Dal 19 al 27 maggio le chiese di Pavia ospitano la prima edizione del Festival di Musica Sacra promosso dalla Fondazione Banca del Monte di Lombardia in collaborazione con la Regione Lombardia, il Teatro alla Scala e il Teatro Fraschini, con il patrocinio del Comune di Pavia e il sostegno della Camera di Commercio di Pavia e di Cattolica Assicurazioni. La direzione artistica è di Grisha Asagaroff.
Sei appuntamenti che schierano alcuni dei più prestigiosi interpreti del grande repertorio religioso: i Maestri Riccardo Chailly, Bruno Casoni, John Eliot Gardiner, Gianluca Capuano e Giovanni Antonini alla testa di complessi come il Coro e l’Orchestra del Teatro alla Scala, cui si aggiungono le Voci bianche dell’Accademia, gli English Baroque Soloists e il Monteverdi Choir, Les Musiciens du Prince, il Giardino Armonico, mentre tra le voci è attesissima Cecilia Bartoli, ospite straordinaria del concerto con Javier Camarena il 23. I quartetti vocali delle Messe schierano Rosa Feola, Veronica Simeoni, Francesco Meli e Gianluca Buratto per la Petite messe solennelle il 19 e Tamara Wilson, Ekaterina Gubanova, René Barbera e Ferruccio Furlanetto per la Messa da Requiem di Verdi il 22.
“Il Festival di Musica Sacra ben si inserisce nel solido rapporto di collaborazione tra la Regione Lombardia e il Teatro alla Scala, configurandosi come evento di alto livello artistico e nel contempo come risposta al bisogno di trascendente, proprio della natura umana e costituente comune dei popoli” – dichiara Attilio Fontana, Presidente di Regione Lombardia. “Davvero l’arte e la spiritualità possono essere strumenti di crescita e di condivisione. Per questo la Regione Lombardia ha deciso di sostenere il Festival, apprezzando in modo particolare la scelta di fare di Pavia – scrigno lombardo d’arte, di storia e di cultura – il palcoscenico di questo evento internazionale. Il mio desiderio è quello di rafforzare il rapporto tra la Regione e le molte istituzioni culturali del nostro territorio, tra le quali il Teatro alla Scala costituisce indubbiamente la punta di diamante.”
Il Festival si configura come uno dei più importanti eventi musicali sul territorio lombardo e si inserisce in un quadro di iniziative culturali che Fondazione Banca del Monte di Lombardia promuove e sostiene in quanto l’ambito culturale rappresenta uno dei settori principali in cui opera. Finalità ultima della Fondazione è il miglioramento di vita dei cittadini e delle comunità.
Da qui ha preso origine il progetto del Festival di Musica Sacra che, per quest’anno, comprende appuntamenti tutti dedicati alla religione cristiana ma nelle prossime edizioni prevedrà l’apporto di musiche rappresentative di religiosità diverse. La musica sarà protagonista di un progetto di comunicazione interculturale in quanto costituisce un linguaggio unico capace di parlare a tutte le fedi. “Confidiamo che in un’epoca, come l’attuale, dove la multi etnicità si confronta anche in modo conflittuale” – dichiara Aldo Poli, Presidente della FBML – “la musica potrà essere motore unificante e condiviso e dare un prezioso contributo all’integrazione e all’interculturalità”.
La partecipazione del Teatro alla Scala costituisce la naturale prosecuzione di due impegni presi dal Sovrintendente Pereira al suo arrivo a Milano.
Il primo è la valorizzazione del repertorio sacro, che spesso è relegato ai margini della programmazione a causa dell’impegno produttivo che richiede, e che invece la Scala ha i mezzi per affrontare a partire dal Coro diretto da Bruno Casoni.
Il secondo è una presenza sempre più intensa e regolare sul territorio attraverso il progetto sulla Musica sacra nelle chiese di Lombardia nato nel 2015 con concerti a ingresso libero a Milano, Brescia e Pavia, e proseguito nell’ultimo triennio attraversando sia Chiese e Cattedrali della Regione (Magenta e Lodi), sia diocesi milanesi situate fuori dal centro cittadino (QT8 e Lorenteggio) fino alle recenti esecuzioni della Petite messe solennelle di Rossini a Milano (presso la Chiesa attigua all’Opera San Francesco per i poveri), Lodi, Varese.
