Ogni volta che il Teatro, chiuse le porte di casa, si mette per strada con carri e carretti è segno che qualcosa sta per succedere. Ci si misero i Macedoni, ci si mise Cromwell. Stavolta ci si è messo il covid-19. Il Teatro ritorna nomade, come fu all’inizio di questa arte vecchia come l’Uomo: l’arte di guardarsi, di riconoscersi, talora provando orrore, altre volte ricevendo una inaspettata consolazione.
Fin dalla sua nascita, uno solo è stato l’obiettivo del Teatro: dirci chi siamo. E se le sale teatrali chiudono tocca a noi, gente di teatro, andare per la città, per incontrare il nostro amato pubblico, e parlare con lui come abbiamo sempre fatto.
Così anche noi del Teatro Oscar DeSidera ci mettiamo in strada con il palcoscenico più piccolo del mondo: un’Ape, l’umile (ma anche mitica) treruote che da oltre mezzo secolo porta gelati, merci e lavoro per la città. Con tutta la vita che è passata sopra il cassone dell’Ape, nulla ci sembrava più adatto per trasportare la merce che il Teatro può offrire a tutti: i propri volti, le proprie storie, le proprie parole, che sono insieme sogno e realtà, emozione e pensiero, corpo e anima.
Abbiamo intenzione di andare in luoghi istituzionali e in quartieri popolari perché il linguaggio del teatro è per tutti. Saremo ospiti della Triennale nel suo programma estivo e al Museo Diocesano nei chiostri di Sant’Eustorgio senza dimenticare Calvairate, il quartiere dove risiede il nostro Teatro.
Insomma, ci stiamo mettendo in moto, un Mototeatro.
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