Un grande successo di pubblico ha salutato la chiusura, al Teatro Olimpico di Roma, della fortunata stagione invernale di Musicanti, il musical prodotto da Sergio De Angelis, per molti anni collaboratore di Pino Daniele, curato nella direzione artistica da Fabio Massimo Colasanti e dal sound engineer storico del cantautore napoletano, Fabrizio Facioni, con la regia di Bruno Oliviero.
Il cast di nove bravissimi interpreti è accompagnato sul palco dalla “Band Resident” formata dai musicisti storici e amici di Pino Daniele, i quali sapientemente eseguono dal vivo una trentina brani, con arrangiamenti originali, che fanno da colonna sonora e s’intrecciano a una storia originale scritta da Alessandra Della Guardia e Urbano Lione.
Musicanti (dall’omonimo album del 1984) racconta di Antonio, un ragazzo che torna da Torino nella sua Napoli per un’eredità lasciatagli dal padre, del quale non ha mai saputo nulla. Egli apprende dal notaio di essere il nuovo proprietario di uno storico locale di musica. Superate le prime resistenze, Antonio incontra l’artista di strada Dummì, la cantante del locale Anna, Donna Concetta, Tatà, che parla a mitraglietta, il femminiello Teresina e altri singolari personaggi carichi di umanità che, tra esilaranti gag ed emozionanti duetti, riescono a convincerlo ad accettare la gestione del locale per sottrarlo alle losche mire speculative dell’uomo di malavita Vincenzo, detto ‘O Scic.
La maggior parte dei brani eseguiti fanno parte della prima produzione dell’artista, contenuta nella celebre trilogia di album pubblicati a cavallo tra i ’70 e gli ’80, gli stessi anni in cui è ambientato il racconto. In quel periodo, infatti, si faceva spazio nel panorama musicale, con una forte carica innovativa, la voce inconfondibile di Pino Daniele, impegnato nella sperimentazione di generi musicali diversi che hanno, quale comune denominatore, il “sound napoletano” che si legava al più noto “black power”, in tutte le sue infinite variazioni e contaminazioni con ritmi blues, rock e jazz.
La mescolanza tra dialetto napoletano e lingua anglosassone, in bilico tra ipocondria e tenerezza, grinta e commozione, prende forma nel ritmo funky di canzoni come “Musica Musica”, “A me me piace ‘o blues”, “I say i’ sto’ ccà”, nella rumba sudamericana di “Appocundria”, “Je so’ pazzo” e di “Nun me scoccià” che si mescola alla tenue ballad di “Alleria”, che richiama il tema caro alla tradizione partenopea, il bisogno di allegria come antidoto alle angustie dell’esistenza. Immancabile, poi, l’omaggio a “Napule è”, il brano composto da Pino appena maggiorenne, diventato anche l’inno della città.
La scenografia imponente che ricorda il presepe dei vicoli di Napoli, fa da sfondo a tre ore di spettacolo che passano tutte d’un fiato, grazie al virtuosismo degli artisti, tra i quali spicca lo straordinario Leandro Amato, nel ruolo di ‘O Scic, che ha infiammato il pubblico sulle note di “Ma che te ne fotte”. Da sottolineare la bravura della band, che ha ricevuto il meritato tributo nei due momenti di jam session che hanno caratterizzato lo spettacolo, un connubio tra teatro e musica che celebra la memoria del grande musicista italiano, tanto legato alla propria terra d’origine quanto internazionale nel suo modo di intendere e creare musica.