Incontro Alessandra Simone e Zahira Berrezouga, ossia le attrici di Storie di sabbia e carbone (uno spettacolo da me definito emozionante nella mia recente recensione), in un bello spazio di via Catania, a Torino. È la Torteria Berlicabarbis, che non conosco ma trovo che già il nome ti metta allegria. L’appuntamento è per le 10 e 30, purtroppo ci arrivo in ritardo per problemi di trasporto pubblico, e temo che il clima ne risenta. So che insieme a loro ci sarà il padre di Zahira, che in questi giorni è venuto a trovare la figlia dalla Tunisia. Non ho nessun problema sulla sua presenza anzi, trovo che per quello che riguarda le mie chiacchierate – interviste non può che arricchire l’incontro. Il loro sorriso e l’accoglienza amichevole da parte di Fathi Berrezouga il padre tunisino, mi fa intuire che sarà un bella chiacchierata e sono già perdonato. E andrà proprio così. Alessandra e Zahira sono due belle attrici, molto diverse fra loro ma complementari. Come verrà sottolineato più volte durante la chiacchierata, hanno una profonda stima ed affetto fra loro, anche se immagino le discussioni e le parole forti usate in fase di montaggio dello spettacolo (e non solo), tipico di un gruppo dove non ci sia un capo ma tutte concorrono al medesimo risultato. Complementari perché usano la loro diversità per arricchire ciò che fanno in modo quasi naturale, più istintiva e irruente Alessandra, più pacata e riflessiva Zahira, sul palco raggiungono insieme alti livelli espressivi proprio perché usano queste differenze armoniosamente. Non abbiamo molto tempo a disposizione e questo ci permette di arrivare subito al sodo, all’essenziale. Partiamo con il padre, che è arrivato a Torino nel 1967 per frequentare il Bit nella specializzazione di “Frigoriferista”, l’idea era di imparare questa tecnica e tornare in Tunisia. In realtà si è fidanzato con una italiana, ha messo su casa sposandosi con lei, ha lavorato con una ditta di elettrodomestici ed è arrivata Zahira. È tornato in Tunisia da qualche anno, dopo che la moglie era morta, e qui un velo di tristezza ci ha tolto per un attimo il sorriso. Ovviamente la sua storia è molto più ricca e complessa perché è diventato giocatore di calcio in serie A nella sua patria, ed un allenatore molto conosciuto anche qui da noi. Ci ripromettiamo di approfondire. Aleggia su di noi una frase della Rowling, l’autrice di Harry Potter, che dice”La vita è come un racconto, non importa quanto sia lungo ciò che conta è che sia buono”. Alessandra ci racconta di sé. Ha frequentato e si è diplomata presso la Scuola di Teatro di Bologna Galante-Garrone e alla Scuola di Cirko Vertigo. È partita per il Brasile per specializzarsi come acrobata aerea alla Scuola Nazionale di Circo di Rio de Janeiro. Si sposa con Luiz, un teatrante brasiliano con cui vince un importante bando del comune di Rio de Janeiro. Tornano in Italia nel 2008 e sei mesi dopo si lasciano, mantenendo comunque un rapporto lavorativo e di amicizia molto alto. Tra l’altro partirà fra pochi giorni per il Brasile per non far decadere il suo permesso di soggiorno permanente e conta di passare anche da Parigi, per vedere il nuovo lavoro del Théâtre du Soleil diretto da Ariane Mnouchkine, (nel 2009 ha partecipato ad un suo workshop). Adesso è lei a proporre una poesia di Kalefis, “Itaca” che parla del viaggio. Poesia che l’ha sempre emozionata e promette di farcene avere una copia. Zahira parla di sé in modo quasi riluttante, e si coglie dallo sguardo verso il padre il grande affetto che ha nei suoi confronti. È nata in Italia, e si è diplomata nel 2002 presso la Scuola Professionale d’Arte Teatrale Teatranzartedrama. È fra i fondatori di OPS (Officina Per La Scena), e le dico di aver visto da poco un loro spettacolo. È lei che mi chiede se è “Nel mare ci sono i coccodrilli”, è così e ripensandoci penso ci siano molti punti in comune con il loro spettacolo, soprattutto laddove si parla di attraversate nel deserto e nel mare. È famosa fra i bambini perché è dal 2003 che interpreta il ruolo della strega Varana nel popolare programma RAI per bambini La Melevisione. Ci accomuna, me Alessandra e Zahira l’interesse per “Il Teatro dell’Oppresso”, tecnica fondata in Brasile che ora viene molto usata in Teatro Comunità. Entrambe lavorano in queste realtà. Nel frattempo l’unica che fa onore alla Torteria è Alessandra, che ci dice essere il suo pranzo, la attende una dura giornata alla Vertigo, con una enorme fetta di torta. Io, Zahira e Fathi beviamo tè, cappuccino e caffè. Lo spettacolo Storie di sabbia e Carbone è nato nel 2010 da Alessandra ed un’altra attrice, da un’idea sulla migrazione, che in quel periodo non era di così forte attualità. Dopo sei mesi di prove erano arrivate ad uno scarso risultato, perché tendeva ad avere una chiave comica, ben lontano dalle loro aspettative. La svolta avviene guardando un documentario su Rai Educational, riguardante la strage di Marcinelle, in Belgio. È lì che scatta l’intuizione, in Alessandra, di accomunare queste due diverse facce dell’emigrazione, nel tempo e nello spazio. Il sodalizio con l’altra attrice cade e, grazie ad un’amicizia comune: Luisa Ortuso Alessandra e Zahira si incontrano. Scatta subito un feeling particolare, capiscono le potenzialità di lavorare insieme e si mettono subito all’opera. Per Zahira si tratta di lavorare su un copione già scritto, ma il loro stare insieme, interpretare storie reali è qualcosa da conquistare giorno dopo giorno, prova dopo prova. Fra le cose che non avevano trovato posto nella mia recensione ci sono: lo stupore finale nel sentire le registrazioni delle voci reali di chi racconta le storie che abbiamo appena visto e sentito e la difficoltà di portare in scena uno spettacolo quasi intimo, che ha bisogno di un contatto ravvicinato con il pubblico, in un teatro come quello del Superga di Nichelino. Ha il proscenio troppo distante dalle prime file di spettatori e, si corre il rischio che chi si siede dietro o peggio in galleria non capisca o non veda ciò che succede in modo corretto. Lo dico e siamo d’accordo sul primo mentre sul secondo, dicono di averlo vissuto come stimolo alla loro creatività. Rimane la difficoltà di portare e proporre questo spettacolo in realtà diverse, scuole, spazi non teatrali ed altro. Ha bisogno di caratteristiche tecniche specifiche e non vogliono smembrarlo, perderebbe forza. Aggiungo che, a mio avviso, è un evento perfetto per le seconde e terze generazioni, per coloro che hanno sentito i racconti dai padri, dagli zii, dai nonni per cogliere davvero quanto tutti siamo uguali. Mentre ci stiamo già salutando scopro che Zahira ha un figlio Omar, che deve andare a recuperare da scuola e che oggi è il compleanno di Fathi. Dobbiamo rifare questo incontro, dove ognuno di noi è stato molto bene. Ci sono altre cose da raccontarci.