‘Note’ dall’isolamento – Conversazioni di Musica è un progetto che prevede sette incontri con giovani professionalità artistiche e musicali per scoprire cosa vi sia dietro all’essere musicista e i cambiamenti prima e dopo CoViD19.
In questo primo incontro dialoghiamo con Mariangela Vacatello, pianista internazionale riconosciuta per la curiosità e la versatilità delle sue esecuzioni che l’hanno portata nelle principali sale concertistiche mondiali. Unisce all’intensa attività concertistica anche una importante carriera didattica con gli incarichi al Conservatorio “A.Boito” di Parma e all’Accademia di Musica di Pinerolo.
La diretta originale è visibile sulla pagina di Carlo Emilio Tortarolo (Facebook&Instagram: @carloetortarolo).
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Da marzo tutto il Paese è fermo ma già da fine febbraio i primi provvedimenti hanno bloccato trasferimenti e concerti. Vuoi raccontarci quelle settimane concitate?
La mia ultima uscita pubblica è stata proprio a fine di febbraio. Ero stata incaricata dal Concorso internazionale Mormone di sentire, in qualità di giurata, un concerto di uno dei candidati pensando alla eventuale finale di giugno del concorso, finale che temo, purtroppo, non avrà luogo.
Della pandemia in realtà avevo già sentito durante il mio soggiorno in Sudafrica a gennaio perché due mie colleghe, giurate anch’esse ad un concorso, sembravano molto preoccupate anche perché data la loro nazionalità, una cinese e l’altra di Hong Kong, erano costantemente informate sulla situazione in patria e cercavano mascherine che nei loro paesi non erano più disponibili.
Il direttore artistico del concorso si era premurato di recuperarle proprio per aiutarle.
Noi non ci siamo resi conto di che cosa sarebbe accaduto e al mio rientro in Italia ad inizio febbraio solo pochi ne parlavano spaventati.
Dopodiché quando anche i conservatori hanno iniziato a chiudere, proprio a fine febbraio, abbiamo avuto la prima sensazione di allarme.
Anche se poteva sembrare una settimana di vacanza da utilizzare per lo studio, la situazione è andata via via degenerando di settimana in settimana e solo allora tutti abbiamo iniziato a realizzare.
Ad esempio ancora all’inizio di marzo ho avuto modo di sentire un concerto qui a Perugia.
La vita del solista chiede un grande sacrificio di ore per lo studio e per la preparazione dei concerti. Ora con più tempo per studiare ma con un obiettivo che manca, come cambia il lavoro di un solista?
L’obiettivo in musica è molto importante dal punto di vista concertistico come lo è per un esame o un concorso e allo stesso modo la distanza da tale obiettivo diventa un gioco psicologico e anche per una persona in carriera questo gioco esiste sempre.
Il susseguirsi di date è altrettanto importante perché ci arricchisce artisticamente e le singole differenze in cui ci imbattiamo come pubblico, pianoforti, sale con loro particolari acustiche, così come i riscontri del pubblico prima e dopo le performance sono aggiunte al nostro bagaglio di esperienza.
Dall’altra parte il tempo a disposizione è discorso interiore e sottile.
Potessi scegliere, farei come i gruppi pop o rock che si isolano per un periodo definito, provando tutto ciò che è necessario per poi sciogliersi e regalarsi al pubblico. Parliamo di un mondo ideale perché come artista necessito di un momento per me stessa di solitudine e di ricerca del repertorio ma nella normalità non sempre si riesce ad avere.
Ora come ora, cerco di godermi questo tempo a disposizione per il semplice fatto che non amo destabilizzarmi psicologicamente e così posso appieno apprezzare i miei tempi di studio che, nel particolare, si stanno focalizzando su Skrjabin e Schumann e questi due autori ne necessitano sempre.
In questi due mesi tutte le stagioni concertistiche italiane si sono fermate, rimandando a data da destinarsi qualsiasi concerto. Quali progetti sono saltati a seguito di questa pandemia?
In genere questo periodo dell’anno è sempre molto denso. Prima di tutto è saltato il concorso Steinway a Verona dove ero presidente di giuria e ovviamente ho perso diversi recital tra Toscana, Liguria e Calabria, ancora dei concerti con orchestra, un terzo di Beethoven vicino a Brema e un quarto, sempre di Beethoven, a Trieste.
