È sempre sorprendente ascoltare Simone Rubino, giovane virtuoso percussionista che mercoledì 3 novembre alle ore 20.30 sarà ospite della Stagione da Camera dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. One man show, quindi, in cui Rubino è capace di costruire un ponte fra generazioni, stili, idee musicali. Un rapido sguardo alla sua discografia basta per capire come la ricerca di un legame (tra l’antico e il nuovo, tra il sacro e il profano, tra il “popolare” e il “colto”) sia alla base di sperimentazioni, diverse e audaci. Nei suoi concerti non è inusuale che attraverso il ritmo, dialoghino tra loro autori apparentemente molto lontani – da J.S. Bach (Ciaccona dalla Partita n. 2), a Alexej Gerassimez (Asventuras per tamburo solo), da Lamberto Curtoni a Iannis Xenakis (Rebonds) – o che si sia trasportati dall’energia, in un vortice affascinante e irresistibile come accade in Bad Touch di Casey Cangelosi, definito per il suo virtuosismo “il Paganini delle percussioni”. Definizione che di fatto ben si adatta anche a Simone Rubino. Appassionato di percussioni sin da bambino, Rubino ha studiato al Conservatorio di Torino e si è perfezionato alla Hochschule für Musik di Monaco di Baviera; enfant prodige ha vinto prestigiosi concorsi internazionali (come l’ARD-Musikwettbewerb di Monaco e il premio Young Artists Award al Festival di Lucerna). Una brillante carriera, avviata a poco più di vent’anni, che lo ha portato a essere a pochi anni di distanza un nome presente nei programmi dei più importanti teatri del mondo.
Ogni suo concerto è all’insegna del virtuosismo e di un entusiasmo contagioso: Rubino esplora tutte le possibilità timbriche ed espressive delle percussioni e commissiona anche pezzi nuovi seguendo un’idea molto precisa: “Voglio provare a comunicare il fascino delle percussioni e nel contempo desidero mettere in campo le mie idee, mirate ad andare oltre ai limiti ‘storici’ identitari legati alla concezione verticale della musica da loro prodotta”.
L’esigenza di intraprendere nuove strade lo ha portato anche ad approfondire uno studio sulla propria voce, soprattutto nella sua componente femminile, in grado così di compensare la parte ‘maschile’ del gesto percussivo. I brani di Lamberto Curtoni su testi della poetessa Mariangela Gualtieri – commissionati dallo stesso Rubino – nascono proprio da questa esigenza, che ha dato vita a La Preghiera più alta – per vibrafono e voce, e a Quel metro che ci avvicina nei quali Simone Rubino si esibisce come controtenore e percussionista.
Simone Rubino
Dopo aver vinto il concorso ARD nel 2014 e aver ricevuto il Crédit Suisse Young Artist Award nel 2016, Simone non ha mai smesso di attirare un pubblico entusiasta sia come solista (con i Wiener Philharmoniker e la Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks, fra altre orchestre) sotto la direzione di maestri quali Zubin Mehta, Manfred Honeck e Tan Dun, sia in collaborazioni straordinarie (con le sorelle Labèque e Beatrice Rana, fra altri). Ospite regolare di Festival quali il Lucerne Festival, lo Schleswig-Holstein Musik Festival e La folle Journée (sia in Francia sia in Giappone), ha trasportato le percussioni dalla periferia al centro della scena classica, contemporanea e addirittura barocca.
L’idea di costruire un ponte – fra generazioni, stili, idee – è centrale nel processo creativo di Simone. Un rapido sguardo alla sua discografia basterà per capire come il processo di accostamento (dell’antico e del nuovo, del sacro e del profano, del “popolare” e del “colto”) stia alla base delle sue sperimentazioni, diverse ed audaci: da Bach, a Piazzolla a John Cage, passando per affascinanti Jeux d’Eau e cori di voci bianche.
In particolare, gli incontri e scontri fra generazioni sono il tema d’elezione dell’artista oggi: la ricchezza e le sfide poste dal dialogo fra gli antichi e i moderni, fra padri e figli, fra classico e contemporaneo.
Fra l’altro, Simone si pone la sfida di riavvicinare le generazioni di oggi alle sale da concerto.
Fellow, dal febbraio 2020, della Borletti-Buitoni Trust, Simone ha deciso di dedicare interamente il premio alle sperimentazioni in questa direzione e alla commissione di opere originali.
Prima, Il ritmo della Terra (2020), concepita con Lamberto Curtoni nel corso del primo lock-down della pandemia di Covid-19, in cui Simone si fa portavoce, attraverso le parole della poetessa Mariangela Gualtieri, dell’umanità passata che riscopre la Natura (e se stessa) da dietro le finestre, nell’isolamento, ponendo così le basi per un’umanità futura. Poi, Little Prince, un progetto interdisciplinare intorno al Piccolo Principe di Saint-Exupéry che, come Il Ritmo della Terra, prevede che l’artista porti in scena, oltre alle percussioni, anche la propria voce. Con musiche originali di Peter Wittrich, la creazione sarà presentata in prima assoluta in dicembre 2021 all’Heidelberger Frühling.
Accanto ai progetti multidisciplinari, la stagione 2021/2022 prevede collaborazioni con orchestre quali la Konzerthausorchester di Berlino, l’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano e la Kammerakademie Potsdam, sotto la direzione, rispettivamente, di Michael Sanderling, Kristian Jarvi e Antonello Malacorda.
Nato a Torino nel 1993, Simone Rubino si è formato con Riccardo Balbinutti al Conservatorio Giuseppe Verdi, nella sua città natale, prima di trasferirsi a Monaco di Baviera per unirsi alla classe di Peter Sadlo.
Dal 2019 è titolare di una cattedra di percussioni alla Haute École de Musique di Losanna, nonché di una visiting professor chair alla Universität der Künste di Berlino.
Mercoledì 3 novembre ore 20.30
Auditorium Parco della Musica di Roma – Sala Sinopoli
Simone Rubino percussioni
Alexej Gerassimez Asventuras per tamburo solo
Lamberto Curtoni La Preghiera più alta – per vibrafono e voce su testi di Mariangela Gualtieri
Casey Cangelosi Bad Touch
Iannis Xenakis Rebonds
Lamberto Curtoni Quel Metro che ci avvicina
J.S. Bach Ciaccona dalla Partita n.2 per violino (trascr. E. Eguez)
www.santacecilia.it
biglietti da €18 a €38