Tutti i lavoratori del Teatro alla Scala hanno appreso con sgomento e commozione la notizia della scomparsa di Graham Vick.
Nato a Birkenhead presso Liverpool nel 1953, Graham Vick è stato una delle figure più significative della regia contemporanea, un Maestro capace di rivelare la forza delle partiture che metteva in scena e riscoprire la loro capacità di interrogare e commuovere il pubblico.
Alla Scala Vick debutta nel 1996 con la prima assoluta di Outis, la penultima opera di Luciano Berio, su libretto di Dario Del Corno, direttore David Robertson. Non mancano le polemiche, ma è un successo, e il Teatro lo chiama per l’inaugurazione della Stagione 1997/1998 con Macbeth di Verdi diretto da Riccardo Muti. La Scala non aveva mai osato un allestimento così astratto e contemporaneo per un’opera di Verdi, e tanto meno per un 7 dicembre, ma alla fine ci sono 13 minuti di applausi. Vick torna alla Scala per una nuova inaugurazione verdiana con Riccardo Muti nel 2001: Otello, protagonista Plácido Domingo, si vale della suprema eleganza scenografica di Ezio Frigerio e dei costumi di Franca Squarciapino ma propone ancora la visione geometrica dello spazio di Macbeth. Nel 2005 arriva alla Scala dal Festival di Glyndebourne il celebre allestimento di Onegin di Čajkovskij, in costumi ottocenteschi tra le spighe di grano, con la direzione di Vladimir Jurovskij. Infine, nel 2019, Vick torna alla Scala con una nuova produzione di Die tote Stadt di Korngold diretta da Alan Gilbert, visionaria e vibrante di passione politica e sensuale, protagonista Asmik Grigorian. Cinque spettacoli memorabili, diversissimi l’uno dall’altro come erano sempre diversi quelli di Vick, tutti capaci di combinare acribia razionale, sconfinata cultura teatrale e impatto emotivo, intima sensibilità e dimensione civile.