Teatri di Vetro 13^ edizione, direzione artistica Roberta Nicolai, offre agli spettatori la propria proposta artistica dal 14 al 22 dicembre.
La destinazione è Oscillazioni, al tempo stesso cornice, chiave e meta dell’intero progetto, che propone al Teatro India dal 16 al 22 dicembre una programmazione serrata di spettacoli, performance, congegni scenici, incontri.
Oscillazioni – un claim lungo un triennio – indica il disequilibrio in cui vengono messe le convenzionali posizioni degli spettatori da una parte e degli attori dall’altra, della sala e della scena. L’architettura progettuale, generata da tale obiettivo, si è concretizzata nel far deragliare la creazione restituendola non più soltanto come opera ma anche in una costellazione di eventi minuti, gesti artistici, dispositivi scenici paralleli e difformi che evidenziano e fanno emergere i molteplici livelli della creazione, ponendoli in dialogo con i contesti, sia nelle tematiche che nelle modalità di produzione, includendo i cittadini come produttori di contenuti e attori degli atti performativi, documentando i processi poetici, aprendo al confronto con teorici e studiosi. Il dialogo tra curatela e artisti ha creato le condizioni per “esporre il processo”, ma l’obiettivo non è mostrare qualcosa di incompleto o aprire il back stage, piuttosto creare le condizioni per mettere gli spettatori a contatto con il centro, con quella zona instabile che realmente “muove” la scena.
Paola Bianchi, Qui e Ora, Chiara Frigo, Bartolini/Baronio, Menoventi, Alessandra Cristiani, Teatro Akropolis, Teatro Rebis, Riccardo Guratti, Giovanna Velardi, Carlo Massari/C&C, Giuseppe Vincent Giampino, Massimo Donati, Opera Bianco sono gli artisti invitati alla 13^ edizione.
La tensione verso il reale, la rilettura di fonti, fatti di cronaca, immagini storiche, nodi e crisi della nostra cultura. Dalle immagini dell’archivio retinico di Energheia di Paola Bianchi, alla rilettura di gesti eclatanti che hanno fatto fare un balzo alla storia di Bartolini/Baronio; dallo studio dell’icona di #TRE di Qui e Ora, all’incarnazione in scena del mito di Demetra di Teatro Akropolis, fino alla trasparenza tra i Negri di Genet e i fatti di Macerata di Teatro Rebis; dalla rilettura della morte di Majakovskij e il rapporto tra pensiero scientifico e pensiero umanistico ne L’incidente è chiuso dei Menoventi all’anatomia del corpo esposto, interrogato, al centro di sistemi relazionali delle coreografie della Alessandra Cristiani, di Riccardo Guratti e Giuseppe Vincent Giampino; dal passaggio dalla figurazione all’astrazione della ricerca tra to act, to do e to perform di Opera Bianco, al Dialogo sul monologo L’Alieno di Massimo Donati (NDN), per arrivare a piccoli affreschi di un tempo divenuto crudele come in Carlo Massari/C&C o inceppato, fragile, come in Giovanna Velardi. Questi sono solo alcuni dei temi che emergono e si destrutturano nella tredicesima edizione di Teatri di Vetro all’interno di un impianto progettuale che espone il processo di creazione come valore, il più alto e sensibile, a partire dal quale costruire una nuova relazione con lo spettatore.
Il 14 e 15 dicembre precede la sezione Composizioni che realizza al Teatro del Lido progetti che chiedono il coinvolgimento dei non professionisti e, a seguito di percorsi laboratoriali aprono gli esiti al pubblico. I cittadini sono chiamati a partecipare, a con-porre insieme agli artisti, portando all’interno delle performance non solo il proprio corpo e la propria presenza ma anche temi, segni, parole di cui sono essi stessi autori e che confluiscono all’interno di dispositivi relazionali che gli artisti hanno predisposto per loro. Esti, azione coreografica per danzanti non professionisti di Paola Bianchi, sperimentata in diversi contesti con giovani danzatori, ragazzi del liceo, persone affette da Parkinson, non vedenti, Ballroom di Chiara Frigo, esperienza collettiva in cui persone appartenenti a diverse generazioni si riuniscono per vivere un momento danzante, #Tre iconalab del collettivo Qui e Ora, per la regia di Silvia Gribaudi e Matteo Maffesanti, sono tre progetti in cui le artiste, attraverso laboratori, coinvolgono cittadini, non professionisti, giovani, bambini all’interno della propria ricerca. I materiali generati dall’incontro con le persone nutrono dall’interno il processo di creazione, lo spostano, lo aprono a tematiche inaspettate, lo connettono con il reale, con il quotidiano, con le biografie.