“Questo Festival” – ha dichiarato Alexander Pereira – “riempie un vuoto importante nella programmazione musicale italiana. I più grandi compositori hanno dedicato le loro migliori energie per creare grandi capolavori religiosi, ma la difficoltà di riunire complessi così vasti limita la diffusione di questo repertorio. Oggi abbiamo la possibilità di portare a Pavia gli interpreti più prestigiosi per offrire agli ascoltatori un’esperienza artistica e spirituale del più alto livello in luoghi carichi di storia, nella convinzione che la musica sacra costituisca una tradizione e un patrimonio insostituibile per tutti”.
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Ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili.
Apertura spazi a partire da mezz’ora prima l’inizio del concerto.
Prenotazione obbligatoria per il concerto del 20 maggio al numero 347 354 9564
(dalle ore 10 alle ore 14)
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TEATRO FRASCHINI
Il Teatro Fraschini è uno dei primi teatri italiani in mattoni e pietra. Fondato nel 1773 per volere di alcuni nobili, da cui l’originaria denominazione “dei quattro cavalieri” è stato progettato dall’architetto Antonio Galli Bibiena con quattro ordini di palchi realizzati in stili differenti, dorico, ionico, corinzio e attico che abbracciano la platea dalla forma a campana, appositamente progettata per favorire l’acustica. Ai lati del proscenio sono visibili due grandi statue settecentesche raffiguranti la Musica e la Poesia, mentre sul soffitto si può ammirare Il trionfo di Apollo, un affresco dipinto da Osvaldo Bignami nel 1909. Il teatro è stato inaugurato nel 1773 con il Demetrio di Pietro Metastasio per il quale Bibbiena studiò anche le scenografie.
La Storia
Il Teatro dei Quattro Nobili Cavalieri viene pensato per contrastare i capricci del nobile Giacomo Omodei, unico proprietario a Pavia di un teatro, signore bizzarro abituato ad imporre i propri privilegi anche al pubblico, costretto a sottostare a inutili imposizioni, come l’attesa dell’inizio dello spettacolo fino al suo arrivo.
Uniti in consorzio i quattro nobili (il Conte Francesco Gamberana Beccarla, il Marchese Pio Bellisomi, il Marchese Luigi Bellingeri Provera, e il Conte Giuseppe de’ Giorgi Vistarino) la spuntano e affidano il progetto ad Antonio Galli Bibiena, rappresentante di un’antica e prestigiosa famiglia di scenografi-architetti. Dopo solo due anni dalla commissione, nel 1773 il Teatro venne inaugurato con l’opera Demetrio, musiche di Giuseppe Mjslivečzek, libretto di Pietro Metastasio. Nel cast la famosa soprano Lucrezia Aguiari.
Il Municipio acquistò il Teatro nel novembre del 1869, intitolandolo ad un celebre tenore verdiano di Pavia, Gaetano Fraschini, ancora vivente all’epoca della dedica.
La struttura
Teatro all’italiana, con tre ordini di palchi (capitelli dorico, ionico composito e attico) e in aggiunta due ordini superiori (quart’ordine a tribuna e quinto a loggione). La pianta della sala è a campana con cassa armonica, soluzione ottimale per l’acustica, ricavata da una galleria non praticabile sotto la platea. L’affresco della sala, ad opera del Bignami, risale al 1909.
La vita teatrale
Nelle prime stagioni del Settecento erano rappresentate opere buffe, balletti e commedie in maschera.
Dall’Ottocento sono testimoniate la “Stagione di Carnevale”, la “Stagione di primavera” e spettacoli in occasione della Fiera di S. Agostino ad agosto.
Il Novecento si caratterizza per gli spettacoli di prosa con i grandi capocomici dell’epoca: Renzo Ricci, Angelo Musco, Cesco Baseggio. Dal dopoguerra i grandi divi del teatro classico: Vittorio Gassman, i divi della rivista Carlo Dapporto, Macario, il giovane Dario Fo, Giustino Durano e molti altri artisti hanno calcato le tavole di questo palcoscenico.
I restauri
Rimasto miracolosamente intatto dalle origini, il Teatro rischiò una serie di modifiche sostanziali che ne avrebbero snaturato l’armonia e lo stile, un esempio è il progetto dell’Ing. Coliva di Bologna (1904), che prevedeva la realizzazione di due gallerie e l’innalzamento della copertura per ampliare la capienza.
Nel Novecento gli interventi hanno riguardato l’atrio principale, la sala del ridotto, l’ampliamento del palcoscenico, nuovi impianti elettrici.
