Wonderland. Il fascino del meraviglioso, dell’inaspettato e dello straordinario: la prossima stagione si preannuncia ricca non soltanto di “contenuti” – con l”impressionante numero di 67 spettacoli, tra le produzioni (17), gli spettacoli ospiti (32) e il cartellone di Torinodanza (18) – ma anche è soprattutto di grande coinvolgimento del pubblico.
Come precisato dal Direttore dello Stabile Filippo Fonsatti, l’obiettivo della prossima stagione sarà «differenziarci dagli infiniti generatori di contenuti», portando la platea a condividere l’esperienza della produzione teatrale. Una missione che si concretizza nell’Istituto di Pratiche Teatrali per la Cura della Persona a cura di Gabriele Vacis, Roberto Tarasco e Barbara Bonriposi, al secondo anno di attività dopo l’esordio del Progetto Migranti che confluirà nella rappresentazione di Cuore/Tenebra – Migrazioni tra De Amicis e Conrad; l’altro ponte per il futuro è Playstorm, anch’esso lanciato nella stagione corrente e diretto molto oltre la chiusura della prossima stagione, un’«officina teatrale aperta anche al pubblico focalizzata sul processo e sulla ricerca drammaturgica, più che sulla creazione di uno spettacolo», ospitata alle Officine Grandi Riparazioni di Torino e diretta da Fausto Paravidino (il cui impegno è di farne un «volano per le future iniziative dello Stabile sul contemporaneo»).
Wonderland è quindi anche e soprattutto un luogo, al pari del teatro stesso che non può prescindere dalla sua fisicità fatta di palcoscenico e platea: un luogo di meraviglia, partecipazione e inclusione. Un’architettura progettata dal Presidente Lamberto Vallarino Gancia e dallo staff dello Stabile, ringraziato e ricordato a più riprese, che per il futuro intende aprirsi alla “fascinazione partecipata” tanto del pubblico affezionato quanto di un pubblico potenziale.
Il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale guarda al futuro in modo propositivo, cominciando con la presentazione di una stagione ricchissima di contenuti a prescindere dall’intento di coinvolgere le platee.
L’immediato futuro del TST: la stagione 2018/2019
Il 2018 dello Stabile ha portato diverse novità, a cominciare dal nuovo Direttore Artistico Valerio Binasco, vertice della produzione in un ideale triangolo equilatero che vede Paravidino alla direzione della ricerca come Dramaturg residente e Vacis alla formazione come Direttore della Scuola per Attori: nonostante le cariche istituzionali, porteranno sui palchi dello Stabile le regie di Arlecchino servitore di due padroni di Goldoni, in scena Natalino Balasso, Michele Di Mauro e Fabrizio Contri per la regia di Binasco, che dirigerà anche la compagnia di attori riuniti nella nascente Lemon Ensemble per la rappresentazione dell’Amleto shakesperiano; a Paravidino spetta la regia de La ballata di Johnny e Jill, coproduzione internazionale nata dalla collaborazione con Iris Fusetti e rappresentata in tre lingue con soprattitoli; Vacis porterà Novecento di Alessandro Baricco al Coronet Theatre di Londra, mentre a Torino collaborerà alla rappresentazione di La lista – Salvare l’arte: il capolavoro di Pasquale Rotondi per la regia di Laura Curino.
I lavori dei tre registi e direttori si sommano alle altre produzioni dello Stabile: con Così è (se vi pare) Filippo Dini firma la regia di un testo di Pirandello; dopo il monumentale Pinocchio, Antonio Latella dirige L’isola dei pappagalli con Bonaventura prigioniero degli antropofagi di Sergio Tofano e Nino Rota; ancora Pirandello con la riscrittura dei Sei personaggi per mano di Spiro Scimone per la regia di Francesco Sframeli; Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, la co-regia di Ferdinando Bruni e Elio De Capitani per un testo di Simon Stephens; Jurij Ferrini sarà regista e interprete del Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand.
Il futuro del TST: nuove sinergie
Come accaduto per la passata stagione, non mancano sguardi curiosi alla realtà teatrale esterna allo Stabile: a tal proposito, insieme al Novecento di Vacis approderà al Coronet Theatre britannico proprio quel Mistero Buffo di Dario Fo nato da una collaborazione con il Teatro della Caduta e diretto da Eugenio Allegri.
Per il 2019 la coproduzione di Se questo è un uomo, per la regia di Valter Malosti – Direttore della Fondazione Teatro Piemonte Europa – celebra il centenario dalla nascita di Primo Levi inaugurando la collaborazione con il Teatro Stabile. Un caloroso benvenuto anche alle nuove generazioni di drammaturghi, con Il canto della caduta di Marta Cuscunà, Petronia di Francesco D’Amore e Luciana Maniaci, Talk Talk before the silence di Federico Sacchi.
All’apertura verso quella realtà esterna si accompagna l’abbattimento dei confini regionali: il Teatro Stabile di Torino diventa la “casa” di due attori veneti come Paolo Pierobon – recentemente apprezzato a Torino per l’interpretazione di Disgraced – e Giuseppe Battiston: con non poca lungimiranza, quest’ultimo si è dichiarato a lavoro sulla regia del Riccardo III che calcherà i palchi nel 2020; nello stesso anno, Pierobon vestirà i panni del protagonista di uno Zio Vania prodotto nell’ambito del processo di internazionalizzazione inseguito dallo Stabile.
Il futuro del TST: oltre i confini nazionali
L’internazionalità di uno Stabile che è già Nazionale non si è infatti limita alle esportazioni di Vacis e Allegri, se tra le altre notizie di grande interesse la conferenza stampa del 7 maggio ha annunciato anche l’inserimento del Teatro Stabile di Torino nel network Mitos 21, cui fanno parte i teatri Odéon di Parigi, Dramaten di Stoccolma, Toneelgroep di Amsterdam, Katona di Budapest, il National Theatre di Londra, il Berliner Ensemble e il Royal Theatre di Copenhagen.
Passa quasi in secondo piano l’annuncio della coproduzione di La Maladie de la mort diretto da Katie Mitchell, della programmazione di Nora/Natale in casa Helmer diretto dalla regista del Teatro Katona di Budapest Kriszta Székely e della coproduzione Teatro Stabile/Torinodanza di Requiem pour L. di Alain Platel.
Una declinazione della Wonderland che sembrerebbe aspirare ad altri lidi, portando il meglio di produzioni e coproduzioni italiane all’attenzione del pubblico estero. Ma è più probabile che l’intenzione dello Stabile per il futuro, con la promessa di una maggiore apertura del teatro (da non intendersi come semplice architettura, tanto meno come mero luogo della rappresentazione) alla partecipazione del suo pubblico, sia piuttosto la dimostrazione di come il “Paese delle Meraviglie” sia sempre stato qui: ovunque ci sia un palcoscenico e una platea.