——–
Dare spazio all’inoperosità, far emergere elementi, residui della creazione artistica che il singolo spettacolo non esaurisce; prevedere la presentazione al pubblico di piani sommersi affidati a congegni scenici ibridi; far oscillare i ruoli degli attori e degli spettatori, metterli in un equilibrio instabile attraverso formati scenici che includono i cittadini come parte del gesto artistico e prevedono l’interazione con gli spettatori durante le fasi di creazione; invitare lo sguardo e l’elaborazione teorica di studiosi e osservatori; alimentare il dialogo con i contesti territoriali – spazi, strutture, tessuto sociale. Questi i gesti del progetto.
Dalle pratiche – il tempo trascorso nell’osservazione, nell’analisi, nello scambio e rilancio a contatto con gli artisti e con le loro creazioni – è nata l’esigenza di predisporre un luogo che potesse essere generativo e al tempo stesso ricettivo, esso stesso fatto della stessa materia dei suoi oggetti: un’architettura progettuale viaggiante nella direzione dettata dai suoi oggetti e – nella reciprocità – oggetti artistici viaggianti nella direzione di un’architettura progettuale.
Un’azione congiunta per superare l’unicità della nozione di opera, affiancarla con quell’operatività dell’artista e quell’operazione del fare scena considerando i singoli gesti come il proprio primo materiale.
Nell’atto, nel fare, nel gesto c’è un fremito, uno scarto, un fallimento. Sopravvive l’irrisolto, il dubbio, l’incerto. Marca la differenza con chi esibisce forza, potenza, certezze. Manca quell’appuntamento e così ci riguarda, tocca il nostro vivere nel presente. In ogni presente.
Coltivo. Nella fiducia che alla radice di ciò che chiamiamo contemporaneo possiamo rintracciare un atto originario, capace di farsi fondativo e salvifico rispetto alla dispersione fenomenologica e che questo atto fondativo debba avere le caratteristiche della sottrazione, del dolore, della resistenza interna tale da porre l’opera nell’ordine del mai finito e parte di un crocevia in cui accanto alla sintesi poetica continuano a manifestarsi i suoi resti, residui, macerie e che solo così, con l’affermazione della sua stessa fragilità, parzialità, del suo fallimento, la scena che siamo possa farsi epifanica per gli uomini e le donne del nostro tempo e possa andare avanti, in un moto continuo, verso la propria origine, verso l’unicità del proprio balzo nella Storia.
Roberta Nicolai
——–
Teatri di Vetro, il festival di arti sceniche contemporanee, giunge alla 13^ edizione grazie al sostegno di MIBAC, della Regione Lazio e in collaborazione con il Teatro di Roma. La sezione Oscillazioni è parte del programma di Contemporaneamente Roma 2019 promosso e sostenuto da Roma Capitale-Assessorato alla Crescita culturale, realizzato in collaborazione con SIAE.
In collaborazione inoltre con Teatro del Lido, Fondazione Carivit, ATCL Lazio, Comune di Tuscania, Accademia Nazionale di Danza, AnticorpiXL, Vera Stasi, Twain, DAF Dance Arts Faculty, Spellbound Contemporary Ballet, NdN Network drammaturgia Nuova, PinDoc, 369gradi, Tuscania d’Arte, 20 Chiavi Teatro, QdA, Centro Jobel, Plunge, Tempo Reale, RAM/radioartemobile e con Caffè Letterario, Libreria Tomo, Giufà.
Media partner Roma Tre Radio – Università degli Studi di Roma Tre, Liminateatri, Teatro e Critica, Art a part of Culture, Krapp’s Last Post.
