Sir John Eliot Gardiner debutta sul podio dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia alla guida dell’orchestra romana e con un doppio appuntamento all’insegna delle sue due anime musicali, il barocco e il romanticismo.
Il direttore d’orchestra inglese, celebre per le sue letture filologiche del repertorio antico su strumenti d’epoca, fondatore del Monteverdi Choir, degli English Baroque Soloists e dell’Orchestre Revolutionnaire et Romantique, è anche un appassionato incursore del repertorio romantico: a Roma debutta stasera, giovedì 14 marzo (ore 19.30, poi in replica venerdì 15 ore 20.30 e sabato 16 ore 18, Sala Santa Cecilia, Auditorium Parco della Musica), in un programma dedicato a Berlioz (in occasione del 150 anni dalla morte e che l’Accademia celebrerà anche con l’inaugurazione del prossimo anno) con Carnevale Romano e Aroldo in Italia, e a Dvořák, con la Sinfonia n. 7.
Ed è pronto a tornare nella Capitale per la Semele di Händel a maggio.
“Ho ascoltato 4 volte l’Orchestra di Santa Cecilia, diretta da Lenny (Bernstein), da Giulini e due volte da Pappano: dirigerla è una gioia – racconta sir Gardiner in un italiano semplicemente impeccabile – perché è estremamente flessibile, elastica e risponde perfettamente, suona con passione e con ardore”.
Gardiner omaggia Berlioz con il Carnevale Romano (del 1843) dove il compositore riutilizza molti temi dalla sua precedente opera Benvenuto Cellini, ricreando l’atmosfera vivace e popolare del Carnevale che aveva vissuto personalmente e con l’Aroldo in Italia (del 1840), sinfonia concertante per viola in quattro quadri dedicata al Belpaese che gli era stata commissionata da Paganini per la sua viola Stradivari, ma rifiutata perché ritenuta fin troppo poco solistica per il suo strumento. Almeno all’inizio.
Solista d’eccezione il violista Antoine Tamestit che interpreta lo spirito romantico di Aroldo con la sua viola Stradivari, ma che si è cimentato con estrema disponibilità a suonare la preziosa viola Tecchler, acquisita nella collezione di strumenti antichi dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nel 1890 e legata proprio a un aneddoto su Paganini che la suonò al Teatro Apollo di Roma in occasione della prima di Matilde di Shabran di Rossini sostituendo il cornista, colto da malore improvviso.
“Berlioz ha un ricchissimo timbro del colore, secondo Boulez ha inventato la prospettiva in musica e ogni pezzo è un pezzo teatrale – prosegue Gardiner – L’Aroldo è una sinfonia drammatica senza parole ed ecco perché chiedo ad Antoine di camminare e di valorizzare il dialogo con il resto dell’orchestra per rendere più divertente e animato il racconto degli aneddoti e non restare al centro come un solista”.
Per Tamestit, impegnato in stagione in diversi appuntamenti con Gardiner e i suoi ensemble, l’incontro con il direttore inglese, è stato un momento di svolta.
“Fino al 2015 avevo problemi con Aroldo – ammette il musicista – io mi sentivo un violista francese, ma c’era qualcosa che non funzionava con il personaggio, ma l’incontro con Gardiner mi ha consentito di riscoprire in personaggio in tutta la sua varietà, nella caratterizzazione che c’era all’interno dell’opera e sono riuscito a trovare la dimensione e la libertà del personaggio”.
Chiude il programma la Sinfonia n.7 di Dvorak, “un pezzo pieno di colore trasparente – spiega Gardiner – ricco di Brahms e di musica ceca”.
“È la prima volta, ma non ultima che Gardiner dirige a Santa Cecilia – sottolinea il Presidente-Sovrintendente dell’Accademia Michele dall’Ongaro – e mostrerà le sue due anime. Nonostante la predilezione per Monteverdi, vanta tantissime incisioni che vanno da Mozart a Beethoven a Verdi a Stravinskiji”.
Fondatore di due diverse orchestre diverse, barocca e romantica, Gardiner si divide fra le due identità diverse i suoi ensamble che “variano anche in base alla fondazione, ai loro leader, ma che hanno in comune la volontà di esplorare qualsiasi repertorio con lo stesso entusiasmo”.
A maggio Sir Gardiner tornerà sul podio di Santa Cecilia e stavolta alla guida del Monteverdi Choir e dell’English Baroque Soloists per la Semele di Händel (unica data, 8 maggio, Sala Santa Cecilia, ore 20.30), tappa di un progetto itinerante, proposta per la prima volta a Roma in forma integrale.
“L’opera oratorio di Händel, la Semele, è la più sexy mai realizzata – spiega Gardiner – la proporremo in forma semiscenica fruendo di tutte le indicazioni possibili della drammaturgia che si trovano nella partitura. L’orchestra sarà posta al centro e non nella buca, come centro motore di tutta la musica e che interagisce con il cast, formato da talenti emergenti”.
La Semele verrà riproposta a distanza di 40 anni dal disco, punto di riferimento nel esecuzioni del repertorio barocco, perché se è vero che adesso sono tanti gli specialisti in circolazione, è anche vero che Gardiner è stato fra i primi a riscoprire il repertorio antico.
“Monteverdi è un vero genio, in lui c’è una fluidità fra musica e recitativo – commenta il direttore sottolineando come anche il rapporto di Wagner fra musica e testo si ispiri a Monteverdi – c’è sempre una progressione e uno sviluppo della musica e lo stesso anche nell’ultimo Verdi, soprattutto in Falstaff”.
Ma prima di Händel, spazio a Berlioz anche con Spirito classico – Introduzione all’ascolto di Guido Zaccagnini (il 15 marzo alle ore 20,30, biglietti da 10 a 12 euro). Biglietti da 19 a 52 Euro, info 068082058, santacecilia.it.