Valter Malosti, già recentemente premiato per Quattro atti profani e Shakespeare/Venere e Adone, porta in scena Signorina Giulia di August Strindberg e sceglie Valeria Solarino per il ruolo della scandalosa contessina. E si tratta di un ritorno alle origini, come sottolineato orgogliosamente dalla Solarino che artisticamente è nata alla Scuola del Teatro Stabile di Torino (che coproduce lo spettacolo insieme al Teatro di Dioniso, di cui Malosti è direttore artistico e anima), ma che ha raggiunto il successo come attrice cinematografica. Dramma naturalistico per eccellenza, La signorina Julie (del 1888), subì inevitabilmente gli strali della censura e portandolo in scena. Malosti pensa bene di recuperarne in pieno l’essenza concreta anche se l’incipit dello spettacolo (la cuoca entra in scena a luci accese, in lontananza si percepisce la musica della festa) e la scena in realtà hanno ben poco di naturalistico. Eccezion fatta per la cucina di Cristina, la fidanzata di Giovanni, che risulta di fatto appartata sul palco, la scena (di Margherita Palli) si presenta su un pianale inclinato rompendo gli schemi tradizionali con l’anomala e avventurosa collocazione di porte, botole (Giulia scende verso il baso e la nottata non è forse una discesa agli inferi?) e finestre sghembe che si fanno spazio dalle pareti di un muro quasi distrutto. Se Malosti, adattando il testo, si discosta volontariamente dal naturalismo apparente, preferendo alla musica popolare la musica tecno nella festa che si consuma fuori la cucina, amplificando le voci o inserendo suoni in playback (la bottiglia stappata, l’aprirsi della porta), utilizzando le luci in modo plateale, proiettando il rapporto sessuale fra Giovanni e Giulia nella solitudine di Cristina, riesce invece a cogliere la vera essenza del dramma, analizzando la psicologia e le pulsioni dei personaggi, studiandoli come gli animali di un esperimento scientifico. Malosti crea un atto unico teso e lucido, un gioco al massacro dalla fisicità dirompente e dalla recitazione a tratti sopra le righe in cui avanzano pericolosamente e irreversibilmente l’inevitabile lotta di classe e la contrapposizione fra i sessi, il confine oltrepassato dalla vanitosa contessina nella notte di mezza estate quando, complice l’alcool e un’ostentata presunta superiorità sulle regole vigenti, la contessina Julia seduce (nonostante gli ammonimenti) l’ambizioso servo Giovanni. Con conseguenze fatali. Di pelle vestito, Malosti è un luciferino, ambizioso, cinico Giovanni che si contraddistingue per la recitazione esplicita e misurata e le crudeli parole che scivolano via con noncurante scioltezza anche nei momenti di maggiore tensione emotiva mantenendo la lucidità. Valeria Solarino, che torna a teatro proprio con questo testo, si adopera in tutti i modi per animare la sua Giulia. La sua bellezza viene quasi raggelata in una fisicità quasi esagitata, eccessiva e volutamente sgraziata (la contessina se ne infischia delle convenzioni perché se ne ritiene superiore e si vede), i toni quasi urlati, la recitazione a tratti volutamente sopra le righe. La solida Federica Fracassi, già premio Ubu, è la razionale e rispettosa cuoca Cristina, fidanzata di Giovanni. Non è uno Strindberg tradizionale, ma cinico e lussurioso, molto affascinante. In scena fino al 26 febbraio al Teatro Eliseo di Roma.