Torna sulla scena romana il musical più applaudito al mondo, con le canzoni celeberrime dal ritmo trascinante e i 500 mirabolanti costumi.
Tratto dal film “Le avventure di Priscilla la Regina del Deserto” di Stephan Elliott del 1994 su sceneggiatura di Allan Scott vincitore di un premio Oscar, lo spettacolo diretto da Simon Phillips con le coreografie di Ross Coleman debuttò a Sidney nel 2006. Il successo ottenuto in Australia, in Nuova Zelanda, a Londra e a Broadway gli aggiudicò il Tony Awards per i migliori costumi.
Intorno allo scalcinato bus rosa Priscilla si svolge la vicenda umana e artistica dei tre eccentrici protagonisti, anzi di due tormentate drag queen e una transgender che attraversano l’Australia per realizzare uno spettacolo in un hotel di Alice Springs, una città nel deserto, incontrando stravaganti personaggi e cadendo vittime di episodi di intolleranza, ma offrendo numeri di esilarante divertimento.
Anthony “Tick” Belrose, la drag queen di successo Mitzi Mitosis, è costretto dalla moglie Marion a raggiungerla ad Alice Springs per farsi conoscere dal figlio di otto anni.
Per allestire lo spettacolo da presentare nel locale diretto da Marion, Tick ingaggia Adam Whitely nota come drag queen Felicia e la transessuale Bernadette, il cui nome originario è Ralph, e con loro parte alla volta del deserto, fornendo ai compagni di viaggio solo la destinazione ma non il motivo, e il desiderio di raggiungere il sogno di “Arrivare nel cuore del paese, scalare la vetta dell’Ayres Rock tutta agghindata con piume e paillette e cantare un medley dei successi di Madonna”.
L’avventura on the road rappresenta per i tre anche l’attraversamento del deserto dell’esistenza, tra indifferenza e omofobia, intolleranza e volgari pregiudizi, che li condurrà verso una matura consapevolezza di sé.
Sotto le paillettes, i tacchi, il trucco pesante e gli sfarzosi costumi inseguono sentimenti di accettazione e condivisione, amore e amicizia e, per Tick, la paura di essere respinto dal figlio.
La musica accompagna il viaggio, lenendo dolori e facendo affiorare ricordi, strappando le maschere e rivelando sentimenti, affrontando i fantasmi e sciogliendo le paure intrecciando tre solitudini, fino all’epilogo sorprendentemente liberatorio, con le canzoni “Go west” dei Pet Shop Boys, “Material girl”, “Like a virgin” e “Like a prayer” di Madonna, “Don’t leave me this way”, “Hot stuff”, “I will survive” e “It’s raining men”, “What’s love got to do with it” di Tina Turner, “Girls just want to have fun”, “True colours” di Cindy Lauper, “Finally” di CeCe Peniston.
L’adattamento teatrale ha un brio e un’esuberanza che si discosta dalla vena malinconica del film, risultando estremamente trascinante, con le coreografie di Ross Coleman e Andrew Hallsworth.
Tutto il cast è strepitosamente spumeggiante, comprese le coriste e il corpo di ballo.
Simone Leonardi incarna la matura transgender Bernadette (ruolo interpretato da Manuel Frattini fino alla prematura scomparsa) che, sofferente per la morte del compagno, mantiene la composta dignità e il sarcasmo di chi combatte la campagna fondamentale della vita. Cristian Ruiz è Tick, dilaniato tra il bisogno di essere se stesso e l’amore per il figlio. Pedro Antonio Batista Gonzales è davvero sorprendente nel dare corpo e voce alla trasgressiva e sfrontata Felicia.
I costumi di Tim Chappel e Lizzy Gardiner dominano la scena e, nel finale, riempiono il palcoscenico con astruse architetture e imponenti copricapi.
La regia italiana di Matteo Gastaldo e la direzione musicale di Fabio Serri guidano gli instancabili ballerini e cantanti in uno spettacolo ironico, dissacrante e anticonformista, venato di amara inquietudine e tenace dignità, pur con qualche cedimento a pruriginose allusioni sessuali.