Intervista a cura di Il Granchio in Frack
I libri di viaggio sono sempre una fonte d’ispirazione. Se qualcuno ha voluto fermarsi, mettersi seduto ad un tavolo e scrivere la propria esperienza, significa che qualcosa di particolare è accaduto. Ciò che rende vive le pagine di un racconto di questo genere sono: l’entusiasmo dello scrittore e gli interessanti particolari che può cogliere solo chi c’è stato veramente. In questo libro “Destinazione Russia – Una nave e un gatto nella tundra e altri incontri stra-ordinari” ciò che non manca sono proprio le storie vissute con emozione, quelle che ti fanno sentire sulla pelle quel brivido caldo che ti spinge ad andare avanti passo dopo passo, pagina dopo pagina.
– Fabio, quante volte siete andati in Russia?
“Il libro è il risultato di 7 viaggi, piuttosto diversi fra loro. Abbiamo iniziato, ovviamente, da Mosca e Pietroburgo, entrambe città che Roberta conosceva bene per averci studiato e vissuto durante l’Università. Poi non abbiamo resistito alla tentazione di spingerci sempre più lontano in questo sterminato ed affascinante paese. Sono così venuti la Transiberiana, i viaggi oltre il Circolo Polare Artico, la circumnavigazione del Bajkal e la Russia Europea fino a Murmansk”.
– Come cantava Mina nel lontano 1963, “Per quest’anno non cambiare stessa spiaggia stesso mare...” eh già, conosco persone che vanno nello stesso posto ogni hanno da decenni, del resto anch’io da piccolina facevo castelli di sabbia all’ombra dello solito ombrellone sulla solita spiaggia, anno dopo anno dopo anno. Altri tempi dal profumo romantico che ricordo con un pizzico di nostalgia ma, il tuo tornare in Russia non ha nulla a che vedere con la rilassante vacanza a cui siamo soliti pensare è, in realtà, ogni volta un viaggio nel viaggio. È un paese talmente vasto e sconfinato che non riesco ad immaginare quante altre volte Fabio tu possa tornarci ancora, in fondo a forza di esplorare arriverai inevitabilmente così lontano che non potrai fare altro che tornare indietro.
“Daniela c’è ancora moltissimo da vedere nonostante tutti i nostri spostamenti e le curiosità appagate, sopratutto oltre gli Urali si apre un territorio infinito, così ricco di ambienti naturali, città, popoli e culture che, credimi, non basterebbe una vita intera per poter dire che non c’è più nulla da scoprire”.
– Oltre a città delle quali non so pronunciare il nome e paesaggi innevati che sembrano il magico set delle avventure di Frozen, avete raccolto in questo vostro diario anche luoghi dal forte impatto emotivo come Chernobyl ad esempio che, lontano da ogni possibile immaginazione, è diventata negli anni una delle mete turistiche più affollate. Suppongo che più che un luogo da visitare sia un’esperienza, uno schiaffo che apre gli occhi alla consapevolezza. Mi racconti come è andata?
“L’idea è nata in occasione di un viaggio in treno che ci ha portati in Russia partendo da Varsavia e attraversando Bielorussia ed Ucraina. Avevamo qualche perplessità perché temevamo l’effetto “turismo della tragedia” ma, considerando la nostra profonda passione per questo paese, abbiamo pensato che non si potesse tralasciare un luogo che ha avuto così tanta importanza nella storia dell’URSS e del mondo intero. È un’esperienza che può lasciare cicatrici profonde tutto sta nell’affrontare la visita con lo spirito adatto al luogo. Alcuni partecipanti pensavano di essere in un parco giochi spettrale, uno di quelli dietro transenne oltre le quali in pochi osano spingersi. Ma non è un’avventura per temerari o per facce da copertina col cellulare in mano sempre pronti allo scatto, è uno dei luoghi nel mondo dove maggiormente si intuisce la caducità dell’uomo e la sua piccolezza rispetto agli altri esseri viventi”.
– Ad un certo punto del racconto scrivi che i russi si rivolgono alle persone che non conoscono dando del voi e che non è facile convincerli a farsi dare del tu. Si tratta di una forma di rispetto o prendono distanza dal forestiero?
“È una bella domanda, perché mi permette di sfatare uno stereotipo che credo, sia piuttosto diffuso, cioè quello che vede i russi come un popolo chiuso, burbero e sospettoso verso gli stranieri. Al contrario in tutti i nostri viaggi e in ogni tipo di situazione abbiamo trovato persone che arriverei a definire solari, molto aperte, disponibili, curiose e sempre pronte ad interagire. Questo naturalmente soprattutto fuori da Mosca e Pietroburgo, dove l’incontro con stranieri e turisti non è così semplice e continuo come nelle due capitali”.
– La Siberia è una zona della Terra talmente vasta che è difficile non scadere nelle solite banalità tipo “Ma lì cosa ci vai a fare che fanno 80° sotto zero?!” oppure “In Siberia? Vai a camminare nella neve insieme agli orsi?”
“Mi dispiace far crollare il mito del freddo siberiano ma, la Siberia non è la terra dei ghiacci perenni e delle temperature polari a cui in genere si pensa. O, almeno, non è solo quello. Ci sono naturalmente i territori artici, dove davvero il clima può essere terribile e dove l’immensa distesa bianca della tundra ha lo stesso fascino un po’ inspiegabile dei deserti. Ma più a sud, dove si trova la gran parte delle città e dove passa la Transiberiana, la Siberia è la terra della taiga con le sue infinite foreste, dove in primavera ed estate si gira in maglietta, e della steppa che prosegue fino in Mongolia e nelle Repubbliche centroasiatiche”.
– Ho avuto modo di capire dai tuoi racconti che hai una sensibilità particolare riguardo il futuro del mondo, non solo in chiave ecologista ma anche culturale. Raccontare di piccole realtà poco conosciute, come hai fatto tu, aiuta a far capire la loro importanza a livello globale e che la vita dell’uomo è diversa in ogni angolo della terra ma non per questo meno importante.
“Giusto, ci sono villaggi in zone così remote del mondo che anche avendoli davanti agli occhi fai fatica ad accettarne l’esistenza. Gli allevatori di renne Nenets dell’Artico ne sono un chiaro esempio. Da migliaia di anni conducono una vita seminomade nella tundra al seguito delle mandrie, ma da alcuni decenni il loro stile di vita e la loro stessa sopravvivenza come cultura e come popolo sono messe a rischio dallo sfruttamento intensivo delle risorse naturali delle loro terre e dai cambiamenti climatici che stanno sconvolgendo la regione artica. Pensiamo che ciò che sia lontano non valga la pena di essere difeso ma ci sbagliamo perché il mondo si regge sugli equilibri e se un tassello cede, si porta giù con sé tutti gli altri”.
– Uno dei capitoli che mi ha affascinato maggiormente è quello nel quale ci racconti la storia d’amore tra Lyudmila e Andrei, perché tira fuori il lato umano di un mondo sconosciuto, sbattendoci in faccia la vita vera senza le nostre paturnie ridicole di giovani insofferenti. Raccontami di quell’atmosfera di festa durante quell’anniversario decisamente fuori dall’ordinario.
“Tra i mille ricordi della Russia quello della festa d’anniversario per i due provodnikov (impiegati sui vagoni) della Transiberiana, improvvisata a bordo del treno dagli stessi passeggeri, è senz’altro anche per me uno dei più cari e indimenticabili. Due sposi che per anni s’incontrano solo in stazioni e per poco tempo. C’era della magia nell’aria e questo a testimonianza di quanto ti dicevo riguardo al carattere amichevole e spontaneo del popolo russo. È stata una sorpresa anche per noi, un momento di condivisione gioiosa che ci ha lasciato stupefatti e ci ha fatto innamorare ancora di più della Russia”.
– I tuoi racconti mi hanno fatto sorridere, incuriosire, innamorare e riflettere in una sola parola, mi hanno fatto viaggiare, da ferma. I libri hanno anche questo potere, ti mostrano luoghi lontani dal corpo e talvolta dall’immaginazione. Se tu, Fabio, dovessi definire il viaggio, che cosa sarebbe per te?
“Ti eri conservata la domanda più difficile?! Per me, il viaggio è l’incontro. Incrociare vite completamente diverse dalla propria, che vengono da lontano, s’ incontrano per qualche ora o per pochi attimi, e poi tornano a separarsi per sempre ma, quei pochi istanti, lasciano in ciascuno un ricordo che durerà per sempre. Penso ad esempio a Yashik, l’anziano Nenets, alla sciamana Ai-Tchourek, a Lyudmila ed Andrei persone che non incontrerò mai più, ma che resteranno sempre nei mei ricordi, così come sono sicuro che anch’io sono rimasto nei loro. Proprio gli incontri sono l’elemento che, anche tornando più volte nello stesso luogo, renderanno ogni viaggio unico ed irripetibile”.
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