BOHÈME
Testo e regia
di
Paola Martelli
con
Claudio Belviso, Antonella Cappelli, Michele Cuonzo, Tiziana Gerbino, Antonello Loiacono
e Paola Martelli nel ruolo di voce narrante
Non si canta nella “nostra” Bohème ma l’evocazione strumentale delle più belle arie pucciniane costituisce la colonna sonora del racconto. Come in un film. Il linguaggio espressamente colloquiale, (impensabile nell’opera ottocentesca precedente), lo stile realistico, il parlare “comune” caratterizzanti il libretto, la “normalità” dei personaggi, sembrano legittimare la nostra “operazione”, la messinscena di un “dramma parlato”, in cui sia possibile recuperare quegli aspetti che nell’allestimento delle opere liriche, anche in quelle così moderne di Puccini, spesso passano in secondo piano: la credibilità dei rapporti, le sfumature psicologiche, la recitazione curata nei dettagli, l’aderenza degli interpreti a le phisique du rôle.
E’ altresì nota l’attenzione di Puccini per l’evoluzione del teatro di prosa, per le novità registiche, scenografiche e luministiche, “il suo bisogno di decidersi per un soggetto solo dopo la conferma di una comprovata funzionalità scenica”. Le scene della vita di Bohème, il romanzo di Henry Murger, a cui s’ispirarono per il libretto Illica e Giacosa, era stato infatti, prima di essere pubblicato, una pièce di successo, che il commediografo Barrière aveva tratto da alcuni racconti di Murger, apparsi a puntate su un giornale satirico.
Il libretto dell’opera e il romanzo sono per noi lo spunto per una messinscena che alterna fedeltà e libertà nel trattamento delle fonti. Episodi comici e drammatici si avvicendano, rispecchiando il tratto fondamentalmente ossimorico della “vita gaia e terribile” dei bohémiens, un’esistenza “al limite”, condotta per scelta ai margini della società e nel rifiuto della morale borghese. E’ il trionfo della giovinezza, e anche della libertà sessuale, testimoniato dall’attrazione amorosa tra Rodolfo e Mimì, creatura tenera e insieme appassionata, febbricitante d’amore, di un’eccitazione dovuta anche alla malattia; dalle schermaglie erotiche che impegnano Musetta e Marcello; dalla convivenza more uxorio di giovani coppie che si sottraggono al controllo della famiglia e della società. E questo non corrompe la sostanza “sentimentale” del racconto ma, al contrario, ne potenzia l’intensità.
L’indipendenza dalle norme sociali è altresì rivelata dall’atteggiamento anarchico nei confronti della lingua. Giochi di parole, parodie, rovesciamenti semantici, scherzi, creano un’atmosfera giocosa e trasgressiva, nel contempo pervasa da un senso di perdita e di nostalgia e, dunque, intimamente corrosa dall’ironia drammatica: sappiamo che la bella stagione dell’amore e della giovinezza sarà breve.
La musica, nel nostro spettacolo, ha la funzione di soundtrack. L’impulso naturale di Puccini a trovare un nuovo e più avanzato equilibrio tra musica e messinscena lo mise in sintonia con il cinema, che da pochi anni muoveva i primi passi. L’Opera si avviava a essere superata come genere di spettacolo, nei favori del grande pubblico, dall’affermazione del nuovo medium. Molta “musica per film” sarebbe stata debitrice, in seguito, nei confronti delle melodie pucciniane. Una coincidenza: il 1895, che per convenzione segna la nascita del Cinema, è anche l’anno della creazione de La Bohème.