Nelle due settimane che precedono il giorno di San Valentino, torna a grande richiesta la storia tragica degli innamorati di Verona, il Romeo e Giulietta firmato Binasco con Riccardo Scamarcio.
Il pubblico, numeroso, è variegato: tanti giovani, come tanti habitué del teatro, segno che questa versione, che ha ricevuto nel 2011 numerosi premi (Ubu per la regia, Flaiano per miglior attore protagonista, Le Maschere del teatro per miglior attore non protagonista per Filippo Dini), incuriosisce e richiama ancora, un anno dopo. Il passaparola è stato positivo, merito della nuova chiave di lettura trovata per mettere in scena la celebre opera di William Shakespeare. L’adattamento di Valerio Binasco e Fausto Paravidino, da vari anni nomi di richiamo del teatro italiano, fa leva sulla coralità e sulla caratterizzazione dei personaggi secondari, inseriti nella realtà di una fredda città di provincia del nord, continuando l’approccio scelto ne La malattia della famiglia M, Peanuts, Texas, Crociate, lavori teatrali e cinematografici che in vario modo hanno coinvolto i due autori. Romeo e Giulietta tratteggia con varietà di espressione ogni singolo personaggio, anche attraverso lo strumento linguistico, che Paravidino plasma attingendo al registro alto, con rime baciate e vocaboli ricercati accostati con cura certosina, e a quello volgare, con innesti di slang contemporaneo, interiezioni dialettali e imprecazioni assestate qua e là per allentare la tensione drammatica e tenere viva l’attenzione. Forte è il richiamo della provincia: i personaggi secondari parlano con cadenza veneta e le vendette si decidono al bar, seduti su sedie di plastica, sorseggiando una birra. Romeo e Giulietta è ormai un’opera senza tempo e come tale i due autori Binasco-Paravidino non scelgono una collocazione temporale precisa. Ci sono spade, pugnali, messaggeri, ma anche bici, stereo, lampadari e palmizi elettrici colorati. Padre Lorenzo (Filippo Dini) sotto l’abito talare indossa una maglietta degli Iron Maiden, Romeo ha gli occhiali e Giulietta ha i capelli corti. I monologhi decisivi, però, non vengono contaminati e mantengono lo spirito che ci si aspetta che abbiano: solenni, aulici, eterni. La morte di Mercuzio (un magnetico Andrea Di Casa) e del giovane Tebaldo, Montecchi l’uno e Capuleti l’altro, segna l’apice della tragedia del primo atto e apre il secondo, ritmato dal suono delle campane a morto, senza più sprazzi allegri e festosi. I tristi presagi si avverano e la tragedia si compie. Gli attori, giovani e meno giovani, aprono e chiudono la piéce fermi come per un’istantanea, da cui partono flashback e sequenze dal sapore cinematografico. Riccardo Scamarcio, dopo essere diventato l’idolo delle ragazze per tante pellicole generazionali, alla sua prima prova teatrale, ben supportato dall’abile regia di Valerio Binasco, sceglie di dare al personaggio una connotazione non dissimile dai personaggi che l’hanno reso famoso; Deniz Ozdogan, attrice di teatro turca da anni trapiantata in Italia, con i suoi grandi occhi espressivi interpreta una Giulietta contemporanea, fuori dagli schemi tradizionali, sbarazzina e mai smielata.
Sul palco, oltre ai già nominati anche Antonio Zavatteri, Lisa Galantini, Giampiero Rappa, Simone Luglio, Giampiero Rappa, Fulvio Pepe, Milvia Marigliano (la balia), Nicoletta Robello, Marcela Serli (madre di Giulietta), Fabrizio Contri, Fulvio Pepe, Simone Luglio, Gianmaria Martini (Tebaldo) e Roberto Turchetta (Paride) e poi Emanuele Arciprete, Giada Caruso, Giuseppe Cristiano, Eleonora Mainardi, Francesco Formichetti, Martina Manufò, Massimiliano Frateschi, Riccardo Morgante, Claudio Suriano.
Romeo e Giulietta di Valerio Binasco con Riccardo Scamarcio all’Eliseo di Roma
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