Avremmo voluto presentare la rassegna EXPO • TEATRO senza parlare di quanto accaduto in questo ultimo anno e mezzo, ma non possiamo e forse non sarebbe nemmeno giusto farlo.
Quanto è accaduto, a partire dal mese di marzo 2020, ha profondamente inciso nel tessuto sociale della nostra comunità, sia nei comportamenti collettivi che in quelli individuali e non possiamo non tenerne conto. La pandemia ha modificato la nostra idea di condivisione, di prossemica, di fiducia reciproca. Se prima entrando in una sala teatrale ci confortava trovarla piena, oggi l’effetto per molti è diverso. La lunga e forzata chiusura delle sale teatrali ha colpito duramente l’intero comparto che oggi, con il conseguente contingentamento degli spazi, si trova a dover pensare ad una ripartenza “monca” e di conseguenza molto difficile da affrontare.
Le difficoltà sono indubbiamente legate alla sostenibilità economica dei progetti, ma non solo a questo, perché per immaginare il futuro dello spettacolo dal vivo è necessario tener conto di tutti gli aspetti che lo compongono. Tra questi, uno di quelli che più ci preoccupa è legato al rapporto con il pubblico che resta alla base dello spettacolo dal vivo e che in ogni caso andrà non solo rinnovato, ma probabilmente rifondato. È necessario ristabilire il “patto” tra operatori culturali, artisti e spettatori.
Così è nata l’idea di EXPO – TEATRO, una rassegna di nuova drammaturgia contemporanea che in questa sua prima edizione ha voluto concentrarsi esclusivamente su autori italiani. La ragione di questa scelta riguarda soprattutto l’esiguo spazio che i cartelloni dei teatri “maggiori” negli ultimi anni hanno riservato alla nostra drammaturgia. Inoltre con la chiusura di molti teatri “minori” (in termini di capienza), che spesso hanno avuto la funzione di “trampolino di lancio” delle nuove realtà teatrali, per molti autori e artisti è venuta meno l’opportunità di farsi conoscere e di proporsi.
Una scelta che non deriva solo dall’osservazione di ciò che offre il mercato teatrale italiano, ma anche dalla convinzione che la drammaturgia contemporanea ha una significativa funzione sociale e può essere un validissimo strumento di conoscenza, analisi e riflessione della nostra società, dei nostri comportamenti, della nostra storia e delle nostre ambizioni. Abbiamo selezionato autori e registi che condividessero con noi l’idea di un teatro aperto ai nuovi stimoli, ai nuovi linguaggi, alle commistioni e allo sconfinamento di generi sia da un punto di vista drammaturgico che di messinscena. Con l’obiettivo, ambizioso sì, ma necessario, di presentare qualcosa di originale, curioso, degno di nota.
dal 5 al 10 ottobre 2021
IL CASO BRAIBANTI
di MASSIMILIANO PALMESE
con FABIO BUSSOTTI e MAURO CONTE
musica composta ed eseguita da MAURO VERRONE
regia GIUSEPPE MARINI
Nell’ottobre del 1964 Aldo Braibanti – ex-partigiano torturato dai nazifascisti, comunista e omosessuale, artista, poeta, appassionato di filosofia e studioso della vita delle formiche – venne denunciato “per aver assoggettato fisicamente e psichicamente” il ventunenne Giovanni Sanfratello. Il processo a Braibanti si aprì il 12 giugno 1968, mentre divampava la Contestazione e i giovani di tutto il mondo chiedevano a gran voce più ampie libertà. Davanti alla Corte sfilarono familiari, preti, medici e testimoni corrotti, e Aldo Braibanti finì col divenire il capro espiatorio di un duro scontro generazionale.
dal 12 al 31 ottobre 2021
LA DIFFICILISSIMA STORIA DELLA VITA DI
CICCIO SPERANZA
di ALBERTO FUMAGALLI
con FRANCESCO GIORDANO, GIACOMO BOTTONI, ANTONIO ORLANDO
costumi Giulio Morini
aiuto regia Tommaso Ferrero
regia LUDOVICA D’AURIA e ALBERTO FUMAGALLI
Ciccio Speranza è un ragazzo grasso, ma leggero, con un’anima talmente delicata che potrebbe sembrare quella di una principessa nordeuropea. Vive in una vecchia catapecchia di provincia dove si sente soffocare perché ha un sogno troppo grande per poter rimanere in un cassetto di legno marcio: vuole danzare.
In una sperduta provincia di un’Italia sperduta, la sperduta famiglia Speranza vive da generazioni le stesse lunghissime giornate. Sebastiano è il padre di Ciccio, violento e greve come un tamburo di pelle di capra in un concerto di ottavini.
Dennis è il fratello di Ciccio, con l’apertura mentale di uno che va a Bangkok e spacca tutto perché non sanno fare pasta, patate e cozze.
Solo, nella sua fragilità, Ciccio vuole scappare da quel luogo che mai ha sentito come casa. Attraverso il suo linguaggio gutturale, il suo corpo grassissimo e il suo sogno impacciato, il nostro protagonista, in tutù rosa non smetterà mai di danzare, raccontandoci la sua vita così come la desidera.
Ciccio appartiene ad un mondo lontano, dove non c’è nessuna possibilità di esaudire il proprio sogno. Il suo destino è segnato, il suo carattere è condizionato, la sua vita è soffocata da un ambiente che gli sta stretto.
Dunque, perché rattrappire i propri istinti? Solo perché la cicogna ci ha fatto cadere lontano dalla terra promessa? Perché sentirsi schiacciati da una famiglia che non vuole conoscere un mondo che sta oltre il proprio campo di fagioli?
Premio della Critica “Roma Fringe Festival” 2020
Migliore Spettacolo “Roma Fringe Festival” 2020
Premio Fersen “Roma Fringe Festival” 2020
Finalista “In-Box” 2020
Orario spettacoli: dal martedì al sabato ore 21 • domenica ore 18
Biglietti: € 15 • Over 65 € 12 • Operatori e Cral € 10