Il restauro più sostanziale, che ha interessato tutto l’edificio, è stato attuato dopo la chiusura nel 1985. La riapertura del Teatro risale a venerdì 9 dicembre 1994 con un recital di Cecilia Gasdia accompagnata da I virtuosi italiani, e a sabato 10 dicembre 1994 con un concerto di Katia Ricciarelli. (Nella foto in bianco e nero: 10 giugno 1981, Cecilia Gasdia al suo debutto al Tetro Fraschini – allestimento Luisa Miller).
Le curiosità
Testimoniati alcuni ospiti illustri, come l’imperatrice Giuseppina di Beauharnais, moglie di Napoleone I. L’imperatore austriaco Francesco I e sua moglie, l’imperatrice Maria Luisa. Compositori illustri quali Niccolò Paganini, il Maestro Pietro Mascagni e Arturo Toscanini.
La vita teatrale dei nobili andava oltre il semplice assistere agli spettacoli, si estendeva infatti all’intrattenimento con cene e giochi di società nei palchi di proprietà e nei salottini dei retropalchi. Lo testimonia, al secondo piano, un forno ancora ben visibile e conservato.
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ALMO COLLEGIO BORROMEO
Fondato nel 1561 dal cardinale Carlo Borromeo, l’Almo Collegio Borromeo si inserisce nel quadro delle grandi opere dell’Età della Controriforma ed è il collegio di merito più antico d’Italia tuttora in attività. La sontuosa facciata, ricchissima di elementi architettonici, presenta un imponente portale, cui si accede percorrendo una breve scalinata, e domina una piccola piazza d’impianto medievale. All’inizio del Seicento Francesco Maria Richini lavorò al lato orientale del palazzo verso i giardini, mentre Giuseppe Pollack due secoli dopo risistemò la facciata principale, fece demolire la vecchia chiesa di San Giovanni in Borgo che sorgeva tra il palazzo e il fiume e sul suo sedime completò l’ala sud del collegio e progettò un nuovo giardino.
La Storia
“Nel 1564, in Pavia, il Pellegrino ha dato principio per il Cardinal Borromeo a un palazzo per la Sapienza”. Così Giorgio Vasari nelle “Vite de’ più eccellenti Architetti, Pittori et Scultori” prendeva nota della nascita del collegio: la posa della prima pietra avvenne il 19 giugno 1564. La bolla di fondazione di papa Pio IV “Ad apostolicae dignitatis apicem” risaliva a tre anni prima, al 15 ottobre 1561 e il progetto era stato affidato all’architetto Pellegrino Pellegrini detto il Tibaldi (1526-1596).
Qualche anno dopo (1581) ne parlò, da attento viaggiatore qual era, Montaigne nel suo Journal de voyage en Italie: ”Viddi oltra, quel principio d’edificio del Cardinal Borromeo per il servizio delli Scolari”. L’edificio era stato dotato nel 1579 di una cappella dedicata a Santa Giustina patrona della famiglia Borromeo e negli anni 1603-1604 venne arricchito nel salone al piano superiore del ciclo pittorico dedicato a San Carlo Borromeo (volta e parete settentrionale, opera dell’orvietano Cesare Nebbia e aiuti) e sulla parete meridionale dell’episodio dell’imposizione del cappello cardinalizio, opera di Federico Zuccari. Altre aggiunte furono apportate successivamente, le principali: nel 1620-29 da Francesco Maria Richini (1584-1658) due avancorpi di portico alla parte orientale e la recinzione del giardino racchiuso da questi mediante un muro terminante con fontana; da Giuseppe Pollack negli anni 1818-20 il completamento del prospetto verso il fiume, con l’abbattimento delle chiesa di San Giovanni in Borgo, tenendo fede al disegno del Pellegrino (che tanto piaceva a Stendhal).
Fondato per permettere a giovani dotati di talenti intellettuali ma sprovvisti di beni, quindi impossibilitati ad accedere all’Università ed a dedicarsi agli studi e per garantire al tempo stesso, in età controriformistica, un’adeguata formazione morale (l’ambasciatore veneziano ebbe a dire che “l’esempio del Borromeo ha più valore di tutti i decreti del Concilio di Trento”) il collegio a partire dall’apertura ufficiale del 1 aprile 1581 (anno in cui, come ricorda Manzoni nel XXII capitolo dei Promessi Sposi, entrò Federico Borromeo, futuro cardinale arcivescovo di Milano e fondatore della Biblioteca Ambrosiana) ha ospitato circa quattromila alunni.Nei secoli XVII e XVIII fornì soprattutto giuristi destinati a cariche nel governo e nell’amministrazione della Chiesa e dello Stato milanese: Cesare Monti, Federico Visconti, Giuseppe Pozzobonelli, cardinali arcivescovi di Milano, Marco Arese, reggente del Supremo Consiglio, massima carica nello Stato milanese, Giorgio Clerici, presidente del Senato; numerosi vescovi e cardinali: Giuseppe Alessandro Furietti cardinale e fine studioso dei mosaici antichi. Successivamente hanno studiato in collegio: tra i giuristi Pietro Custodi, collaboratore del ministro Prina, Giuseppe Ferrari importante rappresentante del pensiero federalista repubblicano, allievo di Gian Domenico Romagnosi, e protagonista del Risorgimento italiano, Contardo Ferrini insigne docente di Diritto romano, riconosciuto beato dalla Chiesa, Scipione Ronchetti, ministro Guardasigilli nei governi Giolitti e Tittoni, presentatore della legge sulla condanna condizionale.Tra i medici: Agostino Bertani, organizzatore della spedizione dei Mille e segretario di Garibaldi, promotore del codice di igiene pubblica del 1885, Enrico Acerbi, precursore della batteriologia menzionato dal Manzoni in nota ai Promessi Sposi, Lamberto Parravicini, chirurgo, Carlo Forlanini ideatore del primo pneumotorace artificiale per la cura della tubercolosi. Tra i matematici, fisici e ingegneri: Giovanni Codazza direttore del R.Museo Industriale di Torino, Francesco Brioschi, fondatore del Politecnico di Milano autore di 279 pubblicazioni in ambito scientifico, Gaspare Mainardi studioso di geometria differenziale, del quale ricordiamo le formule di Gauss-Mainardi-Codazzi-, Luigi Volta astronomo degli osservatori di Brera. Tra i letterati: Eligio Possenti, commediografo e critico, tra i primi a valutare l’originalità di Pirandello. Inoltre il collegio ha ospitato negli anni 1926-1936 il poeta russo Venceslav Ivanov e annovera fra i suoi rettori Cesare Angelini, importante interprete di Manzoni e attento letterato e Leopoldo Riboldi, Rector Perpetuus, che con la donazione di 4.200 volumi della biblioteca del collegio ha contribuito alla nascita in Pavia della facoltà di Scienze politiche, la prima in Italia. Attualmente una consistente parte del corpo accademico pavese (circa 250 tra professori, ricercatori e dottorandi) proviene dal collegio.
Dall’anno accademico 2009-10 è aperta la sezione femminile garantendo pari opportunità di studio a 50 alunne.
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SAN MICHELE
Di fondazione longobarda, San Michele godette di notevole considerazione presso i sovrani. Alla fine del IX secolo si affermò come luogo privilegiato dei rituali regi e in particolare di quelli di incoronazione. L’architettura della chiesa costituisce uno dei capolavori del Romanico italiano. Le tre facciate, così come i pilastri e gli elementi decorativi interni, sono in pietra arenaria proveniente dall’Oltrepò. Sulla facciata principale, a capanna, sono ancora riconoscibili i bassorilievi con soggetti biblici e animali fantastici, ma risultano meglio leggibili le sculture poste al di sopra dei portali.
I Longobardi sono particolarmente legati al culto di San Michele, a tale devozione dobbiamo l’intitolazione della basilica. La chiesa assolve le funzioni di cappella palatina già nel 939.
L’attuale basilica riflette ancora, nel rapporto con l’ambiente urbano, il cerimoniale delle incoronazioni, evocato dalla piazza del transetto, protesa verso la residenza dei re italici. La basilica, rinnovata in forme romaniche, è anche cornice dell’incoronazione di Federico Barbarossa (1155). La chiesa è costruita in pietra arenaria locale (estratta dalle cave dell’Oltrepò) su cui sono scolpite figure allegoriche e simboliche. In particolare, lungo la facciata a vento, si susseguono fasce scolpite con animali fantastici e lotte con draghi, uccelli, scene di caccia, pesci e fasce a girali e palmette. A San Michele la scultura diventa parte integrante dell’architettura. Sia la veste scolpita sia l’impianto (con la navata del transetto definita in modo a sè stante) conferiscono alla basilica un rilievo eccezionale nel romanico europeo. L’arcangelo Michele sovrasta il portale centrale. L’interno a tre navate conserva, al centro della navata maggiore, la lapide che ricorda il rito delle incoronazioni; suggestiva la presenza del matroneo. Amplissimo il repertorio svolto nelle sculture dei capitelli con scene di caccia, girali e palmette e temi narrativi. Da segnalare il capitello a nord, vicino al transetto, La morte del Giusto (con l’Angelo che infigge la lancia nella bocca del Diavolo). Il transetto ha proporzioni grandiose che dialogano con il tiburio. Le volte della navate centrale sono quattrocentesche e hanno sostituto le volte romaniche. Il presbiterio, rialzato, conserva ancora frammenti di un mosaico pavimentale del XII secolo; vi sono raffigurati l’Anno incoronato, i Mesi e il Labirinto, temi dell’iconografia romanica. La cripta si apre sotto al presbiterio; si tratta di uno spazio ad oratorio con un ricco apparato decorativo. Da menzionare anche la straordinaria opera di oreficeria medievale: il Crocifisso di Teodote (dal monastero di provenienza) in lamina d’argento sbalzata.
