Il pubblico accorso all’acclamato spettacolo diretto da Jurij Ferrini in scena alle Fonderie Limone di Moncalieri può essersi aspettato due cose: un’ottimo impianto scenico e una superba interpretazione. Premettendo che per l’ingranaggio registico messo in moto da Ferrini non si può assolutamente parlare di mancanze, va tuttavia notato un certo peso dell’interpretazione attoriale sulla bilancia che la contrappone alla meraviglia scenica.
Le luci quasi immobili (Gian Andrea Francescutti) che ravvivano una scenografia minimale (Gaia Moltedo) possono sembrare un passo indietro rispetto ai fasti a cui ci ha abituato il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale; ma né critica né pubblico possono dubitare della buona fede di una regia che in tal modo pone tutti i riflettori sul testo, il Cyrano scritto da Edmond Rostand e tradotto e adattato dallo stesso Ferrini.
L’ingresso dei molti interpreti (Angelo Tronca, Matteo Alì, Lorenzo Bartoli, Cecilia Bozzolini, Francesco Gargiulo, Federico Palumeri, Elia Tapognani) è regolato dai tempi perfetti dell’ironia drammaturgica, entro un meccanismo che riporta il teatro alla sua epoca d’oro – priva di effetti speciali e meraviglie visive. L’unica, grande meraviglia che Cyrano regala al pubblico risiede nella sua storia struggente, elemento a sé sufficiente per farne un ottimo spettacolo.
A farne un capolavoro, invece, sono gli accorgimenti che il regista Ferrini applica anzitutto al personaggio Cyrano/Ferrini: come l’illuminazione e la scenografia, anche il famoso e infame naso di Cyrano è un appendice palesemente finta, un pretesto esplicito perché il suo proprietario possa attaccare briga. L’assenza di qualunque pretesa di naturalismo riecheggia la donchisciottesca battaglia di Cyrano contro l’apparenza (giudichereste il valore e il coraggio di un uomo dal suo aspetto?).
La suscettibilità del nostro eroe è legata a doppio filo con la sua volontà di provocare: di questa tensione opposta si caratterizza l’amore verbale per la cugina Rossana (Rebecca Rossetti), attraverso il corpo del bel Cristiano (Raffaele Musella). Da questa stessa tensione si produce il matrimonio improbabile tra poesia e duello: l’estetica della parola e la difesa a spada tratta dei suoi valori.
Apparirà ora chiaro come un classico come il Cyrano non necessiti dell’abbaglio scenografico per catturare la platea. In controtendenza rispetto all’uso massiccio e talvolta smodato delle tecnologie più all’avanguardia nella costruzione scenica, Ferrini preferisce il minimalismo, inducendo gli spettatori a non soffermarsi sull’aspetto estetico della sua creazione, ma di assaporare la poesia che da sotto quel naso ingombrante viene pronunciata.
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Cyrano de Bergerac
di Edmond Rostand
traduzione, adattamento e Jurij Ferrini
con Jurij Ferrini, Rebecca Rossetti, Raffaele Musella, Angelo Tronca, Matteo Alì, Lorenzo Bartoli, Cecilia Bozzolini, Francesco Gargiulo, Federico Palumeri, Elia Tapognani
scene e costumi Gaia Moltedo
suono e luci Gian Andrea Francescutti
produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale