Autore: Luigi Piarandello; lettura drammaturgica di Fabio Grossi
Attori: Leo Gullotta, Liborio Natoli, Rita Abela, Federica Bern, Valentina Gristina, Gaia Lo Vecchio, Marco Guglielmi, Valerio Santi, Sergio Mascherpa
Regia: Fabio Gossi
Scene e costumi: Angela Gallaro Goracci
Musiche: Germano Mazzocchetti
Luci: Umile Vainieri
Produzione: Compagnia Enfi Teatro – Teatro Stabile di Catania
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Pensaci, Giacomino!, scritta da Pirandello nel 1916 in siciliano per l’attore Angelo Musco, debuttò a Roma nel luglio dello stesso anno con grande successo di pubblico e di critica. La pièce rimase nel repertorio del grande attore siciliano più di ogni altro testo pirandelliano e nel 1936 Musco interpretò la parte del protagonista Professor Agostino Toti in un film dal titolo omonimo con la regia di Gennaro Righelli. Nel 1917 Pirandello pubblicò il testo in italiano (la versione originale in realtà era bilingue) e dalla prima italiana del 1920 Pensaci, Giacomino! è diventato un cavallo di battaglia di grandi interpreti della scena italiana come Sergio Tofano, Luigi Almirante, Ernesto Calindri, Salvo Randone, Turi Ferro.
In questa pièce Pirandello costruisce il primo personaggio tipico del suo teatro a venire, incarnazione della poetica dell’umorismo (già espressa nella narrativa maggiore e nel saggio teorico del 1908) e, incontrando il mondo della scena italiana attraverso la frequentazione della compagnia di Musco, inizia il suo percorso drammaturgico (e in seguito registico) di rovesciamento dall’interno delle convenzioni del teatro borghese ottocentesco. Il settantenne Professor Toti, per vendetta nei confronti del Governo che gli ha impedito coi suoi miseri stipendi di formarsi una famiglia, e per spirito altruistico, decide candidamente di sposare la ragazza-madre Lillina di modeste condizioni sociali (è figlia del bidello Cinquemani) e amante del bravo ma scioperato Giacomino. In tal modo il personaggio protagonista da un lato risulta ridicolo per la sua identità esteriore di marito cornuto, ma al contempo è degno da parte del pubblico di una più avvertita comprensione della sua sofferenza intima legata al bisogno di fare da padre adottivo a Lillina, Giacomino e da nonno al loro figlio Ninì. Sottraendo alla rappresentazione del triangolo amoroso una delle sue caratteristiche essenziali nella drammaturgia ottocentesca, e cioè l’ignoranza dell’adulterio da parte di almeno uno dei suoi protagonisti, Pirandello, lasciando che Il Professor Toti con assoluta noncuranza renda pubblico lo “scandaloso” mènage, utilizza quest’ultimo per alimentare la contrapposizione tra il suo anti-eroe ribelle e anticonformista e la mentalità ipocrita e perbenista del piccolo paese di provincia in cui è ambientata la vicenda.
La regia di Fabio Grossi ha rimarcato proprio quest’antagonismo tra l’individuo difensore della vita e dell’autenticità dei sentimenti, e la società borghese e bigotta che cela egoismo e disonestà dietro maschere e ruoli convenzionali, sia inserendo nell’impianto scenografico la costante presenza di grosse sagome raffiguranti i volti stravolti degli anonimi membri della comunità paesana, sia dando rilievo alla presenza scenica del Professor Toti intorno al quale hanno ruotato tutti i personaggi nei numerosi dialoghi a due che si susseguono nella pièce; sagome e personaggi che sono fulmineamente scomparsi dalla scena nel convulso finale allorché Giacomino, finalmente convinto dall’ostinato e indomito Agostino, con Ninì in braccio va a ricongiungersi alla famiglia d’origine, dopo essersi incautamente fidanzato con un’orfana amica della sorella Rosaria.
L’interpretazione di Leo Gullotta del celebre e autobiografico personaggio pirandelliano del Professor Toti, è stata intensa e trascinante senza bisogno di ricorrere a toni accesi e roboanti, e anzi puntando sulla delicatezza dei sentimenti e l’arguta ironia. L’attore siciliano ha saputo rendere con encomiabile economia di mezzi la pacata saggezza e la sottile vena provocatoria dell’anziano protagonista per riuscire poi a rappresentare attraverso un eloquio caloroso e sincero, interrotto a tratti da una sotterranea tensione emotiva, l’intima trepidazione per lo sforzo di salvaguardare il rapporto affettivo tra lui e Lillina e per indurre Giacomino, nel teso e patetico finale, ad una risolutiva crisi di coscienza. Federica Bern ha messo in luce in Lillina l’anima semplice, popolana e appassionata, così come Marco Guglielmi ha dato al personaggio di Giacomino i tratti del ragazzo di buon cuore ma dalla personalità fragile e influenzabile. Liborio Natoli nella parte del Preside ha evidenziato lo schizofrenico dissidio tra la maschera sociale del rigido funzionario e il desiderio frustrato di un autentico e più libero rapporto interpersonale che Il Professor Toti, fuori da ogni etichetta, gli dà modo di sperimentare. Valerio Santi e Rita Abela hanno dato un ritratto grottesco dei coniugi Cinquemani nella loro subordinazione ai codici dell’onore sorda alle ragioni del cuore nei confronti della figlia che sono pronti ad abbandonare pur di evitare ogni pubblico scandalo; mentre Valentina Gristina ha rappresentato l’”egoismo materno” (nei confronti del fratello minore Giacomino) e il cinismo di Rosaria Delisi nei limiti di un’asciutta drammaticità. Gaia Lo Vecchio ha caratterizzato con vivacità e incisività i due personaggi di Rosa, serva in casa Toti, con i tratti dell’energica e risoluta popolana, e di Filomena, serva in casa Delisi, con le comiche movenze dell’estenuata e quasi estraniata vecchia domestica. Sergio Mascherpa ha dato di Padre Landolina un efficace ritratto comico-grottesco evidenziando il suo completo asservimento alla maschera ipocrita e formalista dell’uomo di chiesa pronto a fare da untuoso persuasore così come a fuggire vigliaccamente dalle responsabilità e dal riconoscimento della verità etica.