Se a questi concerti con relativi spostamenti ci aggiungiamo gli impegni didattici, non sarei quasi passata da casa.
Una situazione che condividono con tutte quelle persone che lavorano a vari livelli con e per un’artista.
Passiamo alla didattica che è una componente parallela della tua carriera. Oltre ai problemi inevitabili che il fare lezione a distanza comporta, come è cambiato l’insegnamento in generale e il tuo personale modo di insegnare?
Personalmente mi sono attivata fin da subito per spostare le mie lezioni sulle piattaforme online, ma non sempre raggiungono quel grado di precisione necessaria. Per cui bisogna un po’ arrangiarsi per capire cosa serva veramente all’allievo.
Ovviamente mi manca quel contatto con gli allievi e quel feeling che si instaura con loro, specialmente con la mia bella classe.
Vedo differenze nell’organizzazione fra allievo e allievo. Alcuni sentono la mancanza del rapporto fisico con l’insegnante, ma purtroppo non avendo scelta bisogna trovare soluzioni.
Ad esempio cerco di sperimentare nuovi sistemi, come la registrazione di video e poi un commento insieme via chat, così da non dover richiedere troppe ripetizioni e non amplificare così la lontananza.
C’è ancora molto da lavorare in questa direzione se questo distanziamento dovesse allungarsi. Però possiamo anche notare come i ragazzi con l’obiettivo di registrarsi non abbiano più scusanti per essere impreparati.
Ecco, anche nella negatività del momento bisogna trovare il lato positivo delle cose e non lasciarsi prendere dallo sconforto
Alla fine di queste due settimane (forse) arriverà la tanto agognata fase 2 che riporterà molti di noi fuori casa. Al momento però la musica e tutto il compartimento artistico e d’intrattenimento sembrano lontano dalla ripresa che appare sempre più incerta. Come immagini il ruolo del solista nel prossimo futuro se questo tipo di isolamento dovesse rimanere necessario?
Il concerto live ha una sua teatralità che è molto importante per l’individuo prima che per l’artista. Tutto ciò che ci gira attorno come gli incontri, il respiro, il suono e altre centinaia di fattori sono fondamentali. Non si può togliere l’emotività e ciò che crea una esibizione dal vivo.
Per il futuro è necessario evolvere e non involvere, pur nell’intento di provare nuove proposte.
Mi torna alla mente una storia che lessi tempo fa ambientata nel futuro dove era totale l’assenza di creatività nell’uomo. Sostanzialmente si sopravviveva, ma non si viveva e questo è qualcosa a cui bisogna stare costantemente attenti: mai togliere la personalità e la creatività perché l’uomo deve vivere.
Si parla ad esempio di possibili piattaforme video su cui esibirsi. In realtà i rischi di questa possibilità li sperimentiamo già con Youtube. Un’ottima piattaforma ma che crea problemi, anche a livelli didattici. Ci si trovano grandi esibizioni di ottimi artisti, ma si trovano anche persone che a suon di like, comprati o meno, si credono bravi e vengono reputati bravi. Quello non è un metodo di giudizio e non lo è di qualità perché per raggiungere un buon livello servono fatica, studio, sacrificio ed esperienza.
A questo proposito mi preme sottolineare come oggigiorno abbiamo a disposizione tantissime fonti, ma spesso non sappiamo come gestirle. Se da piccola volevo un libro, mi recavo in una libreria che me lo ordinava e andavo, quindi, ad acquistare qualcosa di cui avevo la perfetta percezione. Alimentavo così la mia curiosità e questo deve valere anche per i ragazzi di oggi. Anzi aggiungo che i giovani che lo sono devono aiutare chi non lo è.
Per il momento possiamo ancora illuderci che tutto tornerà come prima e che tutto andrà bene come lo conoscevamo. Possiamo godere del nostro tempo e fare ciò che ci piace, studiare, leggere… Nel momento in cui dovremo accettare una realtà diversa, sicuramente da esseri umani troveremo una soluzione per andare avanti al meglio e dare a chi verrà un mondo più creativo.