La storia di Tiziana Ambrogio è la storia di una vocazione, artistica ed umana, indissolubilmente. Soprano lirico, nonché vocalist versatile e Maestro di canto, Tiziana Ambrogio si divide fra concerti, esibizioni e formazione di giovani talenti. Da questa crasi tra attività concertistica ed insegnamento nasce qualche anno fa “Euthalia Vocal Art”, lo studio d’arte fondato, diretto e condotto in prima persona da Tiziana Ambrogio nel cuore della sua amatissima Siracusa. È qui che il soprano veste i panni del maestro di canto e del vocal coach; è qui che si alternano quotidianamente i numerosi allievi, dai giovanissimi che si avviano al canto agli interpreti in cerca di perfezionamento.
Perché la voce è uno strumento da scoprire, sostenere, pulire e poi da colorare e mantenere continuamente tramite il lavoro puntuale e costante. E perché cantare è una forma di espressione globale, in cui l’intera persona del cantante deve saper risuonare, andando a riempire la tecnica acquisita. Parola di Tiziana Ambrogio.
Tanti sono dunque i quesiti, per l’addetto ai lavori così come per l’osservatore semplice, curioso di capire “la sostanza di cui siamo fatti” noi esseri umani. Tiziana Ambrogio ci ha dato appuntamento nel suo studio d’arte: veniamo accolti in uno spazio sensoriale, che sa di professionalità e di semplicità allo stesso tempo, dove la luminosità dei colori naturali domina sulle tonalità scure degli strumenti di lavoro. La profondità è assicurata dalla presenza di una parete dipinta in un verde acqueo, per nulla acido. Si chiama “Verde Euthalia”, spiega simpaticamente Tiziana Ambrogio, dispensando il primo dei suoi sorrisi agili, oltre che frequenti. Raccogliamo l’assist, per rompere il ghiaccio…
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Come mai hai scelto il nome Euthalia?
Euthalia è il nome greco di una famiglia di farfalle. Secondo l’etimologia della parola, significa “fioritura”. Ho scelto questo nome perché l’evoluzione della farfalla, nella crescita progressiva e dolorosa, ricorda a mio avviso quella dell’artista, che deve studiare a lungo ed affrontare molti sacrifici prima di diventare per l’appunto un artista. Il lungo stadio vitale del bruco che si trasforma – non senza dolore – nella farfalla che diventerà, è una similitudine a me molto cara.
Da quanti anni è attiva la tua scuola?
Euthalia Vocal Art è attiva ufficialmente dal 2012, anche se è stata nei miei progetti per molto tempo. Mi occupo di insegnamento dal 2003 ed ho gestito corsi di canto per accademie ed associazioni musicali in giro per la Sicilia prima di realizzare il mio studio.
Oltre alle lezioni di canto, ti occupi anche di creare ed organizzare eventi?
Euthalia non è solo una scuola di canto, è bensì uno studio d’arte, attraverso cui realizzo spettacoli e collaborazioni artistiche, musicali e non solo. Dai reading musico-letterali come “Siracusa”, “L’Incanto della Parola”, “Silenzio di Donna” a concerti-spettacolo come “Raccontango” e “Un Giro a Buenos Aires”, un gemellaggio artistico – in quest’ultimo caso – tra Italia ed Argentina, con la partecipazione di due artisti di Buenos Aires. Per citarne alcuni …
Facciamo un grande salto e torniamo al tuo percorso di apprendimento. Come e quando è nata la tua vocazione artistica?
Potrei dire che il mio legame con la musica abbia origini addirittura antecedenti alla mia venuta al mondo. Racconta mia madre che per nove mesi mi ha cantato la ninna nanna ogni giorno ed ha continuato a farlo per molto tempo anche dopo la mia nascita. Ho cominciato a cantare intorno i tre anni, a cinque è arrivato il mio primo giradischi; da lì ho capito che non avrei mai giocato con le bambole e ho preferito collezionare (e “consumare”) per ore 45 e 33 giri! Il mio ascolto (cui seguiva sempre il canto, oserei dire metodico e attento fin da piccola) è stato sempre molto variegato: dalla musica popolare alle sigle cartoons, dall’opera lirica all’operetta. Sapevo fin da bambina ciò che desideravo fare da grande e affiancavo al canto una sola alternativa: la danza, che ho studiato dai 7 agli 11 anni.
Immagino che una bambina cresca con il sogno di cantare brani piuttosto semplici. Quando hai deciso di intraprendere una via impegnativa come quella del canto lirico?
