Il Sindaco della legge camorrista di Eduardo De Filippo riletto e tradotto da Mario Martone, ringiovanito e in qualche modo addolcito, inserito nella scenografia patinata (Carmine Guarino) che saremmo oggi più propensi ad associare alla criminalità organizzata.
Né bianchi né neri, i toni scelti da Martone per inscenare il testo di Eduardo non si distanziano mai dal grigio più inestricabile, il colore dell’incertezza e della diffidenza che mette in dubbio la buona fede della società “ufficiale”, lasciando al contempo incerti circa la crudeltà di chi ne fa il proprio unico canale di comunicazione: Francesco Di Leva, giovane interprete del “sindaco” Antonio Barracano che per volontà non rispettata di Eduardo sarebbe dovuto apparire attempato, veste i panni di un personaggio “nero”, indubbiamente figlio di una società dominata dai disvalori della camorra; ma riesce a dare di sé una sfumatura decisamente “bianca”, lasciando trasparire l’umanità e il desiderio di giustizia, in quelle sue scelte e decisioni che si scontrano con scelte e decisioni imposte dalla società.
Oggetto della critica politica è Napoli, il macrocosmo in cui si specchia la piccola realtà rionale governata da Barracano, in questo caso fedelmente all’impostazione eduardiana. Se la regia di Martone riempie la scena di accenni al gusto per il macabro e per lo splatter, con colpi di pistola, luci bluastre (Cesare Accetta), colonna sonora in stile gangsta-rap (composta da Ralph P), l’intento non può essere soltanto quello di attualizzare Eduardo: se non bastasse a tale riprova la decisione di coinvolgere la compagnia NEST di San Giovanni a Teduccio, portando sul palco l’esperienza diretta degli interpreti con la realtà camorrista, si noti la sottile conduzione registica che spesso popola la scena con situazioni parallele, portando avanti la vicenda sotto più angolazioni secondo un noto meccanismo della narrativa pulp.
Una scelta coraggiosa: da una parte aver adeguato Il sindaco del rione Sanità ai consumatori mediali di film e serial può aver assicurato il successo della rappresentazione, che scavalca i cartelloni della stagione passata per riscontrare un rinnovato consenso di pubblico e critica; dall’altra, Martone si espone a facili critiche per aver apparentemente ceduto al topos cinematografico più di moda, “patinando” la scena, come si diceva, facendone l’immagine di un’opulenza costruita con gli introiti del crimine.
Eppure il suo Antonio Barracano, così diverso dall’originale di Eduardo che lo vuole anziano e inamovibile, forse rispetta in maniera quasi letterale l’anima più farsesca del testo eduardiano, facendone un antieroe destinato all’espiazione delle sue azioni; un rione Sanità, quindi, che in parte abbandona la critica sociale e politica per raccontare il dramma di un personaggio, collimando nella farsa del suo omicidio per mano di chi intendeva a suo modo aiutare (Massimiliano Gallo).
Se a livello stilistico ha rivendicato il diritto di rimodellare Il sindaco del rione Sanità per attualizzarlo – tanto nei confronti della cronaca quanto in quelli dei gusti del pubblico – Martone rispetta la morale che Eduardo impresse nel testo: homo homini lupus, l’ordine sociale si fonda sulla tacita accettazione di controllo e protezione da parte del più forte. Rispetto alla società lecita dello Stato, la camorra si distanzia solo perché esprime in maniera esplicita questo concetto.
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Il sindaco del rione Sanità
di Eduardo De Filippo
regia Mario Martone
con Francesco Di Leva, Giovanni Ludeno, Adriano Pantaleo, Giuseppe Gaudino, Luana Pantaleo, Gianni Spezzano, Viviana Cangiano, Salvatore Presutto, Lucienne Perreca, Mimmo Esposito, Morena Di Leva, Ralph P, Armando De Giulio, Daniele Baselice
con la partecipazione di Massimiliano Gallo
scene Carmine Guarino
costumi Giovanna Napolitano
luci Cesare Accetta
musiche originali Ralph P
regista collaboratore Giuseppe Miale Di Mauro
assistente scenografo Mauro Rea
capo elettricista Giuseppe Di Lorenzo
fotografie Mario Spada
manifesto Carmine Luino
una produzione Elledieffe / NEST – Napoli Est Teatro / Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale