Titola “Cuerpos” l’edizione 2018 dell’ETNOFILMfest che si terrà a Monselice (Padova) dal 31 maggio al 3 giugno 2018.
Etnofilmfest, il rinomato festival dedicato alla produzione documentaristica italiana, giunto alla sua 11esima edizione, sempre capitanato dal regista e antropologo Fabio Gemo, quest’anno, indagando il tema del “corpo”, porterà a Monselice anche i Bloody CirKus. La performance “Cochaplague” avrà luogo domenica 3 giugno alle 21.30 nel Parco Buzzacarini di Monselice. In scena Ezio Pertugio, Ingrid Morselli e Fabio Cappa. La performance è scritta dall’antropologo visuale Simone Bardi.
Alcune note introduttive: i fakiri contemporanei usano il proprio sangue per lanciare messaggi, raccontare storie: la carta e’ la loro pelle, il sangue l’inchiostro. La Body Art negli ultimi 20 anni ha sdoganato la vista del sangue, l’acciaio che entra nella pelle, aghi, siringhe, ganci da macello. FranKo B, già 15 anni fa, tutto nudo e dipinto di bianco in una passerella che faceva il verso all’alta moda, si piantava due canule nelle braccia e cominciava a camminare avanti e indietro schizzando sangue fino a perdere i sensi. Un altro grosso riferimento lo abbiamo nel film del 1970 “Un uomo chiamato cavallo, in cui Fakir Musafar tra i Sioux si fa bucare il petto e appendere a un albero per giorni. Fakir è il padre di questa avanguardia, colui che ha dato il via a tutto il movimento dall’appendersi tramite ganci da macello, alla restrizione del bacino per renderlo simile alla vita di una vespa, dalla negazione sessuale ottenuta con il gesso fino ad arrivare alle amputazioni vere e proprie ( alcuni esponenti della body art estrema si segano le dita delle mani o si fasciano i piedi fino a renderli simili a zoccoli da cavallo). Altra modalità performativa è l’innesto di oggetti sottopelle ( Orlan è stata una delle precorritrici ) o quella di tatuare i bulbi degli occhi. Lo spettacolo che portano in scena i fakiri contemporanei si basa sull’esibizione del sangue, aghi, lame, fori della pelle ed estensioni per arrivare al nocciolo alle sospensioni, con ganci da macello si bucano i corpi e li si sollevano. Questa è la pratica che per l’appunto usavano i Sioux per raggiungere l’estasi. La paura del dolore nel momento in cui si viene issati genera talmente tanta adrenalina che il corpo e il cervello vanno in estasi. Per questo mentre i performer sono appesi sono calmi, sorridenti, alcuni anche in erezione.
La performance “Cochaplague” si rifà invece a Capa-cocha, l’antico rituale Inca che prevedeva il sacrificio umano e alla
peste nera (plague, in inglese). La morte in Europa che precede e consente un nuovo inizio: il Rinascimento. I due atti dello spettacolo affrontano i temi del sacrificio del corpo e della morte della pelle, mediante un rilettura neoprimitivista e richiamando i motivi religiosi e politici che sottendono le pratiche del corpo, i suoi rituali e le sue interpretazioni.Lo spettacolo è un vorticoso e onirico viaggio in due storie e due geografie della percezione del corpo, della malattia e della pelle.
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Bloody Cirkus, fondato da Nicola Cinalli, docente di antropologia culturale presso la facoltà di Roma3, ricercatore presso l’Università cattolica di Lima e la U.B. Di Barcellona, nasce ufficialmente il 24 giugno 2006 ed adotta nel luglio 2006, come principale collaboratore, Ezio Gaudio. Attraverso lo spettacolo e la performance, Bloody Cirkus si ripropone di rappresentare scene di vita quotidiana, dove la sofferenza è causata del sopruso, dall’odio e dal non rispetto, dove emergono quei sentimenti che lacerano ogni uomo nell’animo, e quegli stessi sentimenti vengono marcati ed evidenziati dal sangue delle ferite che i personaggi, di volta in volta, si procurano sul proprio corpo. E’ così che il corpo stesso diventa il simbolo del non se, quel corpo che tanto nutriamo e addobbiamo viene esposto alla mercé di tutti, e diventa un pezzo di carta scritto con il sangue per tutti, un pezzo di carne pronto a donarsi a chi è di fronte. Il corpo nella sua individualità è causa di molti mali. “Noi invece lo rendiamo sacrificale e lo doniamo come amore ed unione – spiegano i Bloody Cirkus – diventa insieme messaggio e dono. Più della stessa vita non si può donare e noi, di volta in volta, doniamo questo a chi ci osserva, a chi ci ascolta e a chi si nutre dei nostri spettacoli. Bloody CirKus vuole solo rappresentare che l’odio si cura con l’amore e con l’unione di tutti”.
Lo spettacolo è rigorosamente riservato a un pubblico adulto.
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Informazioni e programma completo sul sito www.etnodramma.it
L’Etnofilmfest è diretto da Fabio Gemo e organizzato dal Centro Studi sull’Etnodramma, con il contributo del Comune di Monselice – Assessorato alla Cultura. Con il Patrocinio de La Nuova Provincia di Padova.