——–
Gli spettacoli
PAOLA BIANCHI_IL PROGETTO ELP
Il progetto ELP (Vincitore di Residenze Coreografiche Lavanderia a Vapore) di Paola Bianchi costruisce una propria matrice testuale realizzando una coreografia verbale. Da un’immersione emotiva negli archivi retinico-mnemonici di una quarantina di persone alle quali la coreografa ha chiesto immagini pubbliche impresse nella loro retina e ancora vive nella memoria visiva e mediante un lungo processo di incarnazione che ha reso il suo corpo archivio di quelle immagini, è nato il solo Energheia. Dalla matrice del solo sono stati generati: The Undanced Dance, audiodramma coreografico in cui l’azione coreografica di Energheia viene descritta verbalmente e registrata in voce, che nel processo di fruizione propone agli spettatori una modalità di ascolto di tipo immersivo e offre la possibilità di agire la coreografia; Ekphrasis, rielaborazione della coreografia originaria in cui l’audiodramma coreografico viene “consegnato” a dieci danzatori professionisti che ne incarnano le posture e le azioni generando una nuova struttura coreografica; Esti azione coreografica con danzanti non professionisti – realizzata al Teatro del Lido – in cui vengono coinvolti non professionisti come interpreti di uno spettacolo in una modalità di creazione che esclude il corpo del maestro come modello di trasmissione del movimento.
BARTOLINI/BARONIO _APPUNTI PER IL PROGETTO JOSEFINE
Appunti per il progetto Josefine della compagnia Bartolini/Baronio prevede l’elaborazione per la scena del racconto di Kafka La cantante Josefine, ovvero il popolo dei topi. Tre i dispositivi scenici: Lei dimora nel canto_conversazioni, un’esplorazione intima dei luoghi del racconto realizzata in una dimensione compartecipata, un’intervista collettiva che prova a tracciare le prime parole della “comunità che viene” coinvolgendo alcuni complici poetici – Fulvia Conte, Roxana Ene, Biancamaria Frabotta, Claudia Pajewski, Francesco Raparelli, Attilio Scarpellini, Valerio Sirna – all’interno di un congegno ludico; Attenti alla ragazza che corre_immersioni, una wunderkammer visitabile a piccoli gruppi che accoglie un archivio umano e sonoro di interviste, canzoni, fatti di cronaca, eventi storici, traducendo poeticamente l’atto generativo dell’intuizione artistica. Un invito ad abbandonarsi alle suggestioni emotive e di pensiero scaturite dalla visione e dall’ascolto che chiede al pubblico di lasciare traccia scritta dell’esperienza. “L’emozione” – ci dice Jean-Paul Sartre – “è una condotta magica”. Il popolo dei topi, o della gloria_allenamenti è il nucleo centrale che aderisce all’enigmatico racconto indagando il rapporto tra performer e spettatore come metafora del rapporto tra leader e popolo e la tensione verso l’origine espressa da quel salto della Storia, che apre a nuove inaspettate possibilità di cui spesso l’artista è interprete.
MENOVENTI_L’INCIDENTE È CHIUSO
Trasposizione scenica dei Menoventi de Il defunto odiava i pettegolezzi di Serena Vitale (Adelphi 2015), incentrato sulle indagini intorno al suicidio di Majakovskij considerato, in Russia, uno dei grandi misteri dell’epoca sovietica. Il percorso di ricerca intende indagare l’ossessione di Majakovskij per il concetto di tempo all’interno di una pluralità di narrazioni dei suoi ultimi sessanta secondi di vita: L’incidente è chiuso, mette in scena il piano principale del testo della Vitale intrecciando documenti dell’interrogatorio – nell’arco temporale che va dal 1930 al 1938 – di Nora, la testimone principale, tenuto nel 1930 prima da un inquirente e poi, otto anni dopo, da una giornalista; Avanti, tempo! Evocazione parte dalla fascinazione di Majakovskij per la Teoria della relatività per immaginare il dialogo tra il poeta e Einstein, tra il pensiero umanistico e quello scientifico, invitando a dare voce alle due visioni del mondo la stessa Serena Vitale e il fisico teorico Fabio Ortolani; A tutti, un collage polifonico che ci permetterà di assimilare qualche elemento di quell’intreccio tra arte e vita indagato dall’autrice Serena Vitale, voce principale di un montaggio dai registri eterogenei. Il coro dei pettegolezzi, le voci dei colleghi, dei testimoni, degli amici, si intreccia alle lettere e alle opere di un poeta che – «non un uomo, un evento» – ha incarnato le utopie e le antinomie di un popolo e di un’epoca.