Mio nonno materno era un pianista ed appassionato melomane, ma devo dire che nella mia famiglia i pianisti abbondano, tra zii e cugini, impegnati sia nell’attività didattiche che concertistica. Per cui ricordo lunghi pomeriggi trascorsi tra apprendimento e gioco sulle note di O cincillà, Fox della luna, Mattinata e le trame avvincenti di Traviata e Boheme. I miei primi vocalizzi lirici erano un’imitazione di ciò che ascoltavo; a 8 anni avevo un vibrato naturale e mi divertiva parecchio giocare con le note ed i suoni. Il mio “debutto” sul palco è arrivato proprio a quell’età allo Zecchino d’Oro Regionale e da lì le prime esperienze di polifonia. L’inizio vero e proprio dello studio operistico è venuto più tardi, a 19 anni, quando avevo già terminato il liceo scientifico, poiché solo da quel momento la mia famiglia mi permise di iniziare degli studi specifici nel canto. Purtroppo, un giovane artista bramoso d’imparare è sempre “temuto” dai propri cari, perché è noto che la strada dell’arte non dà la certezza di avere il “pane sulla tavola”. Tuttavia, Il tempo e la vita mi sono stati complici per poter felicemente smentire questa vecchia massima!
Quanta disciplina occorre per formarsi come cantante lirico?
Occorre moltissima disciplina, fisica e mentale. Occorre una buona dieta alimentare, sane ore notturne di sonno e tante ore diurne di studio, tra tecnica e lettura musicale. Oltre a questo non va dimenticato che un bravo cantante lirico avrà sempre cura di una buona respirazione, con esercizi che ti accompagneranno per tutta la vita. Chi dimentica questo ha già dato, inconsapevolmente, un termine prematuro alla propria voce e ne ha precluso la “presunta” qualità iniziale.
Oggi i ragazzi sono fortemente attratti dal pop e dai suoi tanti sottogeneri. Quanto è importante la disciplina anche per chi si cimenta nel campo della musica popolare?
Anche la musica moderna post ‘900 – dal pop al blues, dal soul al rock, dal jazz al metal etc. – prevede un’impostazione vocale, affinché si salvaguardi la salute delle corde vocali e della laringe. Chiaramente, le tecniche d’impostazione, pur partendo da una base classica che è quella che ti consente una maggiore longevità vocale, prevedono variazioni stilistiche e di postura diverse a seconda del genere prescelto.
Dall’osservatorio della tua professione di formatrice, che impressione hai sulle nuove generazioni dal punto di vista del talento e della predisposizione allo studio del canto?
Sicuramente le nuove generazioni sono più talentuose di quelle passate. Oggi le famiglie investono fin dall’infanzia sulla formazione musicale dei loro figli (alcuni con predisposizioni spiccate, altri meno). Ma solo durante il percorso si comprende chi andrà avanti facendo della musica il suo mestiere e chi continuerà a cantare per hobby. Purtroppo ciò che mi rammarica è vedere che pochi hanno davvero la grande disciplina mentale e lavorativa richiesta nello studio del canto, il senso del sacrificio e delle privazioni richieste. Il talentuoso, nato per diventare un cantante, fa sempre storia a parte.
So che non ami fare favoritismi, ma si sentono grandi cose su di un tuo allievo…
È vero… ogni alunno è come un figlio per me, con un percorso tutto suo e peculiarità uniche che lo contraddistinguono dai compagni. Tuttavia c’è un giovane talento siracusano, Salvo Caccamo, 17 anni, che sta ottenendo diversi riconoscimenti in giro per l’Italia. Salvo studia con me da circa 4 anni ed è l’esempio di come una buona disciplina musicale mista ad un’educazione altrettanto esemplare possano dare grandi risultati. Il suo timbro caldo e vellutato, frutto di un grande ascolto tecnico unito ad esercizi metodici e misurati, oltre ad un’espressività spiccata, lo contraddistingue fra tanti giovani della sua età… e non solo. Ha appena superato le prime selezioni del talent televisivo Amici e lo vedremo presto impegnato nel prossimo step di selezioni. Per cui, un grande in bocca al lupo per Salvo!
La tua terra sembra particolarmente dedita alla musica. È un’impressione giusta?
Siracusa, come in generale tutta la Sicilia, è in effetti una terra fertile da punto di vista musicale. Troviamo molti siciliani che si sono fortemente distinti in giro per il mondo nei vari settori musicali: dal tenore Salvatore Fisichella per la lirica (che per altro, è stato il mio maestro!) una delle voci più apprezzate a livello internazionale, a Vincenzo Bellini, che ci ha lasciato un’eredità operistica di altissimo spessore, per citare in seguito, Rosa Balistreri relativamente alla musica popolare, Giuni Russo per la musica pop sperimentale, Franco Battiato per quella cantautorale. L’elenco diventa effettivamente molto importante e difficile da contenere.
