Quando un regista e uno scenografo riescono a mettere assieme qualcosa che unisca semplicità, classicità e modernità allo stesso tempo, su una delle pietre miliari del melodramma italiano, con la direzione di una grande bacchetta e un cast sicuramente interessante, vale davvero la pena di uscire di casa e andare a teatro.
Possa piacere o meno, a chi ama o odia il Verdi prima maniera, questa produzione di Ernani, in scena al Piermarini, va infatti vista e goduta, dall’inizio alla fine.
Ernani è la prima opera di Verdi composta per il Teatro la Fenice di Venezia, nel 1844, ed è anche la prima partitura composta su libretto di Francesco Maria Piave, il quale a sua volta si era ispirato all’omonima sceneggiatura in prosa di Victor Hugo.
L’energia drammatica, la capacità espressiva, la forza emotiva, si colgono qui come uno schizzo preparatorio di un grande pittore in procinto di produrre qualcosa di immortale, una prova generale. Non mancano certo le arie che qualsiasi melomane conosce a memoria, non mancano i momenti di intensità drammatica e non mancano i caratteri che sono tipici del melodramma verdiano, sebbene questi appaiano come non ancora del tutto maturi.
Ciononostante, Ernani – che è inequivocabilmente opera figlia della sua epoca – fu un grande successo in quella Venezia del 1844 e anche nella Milano in cui, pochi mesi dopo, venne messa in scena la prima scaligera.
Questa produzione, come già accennato, è classica e moderna allo stesso tempo, riesce, pur senza risultare stucchevole, a mantenere un’aderenza perfetta con il testo, introducendo degli elementi innovativi che non lo snaturano (come spesso purtroppo accade), ma anzi, ne esaltano l’espressività.
Sven-Eric Bechtolf coglie quindi l’anima dell’opera, inscenando un teatro nel teatro, fatto di citazioni e richiami, in un insieme equilibrato e dinamico, coadiuvato dalle scene di Julian Crouch, costruite con fondali dipinti e quinte mobili: tutto quello che ci si può aspettare da una scenografia “antica” che però diventa, nel contesto, un richiamo consapevole e nostalgico di un modo di fare teatro ormai superato.
La concertazione di Adam Fischer è equilibrata, filologica eppure potente: il maestro ungherese ci regala attimi di vero lirismo, momenti di grazia stilistica e potenti crescendo, grazie anche ad un’esecuzione davvero magistrale dell’orchestra del Teatro alla Scala.
Il cast, come accennato, è senza dubbio interessante: a partire da Francesco Meli, il quale possiede senza dubbio uno strumento potente, utilizzato in modo quasi ineccepibile da un punto di vista tecnico. Un timbro riconoscibile e delle tessiture davvero interessanti nei registri meno alti ne hanno fatto un Ernani notevole.
Notevole anche la Elvira di Ailyn Perez: nonostante qualche piccola imperfezione nei passaggi di registro molto complessi, che abbiamo dimenticato subito, grazie ad una voce potente e un timbro riconoscibile.
Bravi anche gli altri due lati del quadrilatero amoroso verdiano: Ildar Abdrazakov, un notevole Don Silva, basso espressivo eppur potente, e Luca Salsi nel ruolo di Don Carlo.
Il coro della Scala, preparato dal maestro Bruno Casoni, ci è sembrato invece meno in forma del solito, con qualche problema di bilanciamento rispetto all’orchestra e qualche imprecisione.
A fine spettacolo applausi sentiti da un teatro entusiasta.
La recensione si riferisce alla recita di martedì 9 ottobre.
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Ernani
Dramma lirico in quattro atti
Libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
Nuova produzione Teatro alla Scala
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Direttore ÁDÁM FISCHER
Regia SVEN-ERIC BECHTOLF
Scene JULIAN CROUCH
Costumi KEVIN POLLARD
Luci MARCO FILIBECK
Video Designer FILIPPO MARTA
Coreografia LARA MONTANARO
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Personaggi e interpreti
Ernani Francesco Meli
Don Carlo Luca Salsi
Don Ruy Ildar Abdrazakov
Elvira Ailyn Pérez
Giovanna Daria Chernyi
Don Riccardo Matteo Desole
Jago Alessandro Spina
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Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Maestro del Coro Bruno Casoni