TEATRO AKROPOLIS_PRAGMA. STUDIO SUL MITO DI DEMETRA
Teatro Akropolis porta in scena il mito di Demetra, una delle tracce più antiche e identitarie della cultura occidentale, rappresentato nei misteri all’origine del teatro. La ricerca condotta sulle fonti (orfiche, eleusine e di tutta la sapienza greca) e sugli studi filosofici (tra gli altri quelli di Colli, Kerényi, Nietzsche) ha portato alla composizione scenica della vicenda e alla rielaborazione di frammenti antichi in presenza del corpo in scena. Dalla performance è nata l’esigenza, in un processo di scavo a posteriori, di far emergere il piano profondo del lavoro. I materiali cinematografici di La parte maledetta sono espressione di alcuni momenti del lavoro di ricerca e composizione di Pragma, immagini di ciò che è stato perduto, scartato o ritrovato. Un confronto “sporco”, fatto di attrazione e di rifiuto, un rinnegare rammemorante che dà vita a un gioco con l’immagine che prende forma dalle trame del mito.
CHIARA FRIGO_STATO H_d
Chiara Frigo è presente nel festival con tre declinazioni della sua attuale ricerca che parte da idee e percorsi che hanno accompagnato l’ultimo lavoro Himalaya drumming, una performance ispirata alla Montagna. L’Himalaya, la più vasta e alta catena montuosa del mondo, ha esercitato un fascino indiscusso tra gli esploratori di tutti i tempi. Il lavoro si inserisce in una personale ricerca rivolta ai temi della spiritualità nell’arte, riflettendo non tanto sulla vetta da raggiungere ma sul percorso che si può trasformare in un’esperienza ritmica, sostenuta dal suono primordiale della batteria. Il percorso di trasmissione, sperimentato con Stato H_d durante Trasmissioni a settembre a Tuscania, si apre alla partecipazione dei cittadini con Ballroom, programmato al Teatro del Lido, un’esperienza collettiva in cui persone appartenenti a diverse generazioni e contesti sociali si riuniscono per vivere un momento danzante. Un rettangolo di sedie è la cornice in cui la performance prende vita, con un evidente riferimento al mondo delle balere e al celebre film “Le Bal” di Ettore Scola.
QUI E ORA_#TRE
#Tre, nuova produzione di Qui e Ora Residenza Teatrale, diretta da Silvia Gribaudi e Matteo Maffesanti, con la collaborazione drammaturgica di Marta Dalla Via, è una presentazione di quadri sparsi e intuizioni che diventeranno opera in un anno, per condividere il processo di lavoro e la costruzione drammaturgica sui temi e le domande di #TRE. Quanto vale un essere umano? In che modo guardiamo gli altri? Proiettiamo sogni? Soddisfazioni e insoddisfazioni? Invidie e incapacità? Quanto vorremmo essere la vita dell’altro? Chi sono le ICONE? Cosa rappresentano? Cosa siamo disponibili a fare per incontrare il “famoso”? Queste le domande della prima fase di lavoro di #TRE, una ricerca che indaga nei corpi, creando quadri visivi, racconti fisici, frammenti video e interlocuzioni con gli spettatori. #TRE iconalab, presentato al Teatro del Lido, è un laboratorio connesso al processo di ricerca dello spettacolo. Mette al centro il corpo e l’immagine a cui ognuno di noi cerca di assomigliare o da cui cerca di scappare. Icone famose che hanno occupato e occupano il nostro immaginario, ma anche persone comuni che diventano per noi icone da imitare. Sino ad arrivare ai corpi delle tre attrici come “icone” a cui fare da specchio.
GIOVANNA VELARDI_ IL CUORE ARTICOLARE
“Perché un danzatore non può parlare?” Questa è la provocazione lanciata da Giovanna Velardi durante le prove di I broke the ice and saw the eclipse. Matteo Finamore e Andrea Milano – selezionati all’interno del progetto Esercizi di Regia, accompagnati dal tutoraggio di Luciano Colavero – hanno raccolto questa provocazione lavorando come dramaturg, cercando le parole adatte alla scena e ai corpi che l’attraversavano. Viaggio nel cuore articolare è il loro racconto della creazione di I broke the ice and saw the eclipse, un diario della loro esperienza del rapporto tra danza e teatro, tra parola detta e parola danzata. Il dispositivo si propone di restituire una parte dei materiali attraversati nel lavoro, delle ipotesi avallate o abbandonate, delle soluzioni possibili o soltanto immaginate. Sarà come spiare da dietro la finestra un lavoro di mesi, in una restituzione poetica che si mette al confine tra studio e performance. I broke the ice and saw the eclipse si concentra sulla relazione fisica, sugli stati del corpo nei tempi di attesa, sospensione, rincorsa, assenza. Un lui e una lei. Una lotta. Inizio o fine di una crisi? Turbolenza di un inizio d’amore o ultimi colpi di una fine?
GIUSEPPE VINCENT GIAMPINO_GRANDPRIX
GrandPrix, in questa sua prima attuazione, ha dato forma al work in progress di Virtual² in cui i due corpi utilizzano la danza come oggetto virtuale di attraversamento per far affiorare ed esplorare le possibilità di un muoversi comune senza coreografare i corpi in termini formali, senza allinearli, senza sottometterli ad una scrittura, ma attraverso delle indicazioni interne di relazione. La performance FF si focalizza sull’essere-coreografico all’interno del format del “solo”: la frammentazione del sé performativo da quello autoriale. Il performer è in questo caso oggetto e soggetto, colui che crea le regole da applicare al corpo e al contempo il corpo che accetta di muoversi secondo questo “legiferare”.
RICCARDO GURATTI_INTUITION
Con Forest primo studio Guratti apre una riflessione sul corpo come produttore e medium di linguaggio, di conoscenza, per poter comunicare, relazionarsi e identificare la natura delle cose. Il corpo è inteso come un traduttore, un riverbero dei codici del reale visibili e invisibili. Dagli echi ritualistici e dall’interesse verso il corpo simbolico e mitologico in Intuition 1, il coreografo passa all’utilizzo di echi della danza, delle strutture e dei processi alchemici rinascimentali per costruire un rituale di liberazione. Adopera elementi geometrici e simboli per riscoprire le potenzialità architettoniche dello spazio e del corpo. Inizialmente il corpo distrugge e piega la danza per poi purificare lo spazio, costruendolo e ridefinendolo.
CARLO MASSARI/C&C _BEAST WITHOUT BEAUTY
Beast without Beauty (spettacolo vincitore di Premio Prospettiva Danza 2017, Bando CURA, Premio Twain Direzioni altre, sostenuto da CID / Oriente-Occidente, Piemonte dal vivo, Abbondanza Bertoni/Residenze Komm Tanz) è un progetto biennale di Carlo Mssari/C&C, sul rapporto tra uomo e potere, un irriverente, cinico studio sugli archetipi della miseria umana, sull’inespressività, sulla spregevole crudeltà nelle relazioni interpersonali. Una violenza nascosta, taciuta, color pastello, che porta irrimediabilmente al massacro, all’estinzione. Les Miserables#1 – nuova produzione 2019 – espande la ricerca creando un affresco spietato e immorale sull’oggi, un dramma medio-borghese contemporaneo a tratti familiare, di cui siamo “involontariamente” complici. Una carrellata di stereotipi, di già visti, già detti, agiti che compongono il teatrino delle miserie umane: corpo e voce a servizio di un penoso corale che fa eco a “Le rane” di Aristofane, o forse ad un’operetta di Offenbach, o ancora: alla celebre “Opera” Brechtiana. Con Sisters la ricerca coreografica si alimenta dell’incontro con cinque giovani danzatrici di DAF/Spellbound dando vita ad un progetto speciale, un primo incontro, il confronto, lo scambio di pratiche artistiche tra il linguaggio multidisciplinare della Compagnia e giovani artisti.
TEATRO REBIS_UN CHANT D’AMOUR
Il progetto di Teatro Rebis è liberamente ispirato al testo I Negri di Jean Genet e incentra la riscrittura sui ‘fatti di Macerata’ – il dissezionamento del corpo di Pamela Mastrogiacomo e l’attentato di matrice razzista di Luca Traini – accaduti nel 2018. ‘Non potrai arrotolare intorno alle tue dita i miei lunghi capelli biondi…’ è l’ultima battuta de I Negri. Da lì, a ritroso, accatastati e ‘slacciati’ come in uno studiolo rinascimentale, vengono esposti i materiali che stanno nutrendo lo spettacolo. Rifrazioni delle visioni di Genet giustapposte alle scorie di quanto avvenuto a Macerata: frammenti, rarità, scampoli di scene e testimonianze dal vivo, reperti audio e video, anomalie, incursioni, screenshot e documenti d’epoca. Un chant d’amour, presenta scene concepite come ‘quadri di Provincia’, nei quali gli attori assumono le funzioni iconiche di ‘maschere d’attualità’: le figure di Pamela Mastropietro e Luca Traini si affiancano alla figura dell’Attivista Antagonista, il criminologo ‘televisivo’ Alessandro Meluzzi, che giunto a Macerata per una conferenza sulla vittima, celebra prima una messa come officiante della Chiesa Ortodossa Autocefala, di cui si è auto-proclamato Arcivescovo.
