Robert Carsen debutta al Teatro dell’Opera di Roma con Orfeo ed Euridice, il capolavoro di Christoph Willibald Gluck, in scena dal 15 al 22 marzo, realizzato in coproduzione con Théâtre des Champs-Elysées, Château de Versailles Spectacles e Canadian Opera Company.
Sul podio, il maestro Gianluca Capuano, specialista del repertorio del Settecento, al debutto romano.
L’opera di Gluck su libretto di Ranieri de’ Calzabigi che racconta il mito di Orfeo e del suo amore per Euridice, è di certo uno dei titoli più interessanti della stagione del Costanzi, assente sulla scena romana dal 1968.
“Sono 51 anni che Orfeo mancava in questo teatro e molti dei nostri spettatori non hanno avuto possibilità di vederlo – ricorda il Sovrintendente del Teatro, Carlo Fuortes – questa coproduzione è bellissima, l’Orfeo segna l’inizio della riforma di Gluck che riduce ogni orpello inutile con un musica molto moderna e asciutta, in perfetta linea con il teatro di Carsen”.
E il regista canadese, uno dei nomi più importanti del teatro internazionale, tornerà al Costanzi in novembre anche per una nuova coproduzione dell’Idomeneo di Mozart.
“Con Orfeo ed Euridice cambia per sempre il modo di comporre le opere, si focalizza interamente ed esclusivamente sulle due cose che definiscono le nostre vite: amore e morte” esordisce Carsen che ha scelto di mettere in scena proprio l’opera segna di fatto l’avvio della riforma gluckiana.
Pur coniugando nell’azione teatrale la mitologia del soggetto con cori e danze, Gluck e il librettista si proponevano di semplificare al massimo l’azione drammatica concentrandosi solo sui personaggi: in scena resta tutta la vicenda tragica e intima del protagonista, cantore ed eroe culturale che affronta la sua disperazione per la morte della sua Euridice, che pensa al suicidio e poi riesce a scendere negli inferi per incontrare nuovamente la donna da lui amata.
“Sono rare le opere che trattano il dramma con tale essenzialità come Orfeo ed Euridice – continua il regista – Gluck voleva eliminare gli eccessi del teatro lirico della sua epoca e voleva concentrare l’azione raccontandola in modo essenziale, eliminando l’ego dei cantanti o i costumi troppo importanti. E il modo in cui Gluck e il suo librettista hanno lavorato sui personaggi è asciutto e incredibile”.
L’Orfeo però ebbe diverse versioni: alla prima versione viennese del 1762 (al debutto al Burgtheater di Vienna il 5 ottobre dello stesso), seguì 12 anni più tardi la versione francese profondamente rivista dal compositore, “più lunga e con un forte impulso coreografico” ricorda Carsen: l’opera fu fortemente rimaneggiata per adeguarla allo stile musicale di Parigi con il libretto originale tradotto in francese e ampliato, affidato a Pierre Louis Moline, una nuova ricca orchestrazione pensata per l’Opéra con ampliamento della musica e l’aggiunta di nuove danze e una terza per Parma, in occasione delle feste apollinee.
Carsen però si concentra sull’originale versione viennese, più spoglia ed essenziale, ma raffinatissima.
“La versione viennese è più semplice e io volevo fare qualcosa di incentrato sul dramma – spiega il regista – Non ci sono ballerini, l’azione viene proposta in modo asciutto. Abbiamo provato a puntare sulla semplicità eliminando tutto quello che sarebbe stato estraneo al dramma, senza distrarre il pubblico con cambi di scena non necessario o costumi vistosi”.
Anche l’allestimento è minimalista: Carsen cura le luci insieme a Peter Van Praet, affida le scene e i costumi a Tobias Hoheisel per una messinscena dal sapore intimista che indaga sul mito, l’arte, ma soprattutto un nuovo connubio fra eros e tahantos.
“Nella storia eros e thanatos vengono rappresenti per la prima volta in modo completamente nuovo: la prima che Orfeo perde Euridice, non è per colpa sua, ma la seconda volta è a causa del suo troppo amore – spiega Carsen – quindi Amor vincit omnia e l’opera segna il trionfo dell’amore sulla morte e anche se non si tratta di un’opera morale, ci insegna che dobbiamo imparare ad accettare anche la morte. Orfeo siamo tutti tutti noi e opere degenere ci aiutano a capirlo”.
Sul podio romano, il maestro Gianluca Capuano, già ospite al Festival di Salisburgo, al debutto al Costanzi entusiasta per l’opera di Gluck, di repertorio nei teatri europei, meno in quelli italiani.
“L’Orfeo ha rivoluzionato la storia del melodramma. Banditi gli infiniti recitativi secchi e grandi arie con da capo i capricci dei cantanti. L’orchestra, il coro e i balletti – spiega Capuano – tutto è al servizio del dramma che si rappresenta in scena”.
“È sempre stata variabile però l’interpretazione della musica del Settecento perché “ci sono poche indicazioni ed è sempre necessario integrare” ricorda Capuano “anche se da almeno 50 anni esiste una vague che vuole individuare una verosimiglianza legata alla prassi esecutiva e agli strumenti, non certo riproporre l’originale. La difficoltà consiste nel ricostruire un lessico che è perduto che non ha una grammatica perché non esiste un codice interpretativo e potrebbero esserci delle intenzioni diverse da parte del compositore”.
Resta poi da affrontare la sostituzione dei castrati protagonisti del grande repertorio del melodramma del Settecento.
“È sempre molto difficile fare l’opera barocca in teatro, ma Gluck è diverso. Abbiamo la fortuna di poter avere degli artisti che possono essere perfettamente in parte – sottolinea Alessio Vlad, direttore artistico del Costanzi – e abbiamo cercato una voce importante che non si perdesse in uno spazio grande”.
In scena il controtenore Carlo Vistoli nel ruolo di Orfeo, Mariangela Sicilia nel ruolo di Euridice, Emőke Baráth che interpreta Amore, il Coro diretto da Roberto Gabbiani. Torna la Lezione di opera dedicata all’Orfeo ed Euridice di Gluck tenuta dal maestro Giovanni Bietti, 11 marzo, Costanzi alle ore 20 (prezzo del biglietto 8 euro).
“L’arte ha un rapporto speciale con la morte e l’arte può essere un rimedio alla morte, e l’unica cosa che riesce a sopravvivere” conclude Carsen.
Dopo la prima di venerdì 15 aprile (alle 20, trasmessa in diretta su Rai Radio3, anche Euroradio, e l’anteprima giovani di mercoledì 13 (ore 19), l’opera replica domenica 17 (alle 16.30), martedì 19, mercoledì 20, giovedì 21 (alle ore 20), venerdì 22 (alle ore 18). Info su operaroma.it.