Una discesa progressiva in un gorgo di tenebra. Un Maelstrom di ossessione e di morte. La première che apre la nuova stagione dell’opera di Francoforte si adatta a questi tempi pandemici. Spettatori diradati in platea e una proposta musicale improntata allo sconforto e alla provvisorietà delle vicende umane.
Si alza il sipario sul coro maschile dell’Opera, schierato in file diritte e distanziate. La scena sembra una gigantesca scacchiera. Ma ci sono solo le pedine nere. Nero lo sfondo, neri i frac, nere le maschere che coprono il volto dei coristi. Si attacca e il coro, ben istruito da Tilman Michael, rimanda gli accenti pensosi dei Gesang der Geister über den Wassern (Canto degli spiriti sopra le acque) di Franz Schubert, sospinto dalla malinconia dei violoncelli e dei contrabbassi. Nonostante le maschere, il canto trasmette tutto il senso di tramonto del testo di Goethe, un parallelo fra il destino umano e gli elementi sempre cangianti della natura, come il vento e l’acqua. È quindi la volta del coro femminile -anche le signore tutte in nero e mascherate- che sale in scena e offre al pubblico i “Vier Gesänge” di Johannes Brahms. Cambia il colore strumentale ma non l’atmosfera malinconica. L’accompagnamento dei due corni e dell’arpa costruisce una cornice in cui le voci femminili trasmettono le tinte forti del romanticismo letterario dei testi. Le note funeree della Trauermusik per archi di Witold Lutosławski completano la prima metà del programma. Stavolta sono i musicisti salire sul palco per ricreare lo spartito inquieto e straziato del compositore polacco. Una musica estraniante che finisce di creare il clima giusto per l’opera di Menotti.
The Medium, una tragedia in due atti, debuttò a New York nel 1946, ispirata dalla forte impressione che il compositore italiano ebbe dall’incontro con una nobildonna inglese che praticava lo spiritismo. Il libretto, dello stesso Menotti, racconta la storia di Madame Flora che organizza false sedute spiritiche a fini di lucro. Sua figlia Monica, una sognatrice a occhi aperti e Toby, il ragazzo orfano e muto che vive con loro, la aiutano nelle sue messinscene. Il business funziona e i clienti di Flora sono fermamente convinti di poter entrare in contatto con i parenti defunti. Madame Flora invece pensa poco al soprannaturale e molto ai soldi, fino al giorno in cui durante una seduta avverte una mano fredda sul collo. Da lì si scatena la china discendente della tragedia. L’ormai incerta Flora incolpa il povero Toby, si dà alla bottiglia e scivola nella pazzia finché il destino non fa il suo corso.
Il team registico capitanato da Hans Walter Richter colloca l’opera da camera di Menotti in una scena fissa allestita da Kaspar Glarner. Pareti verde bottiglia e luci fioche. Decor borghese e precisi costumi metà novecento preparati da Cornelia Schmidt. Al centro della scena il tavolo rotondo delle sedute. Un ambiente perfetto per lo spiritismo (falso) di Madame Flora e il dramma familiare a forti tinte che si compirà.
Se lo sviluppo è ossessivo, dal punto di vista musicale la serata è una festa. Dshamilja Kaiser è una Madame Flora in grande spolvero. Il mezzosoprano traccia la parabola di un’anima tormentata con voce voluminosa, ricca di accenti drammatici e indubbie capacità sceniche. Il soprano Gloria Rehm presta voce e gesto alla figlia Monica, che cerca di mantenere in equilibrio la precaria situazione familiare e intrattiene una relazione un po’ sfuggente col giovane Toby. Voce luminosa ma capace di sfoggiare anche i colori caldi della ninna nanna “The Black Swan”, il momento più lirico dell’opera, e gli accenti gioiosi del walzer. Marek Löcker veste con bravura i panni di Toby, il ragazzino angariato da Madame Flora. Talmente vessato che alla fine si toglierà la vita (nella storia originale è ucciso per errore dalla falsa sensitiva).
Efficace e caricaturale il terzetto di gabbati che non si vogliono arrendere neanche all’evidenza della truffa (Barbara Zechmeister è Mrs Gobineau, Dietrich Volle interpreta Mr Gobineau e Kelsey Lauritano si immedesima in Mrs Nolan). La partitura è un altorilievo variegato. Il Generalmusikdirektor Sebastian Weigle, ai comandi della Frankfurter Opern- und Museumsorchester a ranghi ridotti, ne distilla con destrezza i toni classici, a tratti un po’ veristi e allo stesso tempo cinematografici (nel 1951 lo stesso Menotti stesso girò una versione per il grande schermo).
Si è assistito a una serata di forte impatto emotivo, con ampie concessioni al sovrannaturale, e di gran qualità musicale. Ben meritati gli applausi finali tributati a tutti i protagonisti.