ALESSANDRA CRISTINI_CLOROFILLA
La performance Clorofilla è tratta dai libri Esitazioni e Tenebre del poeta e attore Marcello Sambati. L’esigenza è di stare dalla parte del corpo, di ritrovare il linguaggio del corpo, fondarlo dal corpo. Ogni creazione è un nuovo inizio, un nuovo sentore delle cose del mondo e che in realtà ci sfuggono e per questa loro fuga ci muovono, ci interrogano, ci scuotono terribilmente. Ci muoviamo per risolvere un’oscurità d’animo, viverci uno stato del corpo precario. L’inquietudine del lavoro si misura nel desiderio e mistero di poter avvertire un indicibile corporeo, un invisibile poetico, qualcosa come un’ombra che sembra costantemente scivolarci accanto densa e silenziosa. L’atto del guardare è l’atto del guardarsi, di portarsi al confine dei sensi e delle visioni e registrarne gli odori. La presenza di Alessandra Cristiani rappresenta una felice eccezione e un’anticipazione del programma del 2020.
MASSIMO DONATI/NDN_L’ALIENO
In occasione delle presentazioni della rete NdN, lo spettacolo L’Alieno viene trasformato in dispositivo scenico volto ad evidenziare la struttura del monologo. La suddivisione del testo in capitoli inviterà gli spettatori ad osservare più da vicino la complessità della scrittura e la correlazione tra temi, trama, sintesi poetica e gesto performativo.
OPERA BIANCO_TO ACT / TO DO / TO PERFORM
In To act / to do / to perform Opera Bianco cerca la coesistenza sulla scena di azioni concrete e movimenti astratti. Il passaggio dalla figurazione all’astrazione. Un percorso fisico che alterna pratiche sensibili e coreografiche a esercizi con volumi di creta, in cui un’esperienza si riversa nell’altra: modellare una forma riconoscibile, coglierne l’essenza, le linee e i piani. Assorbire il principio di trasformazione e poi svilupparlo nella danza. Durante tutta la durata del laboratorio Gigi Ottolino modella un cavallo in argilla in scala 1:1 nell’atto di cadere. Il cavallo che cade compie un’avvitamento verso il terreno. Una spirale. L’azione concreta dello scultore sarà il mezzo per approfondire la relazione e l’oscillazione tra act, do e perform.
PORTA UN PENSIERO Oscillazioni tra teoria, processi e pratiche
Una pratica di dialogo quotidiano, racconto e ascolto sulle arti sceniche e performative contemporanee, per indagare le traiettorie progettuali e artistiche, i processi creativi e le motivazioni all’origine della tredicesima edizione di Teatri di Vetro aprendo il confronto tra artisti, teorici, spettatori e lanciando alcuni temi che necessitano di una riflessione collettiva in sette appuntamenti tematici, uno al giorno per tutti i giorni del Festival nel foyer del Teatro India. Un ciclo seminariale informale e aperto, condotto da Giulio Sonno e Roberta Nicolai, che propone sette appuntamenti tematici, uno al giorno. È un invito rivolto agli artisti, agli spettatori, agli studenti, ai critici, ai curatori, agli operatori a portare un pensiero, trovando nella relazione il modo di ridurre le distanze tra palcoscenico e platea.
TDV è un unico volume con quattro capitoli progettuali. Sono cornici, incorniciamenti, piccoli sistemi produttori di senso nei quali, immersi in quanto attori, costruiamo il senso delle nostre operazioni: Oscillazioni al Teatro India, Composizioni al Teatro del Lido, Elettr@suoni a Caffè Letterario, Trasmissioni a Tuscania.
Una proposta plurale. Quattro sezioni per dialogare con la creazione contemporanea e ingaggiare spazi e contesti territoriali.
——–
Contatti:
Teatro India
Lungotevere Vittorio Gassman, 1 (Roma)
Teatro del Lido
Via delle Sirene, 22, Ostia Lido (RM)
——–
Info e prenotazioni
promozione@triangoloscalenoteatro.it | mb: 339.2824889
Facebook @teatridivetro – Instagram @teatridivetro
Biglietto di ingresso:
10 euro intero, 5 euro ridotto, 3 euro operatori; le riduzioni sono valide per under 26, over 65, disabili, residenti del XI Municipio; riduzione su tessere e strutture convenzionate.