di Luigi Pirandello
Lettura drammaturgica e regia Fabio Grossi
Con Leo Gullotta, Liborio Natali, Rita Abela, Federica Bern, Valentina Gristina, Gaia Lo Vecchio, Marco Guglielmi, Valerio Santi e Sergio Mascherpa
Scene e Costumi Angela Gallaro Goracci
Musiche Germano Mazzocchetti
Luci Umile Vaineri
Voce dei brani cantati Claudia Portale
Produzione Teatro Stabile Catania – Compagnia Enfi Teatro
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Che bella sensazione la soddisfazione! Tutti i sensi appagati e la consapevolezza di aver ricevuto un gran regalo, gradito e non scontato e la voglia di sorridere, di comunicare, di parlare alle persone che sono accanto perché il Teatro, quello vero, quello con la consonante maiuscola fa apprezzare la vita, mette pace e allargando gli orizzonti permette a ciascuno di salire con un metaforico ascensore dal piano terreno ai piani alti, finanche alla terrazza per godere di una vista mozzafiato sulla bellezza della Letteratura e sulla grandezza del Talento che mescolato alla sapienza ed all’esperienza fornisce un alchemico prodotto d’amore per l’Arte.
Che Pirandello sia un grande non è novità di questi giorni. Che Leo Gullotta sia un Attore strepitoso nella sua maturità d’artista è accertato da tempo. Ma quando a questi potenti ingredienti si aggiunge una regia precisa, puntuale, sintetica , essenziale e nello stesso tempo ironica, grottesca, a tratti fumettistica si tocca l’apice del godimento perché lo spettatore è sempre, perennemente alla ricerca dell’errore, ma poi in fondo è ben contento quando non trova nulla da criticare!
Una sala piena, stracolma pronta ad applaudire una compagnia di attori che bene fanno corona al nome in cartellone. Tutti bravi, ben calati nei propri ruoli ed ammiccanti nella loro distanza scenica regalano momenti di pura comicità che sempre accompagna le “tragedie”.
Pirandello è un attento osservatore della società e la ferma nel tempo che sembra presente anche al passato. L’opera d’Arte ha la caratteristica dell’immanenza, rimane per sempre attuale come un versetto dell’Inferno di Dante che può essere citato in molteplici situazioni senza risultare mai scontato o anacronistico.
Il busto nell’atrio del Liceo mette tutti in soggezione riportando ciascuno alla condizione di studente di fronte al preside, che un tempo era “Preside” e non dirigente come oggi, ponendo la scuola alla stregua di una qualsiasi azienda commerciale.
La cultura che si accompagna ai valori morali, chiede coerenza al suo testimone ed è quanto propugna nelle sue arringhe il professore anziano che ancora ha tanto da dire e da dare.
I costumi originali nella loro apparente semplicità sono arricchiti da accessori, che come suol dirsi, fanno la differenza. Acconciature e cappellini fanno il paio con i pupazzi che occupano il divano ed anche in questa scelta, come in tante altre dell’allestimento, si può cogliere il riferimento alla società del tempo che voleva tutti burattini obbedienti alla convenzione dilagante di una moralità borghese apparente e clericale.
Volti giganteschi colorati, raggruppati ed ammassati, come acini di uva pressati in un cesto ricolmo, grotteschi nella fissità della scena dipinta si muovono su binari invisibili a marcare il chiacchiericcio delle voci che scandiscono i pregiudizievoli pettegolezzi che come frecce velenose ammalano chi ne cade vittima. Scenografia imponente e suggestiva, calda di colori e vitrea nelle segmentazioni astratte.
Le luci e la musica sottolineano con efficacia le atmosfere dei passaggi… quasi puntini sospensivi… punto e a capo di una rilettura sintetica ed elasticamente coinvolgente.
La trama, ben conosciuta, risulta di un’attualità impressionante. Argomento? Di tutto un po’! Ma che argomenti! La scuola, nella sua gerarchia: alunni, professori, preside, la condizione della donna, la moralità, la famiglia, le parentele, la ricchezza, lo stato, la chiesa, la servitù e chi più ne ha più ne metta, di sicuro ne troverà!
Le maschere, di cui Pirandello così bene ci ha parlato, ci invitano a riflettere sui nostri “pregiudizievoli comportamenti”. E se togliendo la maschera ne trovassimo un’altra?
C’è di che pensare! E con l’animo gaio, appagato e complice di coloro che sanno di aver partecipato ad un “rito importante”, colmo di stimoli e propositi, battiamo freneticamente le mani in un lungo meritatissimo applauso.
Anche l’uscita degli attori per i saluti e la rigida etichetta che li fa muovere in una ritmica coreografica fa apprezzare la regia e l’intero spettacolo. E come un prisma, da qualunque lato lo si guardi, illumina. E al centro di tutto c’è lui. Il grande Leo Gullotta rifulge in tutto il suo valore. Ed è sempre un piacere vederlo in scena!