Parlando di territorio, tu sei molto legata alle tue origini, però quando hai dovuto decidere dove studiare, hai scelto di guardare fuori regione. Come mai?
La mia scelta di conservatorio è ricaduta sulla Calabria, prima a Reggio poi a Vibo Valentia dove ho completato il mio percorso presso il conservatorio di Stato “Fausto Torrefranca”. Si è trattato probabilmente di una scelta dovuta al desiderio di realizzare i miei studi “oltre lo stretto”. Non avevo una meta precisa: mi affascinava sì l’idea di viaggiare, ma soprattutto volevo percorrere la mia strada, un percorso che fosse veramente mio, senza tappe troppo scontate, troppo comode o troppo facili.
Sempre a proposito di territorio, come sono gli spazi a Siracusa per chi vuole fare arte e cultura?
Purtroppo il territorio siracusano non ha spazi adeguati per realizzare concerti di piccole o grandi proporzioni. Abbiamo uno splendido teatro greco ed è stato da poco riaperto il teatro comunale, ma purtroppo le amministrazioni locali non consentono l’utilizzo delle stesse strutture se non per eventi sporadici concentrati in un periodo molto stretto, 2-3 mesi in tutto l’anno. La mancanza di sale da concerto, di piccoli teatri e soprattutto la mancanza di un desiderio reale e concreto delle amministrazioni locali di investire nella cultura e nelle risorse musicali del nostro territorio, costringe noi artisti ad esporci in prima persona, investendo economicamente per realizzare i nostri progetti ed utilizzando spesso strutture private, che vengono riadattate in base all’evento, oppure spazi pubblici all’aperto, che – per l’occasione e con molto impegno – si trasformano in piccoli anfiteatri. Continuiamo a sperare …
Chi ti sente e ti vede cantare dal vivo trae subito l’impressione che sia quella la tua reale vocazione. Chi ti vede lavorare con i tuoi allievi ha però l’impressione che l’insegnamento non sia affatto un ripiego per te. Chi dice la verità?
Entrambi non sbagliano! Nasco come cantante e questa è la mia propensione naturale, oltre che la mia passione, ma l’insegnamento fa altrettanto parte di me, in modo più remoto ma pur sempre profondo e totale. La mia predisposizione al lavoro didattico-musicale verso i ragazzi risale sempre alla mia infanzia, durante la quale sentivo il bisogno di contagiare i miei coetanei coinvolgendoli in canti corali che “dirigevo” all’interno di un circuito ludico, qualcosa che potremmo definire “gioco-canzone”. Poi in età adulta ho scoperto che riuscivo a trasmettere con naturalezza ai ragazzi ciò che avevo appreso negli anni, in termini tecnici ma anche per quanto riguarda la passione con cui vivo il canto. Le loro piccole e grandi conquiste tecniche, ogni loro traguardo conseguito, diventavano per me fonte di gioia.
Parliamo ora della cantante Tiziana Ambrogio. Abbiamo detto della tua formazione nel canto lirico, ma il tuo profilo artistico è quello di una vocalist eclettica e completa. Ci illustri i vari “colori” della tua vocalità?
Certamente! Sono un soprano lirico di coloratura, ossia un soprano virtuoso/brillante di agilità. La mia tessitura vocale, unita agli studi compiuti ed al gusto musicale, mi hanno portata ad esibirmi spesso in diversi generi musicali, anche assolutamente diversi tra loro. Dalla lirica al blues, dal gospel al soul ed al jazz, dalla musica pop al canto polifonico….ed ancora country, funky, bossa nova, musica sacra e tango argentino! Ogni genere che ho eseguito ha alle sue spalle il dovuto studio stilistico-tecnico. Non mi sono mai avventurata nella “mera” improvvisazione senza un approccio misurato e rispettoso; sempre sostenuto tanta passione e dedizione.
Tra i tanti generi che interpreti, il tango sembra rappresentare una passione speciale, quasi una affinità elettiva. È un’impressione corretta?
Esattamente! Dopo aver percorso vari “territori” vocali ho trovato nel tango argentino la mia profonda essenza, la parte più pura e reale di me. Quando canto il tango argentino è come se tutti i pezzetti della mia anima, anche quelli difficili da comprendere o più sfuggenti, coincidessero perfettamente, come i tasselli di un mosaico. In quel momento, la visione di Tiziana Ambrogio cantante e donna diventa più chiara!
