Due Premi Molière, il Premio Laurence Olivier, l’Evening Standard Award, un Tony Award per Art, l’opera che nel 1994 ha spalancato le porte del successo a Yasmina Reza, attrice e autrice francese contemporanea, che ha scritto anche Il Dio della carneficina, rappresentato nei teatri d’oltreoceano e diventato un grande film, Carnage, nelle mani di Polanski uscito nelle sale qualche mese fa. Lo stile di Reza è inconfondibile, così come il suo sguardo sulla società. Una banale divergenza di opinioni può bastare per far cadere le maschere dell’ipocrisia, per far riemergere l’animale che è in noi. In Art l’amicizia di lunga data tra tre uomini finisce per un diverbio nato attorno ad una tela, che “non è bianca” a sentire chi l’ha appena comprata (Alessio Boni). Non è di quest’avviso l’amico (Gigio Alberti) che la disprezza senza troppi giri di parole; mentre è possibilista l’altro amico (Alessandro Haber), conciliatore e pacifico. Tre caratteri inconciliabili, tre modi diversi di intendere la vita e i rapporti. Il segreto dei lavori di Reza sta nella magnetica costruzione delle storie dalla tensione sempre crescente, che vede un inizio in sordina, con protagonisti dai sorrisi tirati in uno sforzo di condivisione, e una progressiva perdita di controllo che libera i peggiori impulsi. Incomprensioni, ostinate prese di posizione, intransigenza, i personaggi di Reza mettono da parte ogni diplomazia alla base del vivere sociale per affermare con violenza se stessi, perché la propria sopravvivenza costituisce il valore supremo. Ciò che si apprezza delle commedie di questa autrice è, soprattutto, la vivace e originale proposizione delle caratteristiche umane con una scrittura semplice ed essenziale di facile presa sul pubblico: la tensione si percepisce, ma tra scambi di battute che generano risate, prima che incredulità; si ride dei paradossi che si vengono a trovare, dei tragici ribaltamenti di posizioni, del ping pong di accuse reciproche. Le coalizioni tra i personaggi cambiano repentinamente in un gioco al massacro in cui nessuno esce vincitore. Il regista Giampiero Solari lascia da parte ogni facile comicità e lascia che l’assurdo risibile scaturisca dalla fisicità dei 3 grandi attori sul palco, Alessio Boni, Gigio Alberti e Alessandro Haber, così diversi nella vita, quanto coesi sul palco.