Idomeneo, opera giovanile di Wolfgang Amadeus Mozart, fu composta nel 1780 su commissione del principe bavarese Carl Theodor, che la voleva rappresentata alla corte di Monaco in occasione del carnevale. Il libretto e la musica vengono quindi concepiti per essere ricchi di effetti spettacolari, con inserti di danza, cori e un utilizzo del recitativo accompagnato, con il quale Mozart rompe in un certo senso la tradizione dell’opera seria italiana.
Il soggetto aulico riporta ad un mondo immaginifico, in cui personaggi realistici combattono con mostri leggendari, dei e maledizioni, pienamente in linea con il gusto dell’epoca: eppure Mozart compie un passaggio ulteriore, riuscendo a costruire una psicologia per i suoi personaggi, che va di pari passo con lo spartito, un preludio seppur accennato di quello che sarebbe stato il romanticismo.
Tutto questo fa di Idomeneo un capolavoro senza tempo e senza spazio, in cui la genialità si coglie ad ogni battuta, seppure – questo va sempre ricordato – l’opera non sia stata concepita per un teatro buio, con il pubblico in silenzio.
L’impianto immaginato dallo scenografo Volker Hintermeier per questa produzione del Piermarini, consiste in una scena rotante nella quale appaiono una gigantesca testa di toro e il relitto di un’imbarcazione, oltre ad alcuni elementi secondari, che vengono illuminati in modo dinamico grazie al bel disegno luci di Mathias Märker.
Il difetto di queste scene è che, seppur impressionanti e ben concepite, esauriscono il loro effetto di meraviglia in breve tempo, risultando, per tutta la durata dell’opera (oltre 3 ore) una gabbia eccessivamente stretta per le vicende dei personaggi sul palco, nonostante gli inserti dei ballerini e del coro, che pure intervengono in modo interessante e non scontato.
La regia di Matthias Hartmann risulta quindi altrettanto didascalica, seppur non priva di intuizioni degne di nota, come i ballerini solisti che rappresentano la maledizione e il mostro scatenato dal dio Poseidone, in un’allegoria che, anch’essa come le scene, risulta interessante, ma stucchevole quando ripetuta at libitum.
La concertazione di Diego Fasolis è attenta e precisa, rispettando i diversi colori dello spartito il maestro ne ottiene una versione personale ma filologica allo stesso tempo, forse solo eccessivamente attenta ai piano e ai pianissimo e meno ai crescendo drammatici.
Sul palco un cast di tutto rispetto, nel quale spicca soprattutto Federica Lombardi: nonostante qualche problema appena reperibile nei passaggi più difficili, la sua interpretazione ha mostrato grande personalità, un timbro davvero godibile e delle tessiture interessanti.
Bernard Richter è un Idomeneo possente, un po’ troppo concentrato sulla maestà del personaggio e meno sul dramma dell’uomo: un risultato apprezzabile, ma privo di sfumature che ne denotino qualche tipo di ricerca psicologica, oltre al canto pur impeccabile.
Michèle Losier è invece più granuloso, grazie anche ad un timbro ricco di colori, teso tra il dramma del personaggio e una tecnica pressoché impeccabile, come quella di Julia Kleiter, che offre una performance precisa eppure sentita, nelle arie come nei recitativi.
Buona la prova del coro, diretto dal maestro Bruno Casoni. Applausi sentiti a fine recita, da un teatro quasi al completo, in particolare per i protagonisti.