Hai vinto diversi premi e ricevuto tanti riconoscimenti, ma se tu potessi scegliere, quale è stata fin qui la tua soddisfazione artistica più grande?
Tutto è stato importante! Dal Premio Sicilia “Il Paladino” per la lirica ottenuto nel 2015 al premio della critica ricevuto al MEI di Faenza nel 2010 (per una composizione etno-sperimentale in duo voce-lira egiziana). E, procedendo a ritroso, come dimenticare i concerti con Teddy Reno e Rita Pavone nella mia adolescenza, dove mi muovevo in veste di giovanissima cantautrice, oppure l’esibizione in quintetto vocale con Neck ed Anna Oxa sullo stesso palco? Credo però che la soddisfazione più autentica sia legata alla relazione umana stabilita con il pubblico, con le persone semplici. Parlo degli occhi lucidi di chi mi raggiunge a fine concerto per condividere con me le emozioni ancora intatte. Parlo di sorrisi, di parole, di confidenze, di speranze. È una soddisfazione impagabile ascoltare le sensazioni suscitate in chi mi ha appena ascoltato: c’è chi si è sentito improvvisamente felice anche se veniva da una giornata difficile, oppure chi ha scoperto dentro sé il desiderio di cantare e di intraprendere un percorso di studio. Forse sono un’inguaribile romantica, ma quando il cuore delle persone pure si apre davanti ai miei occhi come fa un fiore alla luce del sole, la cosa mi commuove sempre, immancabilmente!
Osservando l’insieme delle tue attività, si direbbe che al centro del tuo interesse ci sia la voce intesa come strumento. In passato hai creato e svolto workshop e seminari incentrati sulle tecniche necessarie per sviluppare il suono nella maniera più efficace. Puoi dirci qualcosa a riguardo?
Ho sviluppato e tenuto workshop e seminari in diversi contesti, dalla Sicilia al Piemonte, ma non è stato un viaggio soltanto fisico, perché mi ha permesso di spaziare tra gli ambiti più diversi del mio bagaglio culturale. “La maschera felice” e “I sing the body electric” sono due esempi di workshop/seminario in cui si fondono la mia esperienza artistica e quella pedagogica. In entrambi i casi si tratta di un percorso di studio che mira ad un risultato preciso: scoprire l’uso dell’intera muscolatura a favore di una corretta emissione vocale in maschera. Ho potuto lavorare con ragazzi di varie età, utilizzando una metodologia innovativa per sviluppare una corretta impostazione vocale, con esempi di immediata comprensione. Si tratta di percorsi non settoriali, perché si rivolgono a tutti coloro che svolgono un’attività in cui l’uso della voce è in primo piano: cantanti ma anche insegnanti, radiocronisti, speaker, attori. Su questo punto, la cosa per me più importante da comunicare qui è che non esistono segreti e non esistono scorciatoie. Molto spesso, un’informazione mediatica errata può portare a pericolose semplificazioni, incoraggiando un atteggiamento autodidatta che può solo danneggiare chi è sprovvisto degli strumenti che si apprendono con solo con la presenza di un maestro. Per cui, prima ancora di parlare della mia metodologia didattica, il primo consiglio che voglio dare a chi si accinge a studiare è questo: affidarsi ad un buon maestro. E riguardo a questo, mi permetto un consiglio ulteriore: diffidate sempre di un maestro o di una maestra che non fa esempi vocali in voce (ma solo in sordina)! Dei teorici – purtroppo – è pieno il mondo…
L’uso corretto della voce è diventato un tema di attualità. Penso a casi recenti che hanno coinvolto star conosciute dal vasto pubblico come Ligabue – che lo scorso anno ha dovuto fermarsi a lungo per sottoporsi ad un’operazione – o a Bono Vox che ha “perso la voce” durante l’ultimo concerto degli U2 a Berlino lo scorso settembre…
È difficile dire qualcosa di preciso, anche perché ogni caso fa storia a sé. Il caso di Bono colpisce particolarmente perché il problema si è verificato dal vivo, mentre l’artista stava eseguendo una performance davanti ad un pubblico oceanico. L’unica cosa che posso dire è che non credo si sia trattato di uno strappo alle corde vocali, perché la voce non è venuta a mancare improvvisamente, anzi Bono è riuscito anche a parlare, per scusarsi e chiedere una sospensione del concerto. Piuttosto, entrambi i casi – tramite il loro clamore – ci confermano una volta di più che la voce è uno strumento delicato e mai acquisito, anche per per gli artisti più esperti ed affermati.
La voce è uno strumento di spettacolo che cerchi di esplorare a 360 gradi. Ad esempio, all’interno dei tuoi concerti crei spesso degli intermezzi recitativi.
Si è vero, amo molto la sperimentazione vocale, esplorare quei veri e propri “salti acrobatici” che una voce può fare. E non è una metafora: spesso mi sono avventurata in vere e proprie acrobazie, come quando ho compiuto esercizi sotto sforzo fisico, eseguendo emissioni vocali su due ottave alla volta, in posizioni da “artista circense”. Era un test mirato a mettere alla prova la validità della mia tecnica. Anche il teatro è nel mio cuore e nel mio piccolo cerco sempre di inserire qualche parte recitata all’interno dei miei spettacoli. È uno spazio raccolto in cui la parola serve ad aprire un altro lato della mia interiorità, più nascosto o forse solo meno immediato.
C’è una componente recitativa quando si interpreta una canzone?
La componente espressivo-recitativa è fondamentale anche nel canto. Io ritengo che buona parte di questa qualità sia innata, ma con lo studio si può lavorare sulla parte residua. Anzi, si deve. Solo in questo modo si può ottenere una performance finale di alto livello e raggiungere l’emotività di chi ci ascolta: se fossimo solo tecnica sul palco avremmo perso il valore dell’essere cantante. Tuttavia, il lavoro sull’interpretazione non dev’essere fine a se stesso, altrimenti diventa un escamotage per fuggire dai “doveri” del cantante. Personalmente, ho sviluppato una mia teoria in merito ai bravi interpreti: spesso quelli migliori e capaci di trasmettere emozioni sono coloro cui la vita ha riservato non pochi dolori. Ma ripeto, questo è solo il mio pensiero, basato su quanto sono riuscita a percepire intorno a me.
Quanto è importante per un cantante avere una alimentazione controllata?
Direi che è fondamentale! Anche se alcune abitudini possono essere assolutamente personali. Di norma è preferibile avere un’alimentazione equilibrata e leggera prima di cantare, escludendo i cibi altamente banditi. Tuttavia ho conosciuto colleghi che sono in grado di ingozzarsi di formaggi e cioccolata prima di cantare come se avessero bevuto un bicchier d’acqua!
Quanto sono importanti per la voce il recupero ed il riposo?
Come dico sempre, il sonno è sacro! Fa parte delle buone e sane abitudini del cantante riposare bene, soprattutto se nelle ore diurne si lavora tanto con la voce.
Per concludere, uno sguardo al futuro. Cosa ti aspetti dalla stagione 2018-2019?
È appena iniziato il nuovo anno accademico: un’altra avventura appassionante ed impegnativa da vivere insieme ai miei allievi, quelli di Euthalia e quelli dell’MMI (l’accademia presso cui insegno, oltre al mio studio d’arte). Parallelamente sto lavorando alla realizzazione di concerti e spettacoli che sogno di portare anche fuori regione assieme ai miei workshop. Infine, ho appena attivato una collaborazione interessantissima qui sul territorio siracusano per allargare l’offerta di percorsi creativi a favore di giovani e giovanissimi (ma non solo). Per questo motivo, ho fondato l’associazione “Cassiopea”, il punto di partenza di un percorso che mira ad un concetto flessibile di arte e di cultura. Una academy in senso moderno, che sappia spaziare dal canto alla danza ed alla recitazione, ma anche un punto di riferimento per tutta la cittadinanza, grazie all’offerta di servizi non solo artistici (dal settore linguistico alla consulenza legale, alla mediazione interculturale). Il mio obiettivo è quello di creare un team di professionisti irreprensibili per assicurare un servizio di qualità assoluta in ognuno dei tanti settori coperti dall’associazione, una squadra di specialisti aperti alla collaborazione reciproca ed all’ascolto delle esigenze specifiche che giungono dalle diverse persone che si rivolgeranno a noi in cerca di aiuto e di assistenza. Si tratta di un progetto ambizioso, che sta già muovendo i primi passi e che condurrò con l’energia e l’entusiasmo di sempre…
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I primi allievi dello studio d’arte Euthalia iniziano ad arrivare alla spicciolata per le lezioni pomeridiane. Ringraziamo e salutiamo Tiziana Ambrogio per l’accoglienza e per questo lungo viaggio percorso tra i meccanismi segreti della voce.