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SANTA MARIA DI CANEPANOVA
L’edificio, in laterizio rosso, è un tipico esempio di architettura rinascimentale basata sullo studio della pianta centrale. I lavori di costruzione della chiesa vengono avviati tra il 1500 e il 1507, sotto la direzione di Giovanni Antonio Amadeo. La pianta quadrata che si trasforma in ottagono per sostenere la cupola a otto lati è ispirata alla concezione dello spazio formulata da Bramante. La facciata, rimasta incompiuta, presenta una doppia finestra sopra il portale ed è arricchita da un basamento decorato con tondi a rilievo. Il motivo ornamentale prosegue sul fianco meridionale con tondi, rombi, cerchi interi e spezzati creando una piacevole articolazione della superficie muraria. All’interno, su ciascun lato si aprono cappelle rettangolari coperte a volta. Di gran pregio le tele e gli affreschi di Giulio Cesare Procaccini e del Moncalvo: i soggetti principali sono profeti, profetesse e figuri femminili dell’Antico Testamento. Sopra il portale, la cantoria con il prezioso organo “Angelo Amati”.
La chiesa prende il nome dalla famiglia che patrocinò l’opera. L’interno, in forme pienamente rinascimentali (probabilmente il più bello della città), compensa un esterno scarno e sobrio. Costruita alla fine del Quattrocento, su progetto un tempo attribuito a Bramante e sotto la direzione documentata di Giovanni Antonio Amadeo, presenta una struttura molto particolare, evidente soprattutto all’interno: un cubo sormontato da un tiburio ottagonale. La decorazione barocca domina l’edificio, esemplificata dallo splendido ciclo secentesco di tele con le eroine veterotestamentarie – dovute ai pittori Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, Alessandro Tiarini e ai fratelli Camillo e Giulio Cesare Procaccini –, dagli angioletti affrescati dal Moncalvo o dalle quadrature architettoniche settecentesche di Giovanni Battista Longone.
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DUOMO
La chiesa cattedrale fu fondata in età longobarda, con largo impiego di materiali risalenti all’epoca romana. Sin dal Medioevo si componeva di due chiese gemelle, dedicate a Santo Stefano e a Santa Maria Del Popolo. Della seconda è ancora visitabile la cripta, mentre gran parte del materiale lapideo è conservato presso i Musei Civici. Il Duomo, intitolato a Santo Stefano, viene fondato nel 1488 con l’intenzione di dare alla città di Pavia una nuova Cattedrale e artefice di tale rinnovamento è il Cardinale Ascanio Maria Sforza, fratello di Ludovico il Moro. Alla fine del Quattrocento iniziò la fabbrica del Duomo rinascimentale. Un magnifico modello ligneo del 1495 è conservato presso i Musei Civici. I lavori prendono avvio sotto la direzione di Cristoforo Rocchi e poi di Giovanni Antonio Amadeo. Alle prime fasi costruttive, in particolare della cripta, si lega la figura di Donato Bramante. Anche Leonardo Da Vinci viene chiamato insieme a Francesco di Giorgio Martini per fornire un parere sulla costruzione. Il Duomo è però frutto di interventi che si sono susseguiti nel corso del tempo. Il cantiere si conclude solamente nel 1933.
La nuova chiesa fu pensata a pianta centrale, con tre navate affiancate da nicchie semicircolari e un’imponente cupola progettata nel 1885 da Carlo Maciachini, sostenuta da un altissimo tamburo ottagonale. I lavori procedettero molto lentamente, il tamburo fu eretto nel XVIII secolo, la cupola a doppia calotta (la terza più grande d’Italia) venne apposta nel 1885, mentre la facciata risale agli anni Trenta del Novecento.
All’interno del Duomo sono custodite e venerate le spoglie del patrono San Siro e le reliquie delle Santissime Spine.