Il nuovo film di Ozon sul caso di pedofilia ecclesiastica che ha sconvolto la Francia nel 2016, premiato al Festival di Berlino, un esempio di sobrietà e antiretorica. Da giovedì 17 ottobre (v.o. sottotitolato italiano – ore 16.30, 19.00 e 21.30) in esclusiva allo Spazio Alfieri il nuovo film del regista François Ozon – Gran Premio della Giuria al Festival di Berlino – Grazie a Dio. Il film riprende il suo titolo dalle parole testuali dell’arcivescovo di Lione, Philippe Barbarin, alla conferenza stampa sul caso di pedofilia ecclesiastica che nel 2016 ha sconvolto l’opinione pubblica francese: “Grazie a Dio tutti questi fatti sono prescritti”.
Interamente basato sulla cronaca vera – come già l’inchiesta di “Spotlight” e lo straziante
documentario di Alex Gibney sugli abusi su bambini sordomuti, “Mea Maxima Culpa – Silenzio nella casa di Dio”- quello di Ozon è un film sorprendente, che rispetta i fatti e i nomi reali degli interessati: per questo in Francia ha rischiato, fino all’ultimo, di non uscire, per l’opposizione dei ‘veri’ protagonisti della vicenda. La sceneggiatura segue, cronologicamente, la genesi del sito “La parole libérée”, che ha dato voce agli ex ragazzi abusati a partire dalla scoperta che il predatore era ancora all’opera, a Lione.
I soggetti narranti e operanti sono le vittime non rassegnate di un sacerdote stimato e benvoluto, padre Bernard Preynat, colpevole ‘solo’ di aver abusato per anni di decine e decine di piccoli boy scout che assisteva. Le vittime ormai adulte, in successione, hanno il coraggio di riportare a galla quell’incubo che trent’anni prima gli ha segnato la vita, scontrandosi con la vergognosa sordità del cardinale Barbarin, che giusto nel marzo di quest’anno è stato condannato in primo grado a sei mesi con la condizionale per “omessa denuncia di maltrattamenti”.
Barbarin ha presentato sette mesi fa le sue dimissioni al Papa, ma non sono state accettate. Mai processato, padre Peyrat è stato comunque espulso dallo stato clericale dal Tribunale Ecclesiastico, almeno non potrà rovinare altri bambini.
“Quello che mi ha sconvolto – dice il regista – è che tutti sapevano, che molte famiglie cattoliche praticanti avevano denunciato i fatti e che per trent’anni quel sacerdote sia stato lasciato al suo posto, a contatto con i bambini, libero di fare quello che dichiaratamente faceva – a suo dire – per malattia”. Quello di Ozon è il film di un laico, di educazione cattolica, ‘per e non contro la Chiesa’, come afferma uno dei personaggi. Ma soprattutto è un film, prodigo di tensioni in crescendo, asciutto, antiretorico, costruito su traiettorie intime che approdano a un senso politico.