“Cosa è reale? È reale quella finestra? Sono reali quelle punte di ferro? Sono reali quelle mura che ci proteggono? E l’aria che si muove dolcemente oggi, e il cielo che guardiamo sempre poco, e il sole nostro padre e madre, tutore, angelo custode che nasconde la sua corruzione in miliardi di anni, e la mia mano, e la notte che la nasconde, e i mei occhi che non possono vedersi se non in un riflesso, e la schiena dell’altro che non sarà mai la tua e la ricorda e te la rappresenta per non darti da pensare, e il cuore che batte nascosto il suo moto vitale infinito, che ripete con le sue fragili forze quello delle stelle, delle acque che battono una riva, che fluiscono tra morbidi argini e ferme specchiano il Narciso di un attimo [..]?” (Jorge Luis Borges)
Con Beatitudo, spettacolo-manifesto firmato da Armando Punzo, si apre il sipario della stagione di prosa del Teatro Verdi, oltretutto con il debutto della tournée della Compagnia della Fortezza, che quest’anno festeggia il suo trentennale. Beatitudo è il secondo momento di un lavoro biennale incentrato e ispirato all’opera completa del premio Nobel Jorge Luis Borges. Questo lavoro, riprendendo una dialettica cara al poeta Argentino, immette nuovamente il teatro nelle questioni filosofiche che lo contraddistinguono intimamente, ossia sul rapporto tra realtà e arte, sulla ricerca incessante tra vita e pratica estetica. Una ricerca che sottende anche il lavoro di Armando Punzo e della Compagnia della Fortezza, fin dalla sua origine nell’agosto del 1988 come progetto di Laboratorio Teatrale nella Casa di Reclusione di Volterra, a cura di Carte Blanche e con la direzione appunto del già citato Punzo. La Compagnia della Fortezza, che ha prodotto in media uno spettacolo teatrale all’anno, si è caratterizzata fin dalla sua nascita, non come un semplice progetto di riabilitazione sociale o un trattamento rieducativo dei detenuti, ma una rivoluzione primariamente ispirata a produrre nell’interesse del teatro e della sperimentazione artistica. Da qui si spiega come mai i suoi spettacoli siano stati insigniti di numerosi premi tra i più ambiti nel mondo del teatro e come mai dal 1993 sia stata regolarmente invitata e ospitata nei principali teatri, festival e rassegne italiane all’esterno del carcere e anche all’estero. Un’esperienza esistenziale per questi detenuti-attori che non poteva di conseguenza tradursi in un’esperienza dall’alto valore artistico per chiunque, un viaggio nel cuore umano per il teatro e attraverso di esso, riconosciuto e supportato negli anni dal Dipartimento dello Spettacolo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Ente Teatrale Italiano e da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
“Ti offro quel nocciolo di me stesso che ho conservato, in qualche modo – il centro del cuore che non tratta con le parole, né coi sogni e non è toccato dal tempo, dalla gioia, dalle avversità“. (Jorge Luis Borges)
In questo senso l’universo Borgesiano sposa perfettamente la ricerca e il senso, teatrale e non solo, avuto dalla Compagnia della Fortezza, il suo mischiare senza discontinuità realtà e elementi magici, il labirinto di citazioni e suggestioni che è custodito nei suoi testi come in ogni volto, anonimo ed universale al tempo stesso, portato sulla scena. La verità e la falsità si scambiano e si confondono attraverso i simboli, le maschere, le penombre, i vestimenti, i gesti, sprigionati sul palco dallo stesso mistero che fa essere il teatro il luogo dove i se stessi diventano altro, dove le certezze astratte diventano domande di vita.
“Sono infiniti i personaggi di Borges, vengono da tutte le epoche, come a rappresentare l’intero universo. Tra queste innumerevoli figure, così fortunatamente lontane dai caratteri della vita, ce n’è una, Funes, che vuole liberarsi della sua memoria sterminata e rinominare il mondo. Sarebbe giusto, auspicabile, vivere nelle innumerevoli possibilità, obliandosi, fuori dalla storia e ancora di più dalla vanità della propria storia. Fondiamo la nostra vita su quello che siamo, non su quello che potremmo essere. E in questa staticità perdiamo il gusto del rischio di essere come non sapremo mai. Il voler dimenticare di Funes è il nostro desiderio di poter vivere al di fuori della vita passata, futura e presente”. (Armando Punzo)
Con Beatitudo il teatro diventa uno stato della mente, un moto dell’animo, che ci proietta in un linguaggio dove le parole assumono nuove forme, le cose nuovi suoni, le persone una vita primordiale, e si riesce a trascendere anche per un solo attimo, che tutto e nulla in sé raccoglie, le illusioni che crediamo essere il solo orizzonte con cui costruire la nostra identità, le storie che ci raccontiamo per sapere da dove veniamo, gli sguardi che gettiamo per sapere dove andare nel buio della nostra frammentazione e nel dedalo delle nostre molteplici realtà. Chi assiste a questo spettacolo non fa una mera esperienza di rappresentazione, bensì di evocazione quasi esoterica di figure, suoni, oscurità che provengono da un mondo letterario complesso e che abitano in definitiva l’interiorità stessa di ogni spettatore. La parola poetica di Borges assume la valenza di un rito che sa dischiudere nello spazio neutro e creativo del teatro un contenuto che proviene dalla vita e al di là di essa. Si scopre con meraviglia che il tempo non è mai stato uno soltanto, forse non è mai stato. A quel punto non resta che accogliere queste suggestioni come un tutto, a quel punto non resta forse che sognare ad occhi aperti.
“Quando gli orologi della mezzanotte elargiranno un tempo generoso, andrò più lontano dei rematori di Ulisse nella regione del sogno, inaccessibile alla memoria umana. Da quella regione sommersa recupero residui che ancora non comprendo; erbe di botanica elementare, animali un po’ diversi, dialoghi coi morti, volti che in realtà sono maschere, parole di lingue molto antiche e talora un orrore non comparabile a quello che può darci il giorno. Sarò tutti o nessuno. Sarò l’altro che ignoro d’essere, colui che ha contemplato quell’altro sogno, la mia veglia. La giudica, rassegnato e sorridente”. (Jorge Luis Borges)
Ispirato all’opera di Jorge Luis Borges, drammaturgia e regia Armando Punzo, musiche originali e sound design Andrea Salvadori, scene Alessandro Marzetti, Armando Punzo, costumi Emanuela Dall’Aglio, coreografie Pascale Piscina, produzione Carte Blanche – TieffeTeatro, con il sostegno di MiBACT-Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Regione Toscana, Comune di Volterra, Comune di Pomarance, Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, ACRI – Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio Spa, Ministero della Giustizia-Casa di Reclusione di Volterra