Nella vita di ciascuno non c’è amore più grande di una madre per il proprio figlio. E nella vita di ciascuno può capitare che ci s’imbatta di fronte ad una madre il cui figlio abbia perduto e che non potendovi rinunciare faccia di tutto per immaginarlo accanto a sé, nonostante la vita per un motivo o per un altro glielo abbia tolto. Ne “La vita che ti diedi” Luigi Pirandello scava nell’animo di questa donna addolorata. Lo fa in modo profondo sul palcoscenico del Teatro del Grillo di Soverato grazie alla magistrale interpretazione di Caterina Costantini (donna Anna Laura) – che riveste anche il doppio ruolo di regista – per un dramma che la protagonista quasi incarna di fronte ad un figlio che non c’è più. La sua recitazione è struggente e “comunica il pathos del personaggio non solo con l’emotività del dialogo, ma anche con l’espressione dello sguardo che sembra raggiungere lo spettatore e la sua sensibilità. Immersa nel suo “lucido delirio”, come lo definisce l’autore stesso, cerca disperatamente di mantenere il figlio in vita, oltre il limite della ragione, della realtà. Il suo amore per Fulvio è patologico, ossessivo, il figlio fuggiasco che si allontana da lei sette anni per recidere quell’amore incestuoso. E lui per voler esorcizzare ciò rivive quella passione con un’altra donna, ovviamente madre”. Anna Luna non vede il proprio figlio da sette anni, ma durante quel lungo periodo d’assenza è sempre stato “vivo” e presente per lei che lo ha fatto vivere nella sua fantasia, inventandosi, giorno dopo giorno, un’immagine di lui vicina al ricordo del giorno dell’abbandono. Il dolore di Donna Anna s’intreccia con quello dell’amante del figlio, che da lui aspetta un bambino. La morte e la vita del grembo uniscono le due donne fino a quando la nuova vita non dissipa la follia rendendo la protagonista conscia che quel decesso non può avere più misteri, né vita. E con il figlio, muore anche lei”.
Indubbiamente bravissima non poteva non essere pure la co-protagonista una grande Lorenza Guerrieri. Nondimeno sono stati gli altri interpreti: Lucia Ricalzone, Dario Ettorre, Maddalena Rizzi, Maria Cristina Gionta e Vita Rosati applauditissimi dal pubblico del teatro soveratese, pubblico al quale Caterina Costantini ha rivolto un saluto spiegando che lo spettacolo nasce per esorcizzare il dramma vissuto dalla sorella con la morte del figlio e quindi del nipote dell’attrice. Ha poi ringraziato il direttore, Claudio Rombolà, per aver avuto la sensibilità di includere nella stagione teatrale questo dramma di non facile interpretazione, forse tra i più difficili nel panorama drammaturgico italiano.