In una Milano avvolta dal gelido manto invernale si potrebbe leggere della sottile ironia nella scelta, ovviamente non voluta e non prevedibile, del titolo schubertiano dei Lieder del ciclo Winterreise (Viaggio d’inverno).
A dispetto del freddo, una Scala gremita, come si confà al primo appuntamento di una nuova produzione, ancor più se in assoluta mondiale come in questo caso, ha assistito ad una prima nella prima: la prima creazione del coreografo albanese per il corpo della Scala, già di per sé cosa rara per Preljocaj, per la prima in forma di balletto di un’opera pensata più per la musica da camera che per le musiche di scena.
Il ciclo del Winterreise rappresenta quel tipo di perfezione, testuale e musicale, raggiunta soprattutto negli autori romantici (e in particolar modo tedeschi), iconicamente rappresentato in un ambiente salottiero, tutti attorno al duo voce-pianoforte, protagonisti della storia.
L’aggiunta dell’impatto visivo del balletto, come in altri progetti legati alla musica da camera pensati dal sovrintendente Pereira, è una scommessa intrigante in quanto potrebbe schiudere molte porte considerate ormai chiuse della musica classica ma è al contempo un rischioso tentativo di dare vita ad un organismo dalle tre ingombranti personalità ovvero il rischio a fasi alterne di trovare soggiogata una delle tre anime (musicale, testuale e visiva) dalle rimanenti due.
Se l’anima musicale, impersonificata dal pianoforte del primo accompagnatore pianistico del Teatro, James Vaughan, è sembrata al servizio della rappresentazione senza per questo togliere quella dose di partecipazione sentimentale necessaria al repertorio, l’anima testuale ne è risultata sacrificata.
Il giovane Thomas Tatzl all’esordio in Scala è sembrato costantemente ingabbiato in una interpretazione basata su dettami ritmico-temporali prettamente pratici costringendolo ad una interpretazione poco personalizzata e imprecisa vocalmente.
Indubbiamente la scelta della versione cameristica del ciclo (anche se in originale sarebbe per tenore) rispetto ad una versione orchestrata ha restituito una versione più intimistica, più vicina all’ideale della musica da camera, in cui i silenzi di interruzione fra i Lied erano un momento di raccoglimento per il pubblico e di respiro fra un quadro e un altro.
Le scelte del coreografo (l’anima visiva), spesso distante dal testo cantato salvo alcune eccezioni didascaliche come nella discesa dei tre soli in Die Nebensonnen, muovono tredici danzatori in un continuo alternarsi di duo, trio ed insiemi che inspessiscono la bidimensionalità del Lied. Nessuno è protagonista ma ognuno di loro incarna una sfaccettatura del viandante schubertiano.
Scelta fortemente voluta dal coreografo che ha invitato tutti a imparare ogni singola coreografia per poi scegliere chi maggiormente ne rappresentasse il respiro.
Eleganti le scene e le luci che ben inserivano l’intera idea artistica in quella visione registica moderna fatta di essenzialità e monocromaticità bianco e nero con pochi, ben focali, momenti di colore, in un crescendo cromatico.
La recita, preceduta da una anteprima il 23 gennaio dal forte messaggio sociale a favore della Fondazione Francesca Rava-Nph Italia Onlus per l’ospedale pediatrico di Saint Damien in Haiti si è conclusa fra i prolungati applausi per la compagnia e per il coreografo, omaggiato a lunghe riprese.
Doveroso minuto di raccoglimento ad inizio spettacolo per la scomparsa di Roberto Fascilla, prima allievo e poi fra i massimi interpreti in Scala dal 1953 al 1979.
Uscendo il pubblico si intabarra bene nel personale viaggio d’inverno verso casa.
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Giovedì 24 gennaio, Teatro alla Scala, Milano
Winterreise
Coreografo | Angelin Preljocaj
Musica | Franz Schubert
Scene | Constance Guisset
Costumi | Angelin Preljocaj
Luci | Eric Soyer
Corpo di Ballo del Teatro Alla Scala
Direttore | Frédéric Olivieri
Basso Baritono | Thomas Tatzl
Pianoforte | James Vaughan