Regista di miracoli e metamorfosi, ne scriveva lo scrittore Gesualdo Bufalino; forse proprio quell’infaticabile capacità di invenzione, visione, sogno fa di Dante il Poeta di un’umanità sospesa fra desiderio e necessità del cambiamento – e del suo capolavoro un testo infinito, un paesaggio illimitato dalle mille e una vita. O, per dirla con Giovanni Sollima, un cantiere aperto: l’artista palermitano è infatti l’autore della prima delle tre commissioni di Ravenna Festival a compositori contemporanei: in attesa del Purgatorio di Tigran Mansurian e del Paradiso secondo Valentin Silvestrov, la prima assoluta di Sei studi sull’Inferno di Dante è in programma giovedì 10 giugno, alle 21.30, alla Rocca Brancaleone. In scena accanto al compositore-violoncellista l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini diretta per l’occasione da Kristjan Järvi, il Coro della Cattedrale di Siena “Guido Chigi Saracini” preparato da Lorenzo Donati e Raffaele Pe, il controtenore che il Sunday Times ha definito una “star del barocco”. L’appuntamento, anche in diretta su Rai Radio 3, è reso possibile dal sostegno di Confindustria Romagna.
“Sulla Commedia – racconta Giovanni Sollima – lavoro dal 1999 quando a New York iniziai a raccogliere un gran numero di traduzioni dantesche: in inglese ma anche in altre lingue straniere, come il turco, o in dialetti italiani come il calabrese e il siciliano. Ciò che mi colpiva allora e mi impressiona tuttora è il profondo radicamento di Dante nella cultura popolare, non soltanto italiana. Per la commissione di Ravenna Festival sono tornato a indagare la matrice popolare dei suoi versi: ho navigato tra i canti dell’Inferno sostando sui momenti più visionari, ossia i luoghi, i volti, gli eventi visti dagli occhi del poeta. Ma quella che emerge è anche una versione a tratti paradossalmente ‘angelica’ della cantica: d’altronde nell’Inferno Dante racconta una cosa umanissima come la pietà e ci parla del dolore in maniera quasi intima.”
Non poteva che essere Giovanni Sollima a portarci all’Inferno – novello Orfeo che ha ammansito i pubblici più disparati, viaggiando andata e ritorno con il suo violoncello tra l’empireo della classica dove ha suonato con i grandi, da Sinopoli ad Argerich, da Yo-Yo Ma a Riccardo Muti, e il più disinvolto, irriverente eclettismo; capofila, accanto a Enrico Melozzi, di un progetto dirompente come i 100Cellos, con cui ha invaso Ravenna nel 2016; uno che non ha paura di attraversare tutti gli strati e i gironi della musica, dagli inni grunge e rock ai paesaggi assolati, brucianti della sua Sicilia e del Mediterraneo. Un diavolo di musicista, insomma, per sei fermate nell’erebo…con più di una sorpresa, perché l’Inferno di Giovanni Sollima non può che essere proprio quello che non ti aspetti.
Il primo dei Sei studi è una sorta di contrafactum del celebre madrigale di Luzzasco Luzzaschi che intona i versi del III canto “Quivi sospiri ed alti guai”. Il secondo affida invece al controtenore i passi del II canto “Io era tra color che son sospesi”, mentre nel terzo, tratto dal XXV canto dove si descrivono le metamorfosi che affliggono i ladri puniti nell’ottava bolgia, le voci sono sottoposte a una forte pressione ritmica e sonora e procedono in sostanziale omoritmia. Il quarto studio, sui versi del V canto, “Nessun maggior dolore”, con cui Francesca introduce il drammatico racconto della relazione con Paolo, torna alla voce solista del controtenore che si alterna al coro in forma responsoriale. Gli ultimi due studi, infine, intonano alcuni passi tratti dal XXV canto con estrema libertà metrica e a tratti il tono di una canzone popolare. Il programma si completerà con un brano di Bach (la Suite n. 3 per violoncello solo, BWV 1009) e due composizioni, Terra con variazioni e Runic Prayer, firmate rispettivamente dallo stesso Sollima e dal direttore estone.
Kristjan Järvi, che sarà alla testa dell’Orchestra Cherubini, condivide con Sollima la generosità di musicista senza confini né pregiudizi: nato a Tallinn ma cresciuto a New York, Järvi ha diretto in concerto formazioni prestigiose quali la London Symphony, l’Orchestre National de France, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, i Berliner Philharmoniker; ma ha al proprio attivo collaborazioni con Arvo Pärt e Steve Reich, con Anoushka Shankar e i fratelli Wachowski. Questo è il suo debutto a Ravenna Festival.
È invece un ritorno quello di Raffaele Pe, già ospite in passate edizioni: raffinato interprete di Händel, ma con un repertorio musicale che va dal recitar cantando all’opera contemporanea, il controtenore si è esibito anche al Musikverein, al Palau da Musica di Barcellona, alla Wigmore Hall di Londra, al Teatro Reale di Madrid. Con il suo collettivo La Lira di Orfeo ha inciso l’album solista “Giulio Cesare. A Baroque Hero” che si è aggiudicato il Premio Abbiati nel 2019.
Il Coro della Cattedrale di Siena “Guido Chigi Saracini“, diretto da Lorenzo Donati, è nato a settembre 2016 dalla partnership tra l’Opera della Metropolitana e l’Accademia Musicale Chigiana; un progetto che ha come obiettivo la presenza a Siena di un complesso artistico stabile che punti ai vertici della prassi esecutiva e interpretativa del repertorio liturgico.
Il Purgatorio di Tigran Mansurian, il più importante compositore armeno, sarà invece eseguito in prima mondiale a Erevan il 4 luglio, con la direzione di Riccardo Muti, nell’ambito delle Vie dell’Amicizia; sempre Muti lo dirigerà a Ravenna il prossimo 12 settembre, per il concerto solenne a conclusione delle celebrazioni per il VII centenario. O luce etterna, con cui Valentin Silvestrov dà forma sonora alla luminosa evanescenza del Paradiso, debutterà il 9 luglio a Sant’Apollinare in Classe, con il Coro da camera di Kiev diretto da Mykola Hobdych.
Info e prevendite: 0544 249244 – www.ravennafestival.org
Biglietti: da 25 a 45 Euro, under 18 5 Euro
L’appuntamento è in diretta streaming su ravennafestival.live