Intervista a cura di Il Granchio in Frack
“Il giro del mondo in 80 minuti” e “Viaggiando oltre il cielo. I segreti del Cosmo svelati dal primo astronauta italiano“.
Per chi, come me, è sempre a caccia di viaggi insoliti e luoghi fuori dall’usuale, trovarsi davanti a due titoli come questi significa avere la tachicardia e l’eccitazione da vigilia di Natale.
H. D. Thoreau scriveva: “il viaggiatore più veloce è colui che va a piedi“. Pfff… caro amico Henry mi spiace contraddirti ma esiste qualcuno di gran lunga più veloce: l’astronauta.
Umberto Guidoni, grazie alla sua impresa, avrebbe fatto impallidire il povero Jules Verne. Me lo immagino intervenire dal fondo della sala del Reform Club mentre Phileas Fogg comunica la sua intenzione di circumnavigare il globo. “Impiegherò 80 giorni” annuncia con fare impettito Fogg. “Anche io posso riuscirci”, interviene Guidoni, “ma a me basteranno 80 minuti”.
Dottore lei è stato il primo astronauta italiano; nel febbraio del 1996 ha partecipato alla missione NASA a bordo dello Space Shuttle Columbia (STS-75), e nel 2001 la ritroviamo nello spazio sulla navetta Endeavour per la sua seconda missione NASA; si tratta di uno dei voli di assemblaggio dell’International Space Station e lei sarà il primo astronauta europeo a visitare la Stazione Spaziale Internazionale.
Mentre leggevo l’affascinate descrizione delle fasi del suo addestramento e della missione, una cosa tra le tante ha catturato la mia attenzione: il poter galleggiare in assenza di gravità come un petalo soffiato via dal vento. Devo dire che è quasi più affascinante del riuscire a viaggiare ad una velocità che supera quella della luce ma mi dica: quanto è complicato in realtà muoversi senza avere la naturale percezione degli spazi e del peso?
Nello spazio si entra in una dimensione completamente nuova. Una volta spenti i motori, ci si ritrova a fluttuare in assenza di peso, una libertà di movimento mai provata prima, e basta un dito per spostarsi da un punto all’altro senza alcuna fatica. Alto e basso non hanno più significato e si può lavorare sul soffitto come sul pavimento.
Insieme al vigile del fuoco e alla ballerina, (almeno sino agli anni ’90) la sua professione era l’ambizione di ogni bambino, chi non ha mai detto o pensato: “Io da grande voglio andare nello spazio!”. Tutti sognavano di fare l’astronauta o il cosmonauta, a proposito potrebbe spiegarmi la differenza?
Non c’è differenza tra le attività svolte nello spazio dagli astronauti o dai cosmonauti. Si tratta, piuttosto, di una distinzione che risale agli albori della competizione spaziale fra USA e URSS. Si definisce cosmonauta, chi effettua un volo su un veicolo russo, mentre il termine astronauta si applica a chiunque viaggi a bordo di un mezzo americano. Più recentemente, è stato usato il termine “taikonauta” per identificare gli astronauti cinesi.
Dottore di che colore è lo spazio?
Lo spazio è un immenso oceano di tenebre. Rimane di un nero profondo anche quando c’è il sole, che appare come un disco di un bianco accecante. In queste condizioni, le stelle si possono osservare anche di giorno, come punti luminosi fissi, senza il classico “brillamento” causato dall’atmosfera terrestre.
Ho amato il paragrafo intitolato ‘l’astronave terra’ nel quale descrive la fragilità del nostro mondo e l’unicità di esso. Non posso che condividere le preoccupazioni inerenti la gestione delle nostre risorse e l’intervento umano il più delle volte di natura distruttiva. Prima della pandemia ho avuto il piacere di visitare la mostra ‘Anthropocene’ al Mast di Bologna, una raccolta di gigantografie che documentano i cambiamenti ambientali derivati appunto dall’intervento dell’uomo (come discariche, dighe, cave, deviazioni dei corsi d’acqua). Modifiche che non potranno più essere eliminate e che comportano seri danni all’equilibrio della vita su questo Pianeta. Lei ha avuto sicuramente una percezione, mi passi il termine, più protettiva nei confronti della Terra avendo potuto osservarla dall’esterno nel suo insieme. Ce la può descrivere, come appare vista dallo spazio?
La Terra appare come una splendida isola colorata che rompe la monotonia di un buio senza fine. Una magnifica sfera luminosa, bella e al tempo stesso fragile, tanto che viene voglia di abbracciarla.
Di giorno, non c’è traccia dell’umanità! Ad occhio nudo non si percepiscono le opere dell’uomo e non si distinguono i confini degli stati. Di notte, lo scenario cambia completamente e si vedono le luci delle metropoli. Quello che si nota più spesso, però, sono le ferite che l’umanità ha inferto al pianeta: le aree coperte di smog, la deforestazione e gli incendi che devastano i polmoni verdi del pianeta.
Che tipo di esperimenti vengono svolti nello spazio? Quali sono le scoperte derivate da questi esperimenti che possono essere utili anche per migliorare la vita sulla Terra e la conservazione/salvaguardia del Pianeta?
La Stazione Spaziale Internazionale è l’unico laboratorio di ricerca dove si possono effettuare esperimenti in condizioni di “microgravità”. L’assenza di peso consente ricerche avanzate impossibili sulla Terra. Ad esempio, la sperimentazione di nuovi materiali, di farmaci di nuova concezione, di tecniche per coltivare cellule staminali e produrre in vitro tessuti umani.
L’attività spaziale porta anche a sviluppare tecnologie d’avanguardia, come pannelli solari più efficienti per produrre elettricità a bordo o sistemi per il riciclo dell’acqua e dell’aria. Le tecniche sperimentate in orbita diventano poi utilizzabili sulla Terra, per migliorare la qualità della vita e per ridurre la nostra impronta ecologica sul pianeta.
La cosa più strana che Le è capitata durante il suo soggiorno in orbita? E quella più pericolosa?
In orbita, può accadere di smarrire i piccoli oggetti che, essendo liberi di fluttuare nella cabina, spesso diventano introvabili. Alla fine del volo, quando si ritorna alle normali condizioni di peso, si sente il ticchettio degli oggetti smarriti che cadono sul pavimento metallico dello Space Shuttle.
Durante la mia permanenza a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, il computer centrale smise di funzionare. Senza di esso, la base orbitante era priva di molte funzioni essenziali, come il puntamento dell’antenna di comunicazione o l’orientamento dei pannelli solari. Fu una vera emergenza che ci tenne impegnati a lungo. Impiegammo quasi 24 ore per sostituire il computer difettoso e ripristinare le sue funzioni di comando e controllo.
Praticamente lo Space Shuttle è un po’ come una borsa da donna, tocca girarla sotto sopra per ritrovare le cose nascoste al suo interno. Meno comprensibile e, senza alcun dubbio ammirevole, è l’atteggiamento calmo e controllato dinanzi ad un computer che non risponde più ai comandi. Ho visto persone sprofondare nel panico e perdere la calma difronte ad un microonde che non funzionava (per poi scoprire che non era attaccata la spina). In vena di lusinghe devo ammettere che Lei sarebbe un perfetto compagno di viaggio. Certo che un soggiorno fuori dall’orbita terrestre non riesco nemmeno ad immaginarlo, mi dica: che cosa porta in valigia un uomo che sta per partire per lo spazio?
In realtà, ben poco. Il cibo, i vestiti, tutti gli strumenti e l’attrezzatura di sicurezza sono già a bordo del veicolo spaziale o arrivano con i rifornimenti della stazione spaziale. Unico elemento “personalizzato” è una piccola scatola con le foto della famiglia e alcuni oggetti da regalare agli amici. Sicuramente non si devono portare le scarpe, perché nello spazio non si cammina…
Durante la circumnavigazione del mondo assisteva a 16 tramonti e 16 albe in ventiquattrore terrestri. Probabilmente anche il più romantico tra gli esseri viventi ad un certo punto avrebbe esclamato “che noia!”. Che sensazione suscita l’ assistere ad un così repentino cambio del giorno e della notte?
Con il giorno e la notte che si rincorrono ogni 45 minuti, sembra di vivere in un film accelerato! All’inizio può provocare una certa difficoltà, soprattutto per quanto riguarda il sonno. Ben presto, però, si impara a ignorare cosa succede fuori e si usa l’orologio di bordo per scandire le varie fasi della giornata.
Tra tutte le cose incredibili descritte sui suoi libri, ce n’è una che mi ha fatto sorridere, perché deve sapere che io la prima cosa che faccio appena giunta in un luogo nuovo è: annusarne l’aria; scoprire che persino lo spazio ha un suo profumo particolare, mi ha fatto sorridere e riempire di curiosità. Mi puoi dire che odore ha?
Mentre si compie una passeggiata spaziale, il tessuto della tuta è esposta al vuoto dello spazio e rilascia particelle di gas (degassamento). Quando gli astronauti rientrano a bordo, lo strato superficiale della tuta reagisce con l’ossigeno della cabina e produce un odore pungente, simile a quello della polvere da sparo. Per gli astronauti questo è l’odore dello spazio.
Dopo Dennis Tito che nel 2001 ha viaggiato nello spazio per ‘soli’ 20 milioni di euro (pasti e soggiorno di una settimana sulla SSI inclusi), si è dato il via ad una nuova concezione di turismo: quello spaziale. Cosa ne pensa di questi nuovi facoltosi viaggiatori che sfidano la solitudine e la gravità?
Finora, sole poche centinaia di individui hanno lasciato il nostro pianeta ma il turismo spaziale potrebbe aprire le porte dello spazio a migliaia di persone nel prossimo futuro. Sarebbe un modo per diffondere la consapevolezza di quanto sia prezioso e fragile il nostro splendido pianeta azzurro. Ovviamente bisognerà assicurarsi che ci siano regole di sicurezza chiare e valide per tutte le compagnie private che trasporteranno passeggeri nello spazio.
La Luna non è più raggiungibile, o almeno, le tecnologie degli anni sessanta sono diventate ormai obsolete ciò significa che dovreste ricominciare tutto da zero. Per chi è a digiuno della materia (come me) suonerebbe un po’ come: “la cima della montagna la potevamo raggiungere solo con il treno, ma prima i treni andavano a carbone, adesso sarebbe una cosa impensabile perciò, non costruiamo più treni perché dovremmo progettarli da capo… di conseguenza… scordatevi di tornare sulla cima della montagna.” Come si può andare avanti con la tecnologia ma, nel contempo, tornare indietro?
Negli anni ’60, in piena guerra fredda, la priorità del programma Apollo era di vincere la gara con i russi e di arrivare per primi sulla Luna. La NASA raggiunse l’obiettivo ma i costi astronomici e l’elevato livello di rischio portarono alla cancellazione anticipata del programma e ad un ripiegamento entro l’orbita terrestre. Per questo il nostro satellite è diventato “irraggiungibile” per oltre mezzo secolo.
Stavolta si vuole tornare sulla Luna “per restare” e la priorità sarà la sostenibilità, a cominciare dalla scelta di impiegare le tecnologie del XXI secolo, già collaudate in orbita terrestre. L’esperienza accumulata in oltre vent’anni di operazioni della Stazione Spaziale Internazionale sarà sicuramente preziosa per lo sviluppo di sistemi lunari riutilizzabili.
Se potesse tornare nello spazio, chi o cosa porterebbe con se?
Benché ci siano decine di macchine fotografiche sulla stazione spaziale, porterei uno smartphone di ultima generazione per immortalare i momenti di vita nello spazio, un’esperienza ai confini della realtà.
Ho riletto più volte il passaggio sulla radiazione fossile. Le sue descrizioni scientifiche danno un senso logico alla creazione dell’universo ma mi permetta di domandarle: in sostanza l’universo non è altro che energia, che genera altra energia, che crea a sua volta lo spazio infinito che oggi conosciamo?
Nonostante il nome, il Big Bang non è stata un’esplosione nello spazio; ha rappresentato, invece, l’istante in cui è nato lo spazio e il tempo. È impossibile immaginare le condizioni fisiche di quel singolo punto, estremamente caldo e denso, che conteneva tutto l’universo, ma siamo riusciti a ricostruire i suoi primi istanti di vita e la sua evoluzione fino a oggi.
Secondo Einstein, energia e materia sono interscambiabili, potremmo dire che sono fasi diverse della stessa cosa, un po’ come il vapore d’acqua e il ghiaccio. Quando è nato l’universo, la temperatura era talmente elevata che la materia non poteva esistere. Con l’espansione e il suo raffreddamento, l’energia iniziale si è trasformata: prima in particelle elementari e poi in atomi di idrogeno e elio. Per arrivare alla materia che conosciamo, dobbiamo attendere centinaia di milioni di anni, quando si sono formate le stelle che, grazie alle reazioni nucleari, hanno creato gli elementi più pesanti. Possiamo ben dire di essere fatti della materia delle stelle!
La sua affermazione ha un sapore romantico, ancor più di quella di William Shakespeare che sosteneva fossimo fatti della stessa materia dei sogni. Mi dica Dottor Guidoni, lei che tra le stelle ha viaggiato, è rimasto stupito dallo spazio o era esattamente come lo immaginava? Ha potuto vedere qualcosa di inaspettato e particolare?
Nonostante il lungo addestramento per affrontare un volo nello spazio, la realtà supera di gran lunga le aspettative. Le sensazioni sono tante e diverse, sia dal punto di vista fisico che psicologico. L’assenza di peso crea problemi di orientamento e provoca modificazioni nel proprio corpo (ad esempio una maggiore quantità di sangue nella testa), il cosiddetto “mal di spazio”, che ovviamente ognuno vive in modo diverso.
Un’altra cosa a cui è difficile abituarsi è il bellissimo panorama che si vede dal finestrino. I continenti scorrono rapidamente mentre si percorre un’orbita e le diverse condizioni di luce mostrano aspetti sempre nuovi e particolari del nostro magnifico pianeta.
Quando penso che abbiamo solo una vita e che ci sono posti nel mondo che mai riuscirò a vedere mi sento quasi incompleta, se poi penso allo spazio e alla reale impossibilità di poterlo visitare provo quasi un senso di smarrimento. Lei è come uno speleologo che si cala in un pertugio strettissimo e scopre un mondo sotterraneo all’interno del quale mai nessuno potrà accedere. Io sono profondamente onorata di aver avuto la possibilità di parlare con Lei, perché Lei è stato gli occhi dell’intera umanità, ha visto per tutti noi cosa c’è al di là del mondo e ce lo ha descritto. Grazie a Lei la parola esploratore ha assunto un sapore nuovo.
Il suo lavoro affascina persone di tutte le età, dal bambino di quattro anni all’adulto di cento, non esiste persona al mondo che non spalanchi la bocca volgendo gli occhi al cielo mentre s’ immagina di esplorarlo oltre l’azzurro e avrà sicuramente risposto a decine di migliaia di domande sullo Spazio, ricorda qual’è stata la più strana che le hanno fatto?
Una volta un bambino mi ha chiesto se era possibile parlare con una stella. Sulle prime non sapevo cosa dire ma poi ho pensato a come articolare una risposta. Anche se non si può parlare con le stelle, possiamo ascoltare i suoni emessi dagli astri, segnali radio che arrivano sulla Terra e che riusciamo a catturare grazie alle grandi antenne dei radiotelescopi.
In futuro sarà possibile vivere nello spazio?
Da almeno due decenni astronauti di varie nazionalità vivono a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Molti hanno trascorso 6-7 mesi nello spazio e alcuni addirittura un anno.
In futuro questo sarà possibile anche per individui che non sono astronauti di professione. Ci sono progetti che intendono realizzare basi orbitanti private, per ospitare turisti o persone che andranno a lavorare nello spazio.
La vera novità dei prossimi decenni, però, sarà il ritorno sulla Luna e la creazione di insediamenti umani sulla superficie del nostro satellite. Sarà il primo passo per iniziare la vera “conquista” dello spazio che ci porterà a vivere su Marte e magari sulle lune di Giove e Saturno.
Sembra quasi di prender parte ad un film diretto da Ridley Scott, entusiasmante e assurdo. Chissà se avrò mai l’occasione di ammirare la Terra dal tenebroso spazio, il sol pensiero appare quasi come una follia ma, prima di perdermi in questo sogno ad occhi aperti, volevo domandarLe un’ultima cosa: che cos’è il VIAGGIO per Lei?
Potrei usare le parole di Marcel Proust: «Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi». Vedere la Terra dallo spazio è un vero cambio di prospettiva. Si impara ad amarla e a proteggerla e si capisce che siamo parte di un unico, bellissimo, pianeta. Quando ci si prepara al rientro, non importa se atterriamo in Russia o in America, stiamo comunque “tornando a casa”.