ assassinii, risiede nel fatto che egli è semplicemente il male, gratuito, fine a se stesso, che stupefà e spaventa perché può abitare in chiunque. E ogni mossa pesa sull’ordito fitto dei sentimenti fino a distruggerlo
Una produzione Teatro dell’Elfo.
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Trama
Messa in scena per la prima volta nel 1604, Otello ruota attorno alla gelosia di Otello, fiero condottiero militare della Repubblica di Venezia, per l’amata Desdemona, che, a causa delle insinuazioni di Iago, viene sospettata di avere una relazione con Cassio.
La vicenda, che è ispirata ad una novella di Giovan Battista Giraldi Cinzio, si concentra sui tormenti interiori e sui processi psicologici di Otello, che sfociano in fraintendmenti e incomprensioni con Desdemona, che preludono all’omicidio-suicidio finale. Otello è così diventato un archetipo della passione amorosa che, sviata dalla gelosia, conduce all’autodistruzione. Otello, la parte buia del maschio, portato agli estremi, semplificato. Shakespeare, che vede tutto, scrive in Otello anche la tragedia del femminicidio. Tra le versioni operistiche della tragedia, si ricordano quelle di Gioachino Rossini del 1816 e quella di Giuseppe Verdi.
Jago qui è un manipolatore, un “untore ideologico”, ma in questo Otello nessuno sembra immune dal suo contagio e da quello di tutti i pregiudizi che condizionano le società di ieri e di oggi.
Un testo perturbante come un racconto di suspense, che diventa “tragedia della gelosia e del sesso, dei rapporti interrazziali e culturali, del dubbio e della potenza manipolatoria delle parole”.
Una lettura tutta contemporanea che si fonda sulla nuova traduzione di Ferdinando Bruni, sensibile alla bellezza dell’endecasillabo, ma libera da ogni inclinazione letteraria e tanto attenta all’alternanza di lingua alta e bassa da avvicinarsi alla viva fluidità del parlato. E sulla dicotomia di chiari e scuri, di luci e ombre che le scene di Carlo Sala moltiplicano attraverso le grate, gli ori e le trasparenze di grandi sipari. E sul sensibilissimo contributo musicale di Silvia Colasanti.
Tragedia incalzante e senza respiro intorno a una creatura innocente irretita e spinta a una morte atroce in una camera in fondo a una fortezza; un fatto di cronaca nera che lo Shakespeare circonfonde di tutta la sua ricchezza verbale e la sottigliezza concettuale.
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Note di regia
“Mettere in scena Otello oggi è un modo per fare i conti con la singolare attrazione che la vicenda del Moro esercita in tutti noi, come un congegno misterioso messo lì per “innescare” una risposta emotiva sui presupposti ideologici e i fantasmi dell’inconscio collettivo con cui una società costruisce i propri parametri proiettando “fuori di sé”, sullo straniero, tutto ciò che ha di inconfessabile: moralismo puritano, voyerismo sessuale e sessuofobia, per dare fondamento e giustificazione alla propria xenofobia, alla misoginia e alle tante forme d’intolleranza sociale e privata di cui si compone.”
Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli