Uno spettacolo raffinato e cinque tenori in scena. Questo ci ha offerto l’Opera di Francoforte con la nuova messinscena dell’Otello di Rossini, prima tappa del nutrito percorso dedicato in questa stagione al grande pesarese. A differenza dell’Otello di Verdi che lo soppiantò nei favori del pubblico, l’opera di Rossini non ha molto a che vedere con l’originale shakespeariano (Lord Byron se ne lamentò nel 1818 quando assistette a una recita) anche perché il librettista, Francesco Maria Berio Marchese di Salsa, attinse a rifacimenti successivi della tragedia. Per apprezzare questo Dramma per Musica bisogna scordare Shakespeare e concentrarsi sulla tensione della partitura e i moti sentimentali dei protagonisti.
Lo spettacolo di Damiano Michieletto, che debuttò nel 2016 a Vienna, trasporta comunque la vicenda del Moro di Venezia ai nostri tempi. Otello non è un condottiero africano al soldo della Serenissima, ma un ricco businessman arabo che cerca di introdursi nell’alta società veneziana, un impasto di potere politico ed economico. La famiglia del ricco industriale Elmiro Barberigo e quella del Doge sono destinate a imparentarsi col matrimonio dei due rampolli Rodrigo e Desdemona finché non arriva Otello a scompaginare i piani. In questa sorta di Dynasty lagunare, Jago diventa il cugino di Rodrigo ed Emilia la sorellina disinvolta di Desdemona.
La dimensione guerresca scompare dalla tragedia e ci si concentra sulle relazioni psicologiche. La gelosia non è più il motore primo del dramma, ma la paura e la diffidenza per il diverso. All’inizio questo Otello musulmano è accolto con cordialità, anche perché porta ottimi affari, ma appena prova ad avvicinarsi al nucleo di questo microcosmo blindato, osando perfino innamorarsi ricambiato di Desdemona!, diventa persona non grata e viene respinto e schiacciato da un meccanismo spietato di potere e di manipolazione di cui rimane vittima anche la fragile fanciulla. Tutto il dramma si consuma fra le lussuose pareti e arredi di una dimora alto borghese, costruita con cura da Paolo Fantin. Un’ostentazione di potere e ricchezza in cui ci si muove in abiti business e vestiti da sera (costumi di Carla Teti). Al muro spicca il quadro “La morte di Paolo e Francesca” di Gaetano Previati e Desdemona, persa nella disperazione, vede materializzarsi i due sfortunati amanti, portati in scena da due giovani attori.
Michieletto bissa il successo del suo debutto a Francoforte la stagione scorsa con Der ferne Klang di Franz Schreker con una messinscena intelligente e attenta al dettaglio e facendo leva su un cast pregevole e sulla bacchetta di Sesto Quatrini. Il giovane direttore italiano mantiene bene l’equilibrio fra scena e buca, lasciando tutto lo spazio necessario ai cantanti e ai passaggi solistici dell’orchestra (splendidi i legni). Come già accennato, l’Otello di Rossini ha una distribuzione piuttosto particolare delle voci, dovuta alla sovrabbondanza di eccellenti tenori che il compositore aveva a Napoli al momento di scrivere l’opera. E tre tenori coprono i ruoli principali maschili. L’italiano Enea Scala restituisce gli accenti marziali e tormentati di Otello con un timbro scuro e potente. Si fa apprezzare fin dalla cavatina del primo atto per sicurezza e per la perfetta cura del fraseggio. Gli si contrappone il Rodrigo del giovanissimo tenore di grazia Jack Swanson, che fa un debutto fulminante a Francoforte padroneggiando gli acuti squillanti e i virtuosismi della parte. Jago è uno psicopatico con chiare devianze che imperversa per tutta la recita dando il peggio di sé nei duetti e nei pezzi di assieme. Straordinaria la recitazione di Theo Lebow, terzo tenore della serata, che ne veste i panni. A tratti ricorda perfino il Jack Nicholson di Shining. Nino Machaidze è la gran dama della serata rossiniana e ripete il successo che già a Vienna aveva riscosso nel ruolo di Desdemona. Il soprano georgiano riempie la parte della sfortunata giovane con voce luminosa e gesto dolente ed emoziona la platea con la sua interpretazione della Canzone del Salice. Kelsey Lauritano si cala perfettamente nella parte della sorellina Emilia, una fraschetta intrigante che alla fine trionfa e sposa il giovane Rodrigo, accedendo a nobiltà e potere. Thomas Faulkner, unico basso della serata, è un Elmiro cinico e patriarcale che non ha nessuna esitazione a schiacciare i sentimenti della figlia per seguire i suoi fini politico-dinastici. Hans-Jürgen Lazar (il Doge) e Michael Petruccelli (Lucio) sono gli altri due tenori della recita.
Alla fine della recita vivo successo di pubblico e meritati applausi per tutti i protagonisti.