“Re Pippuzzu fattu a manu” è uno spettacolo originale che prende spunto dalle favole della Calabria e che ha letteralmente rapito il pubblico del teatro del Grillo di Soverato (Cz). Quello che è interessante sottolineare, al di là dell’alto valore artistico, va sottolineato come si tratti di un lavoro di ricerca all’interno della tradizione calabrese, operazione compiuta e portata sul palco del teatro soveratese nel terzo appuntamento della stagione 2021/22 “Ritorno al futuro”. Cosicché Dario De Luca dà corpo e voce a “Re Pippuzzu fattu a manu” mentre Gianfranco De Franco ne cura i suoni con una sonorizzazione fatta di strumenti che parlano un linguaggio tanto antico quanto contemporaneo (De Franco utilizza strumenti a fiato tradizionali ed elettronica), creando suoni e atmosfere a metà tra magie, miti e illusioni.
E’ un racconto popolare raccolto da un fine letterato nativo di Palmi come Letterio Di Francia da fiabe e novelle calabresi tratto da “Re Pepe e il vento magico”.
A dispetto del titolo, protagonista della storia non è un re, ma la figlia di re Pipuzzu, “reginotta” sicura del fatto suo e “capatosta”dal cuore sensibile e dall’animo combattivo, che decide d’essere lei stessa unica padrona del suo destino. De Luca ce la riconsegna, secondo tradizione, in gonna lunga blu e maglia bianca, scalza.
Quando il padre le propone una schiera di possibili mariti, lei preferisce costruirsene uno da sé. Perché “gli uomini chisti su:” inconcludenti, brutti, tamarri, voltafaccia. Decide di farsi un marito da sola, al setaccio che è un tamburo, con acqua, sale e farina. De Luca lo impasta con una filastrocca (Re Pippuzzu fattu a manu). Ben sei mesi per crearlo con tutti gli ingredienti che servono per realizzarlo alla perfezione questo marito: intelligenza, fedeltà, bontà, passione, gelosia, coraggio. E con una bocca piccante al peperoncino. Finalmente dopo questo lungo periodo, re Pippuzzu è pronto. Ma durante una passeggiata in una giornata di forte vento, vola via. Reginotta disperata si chiude nelle sue stanze, ma non si dà per vinta e decide d’andare a cercarlo nel bosco. Durante il cammino, lungo e tortuoso incontra tre vecchi i quali la omaggiano con una castagna, una noce e una nocciola. Questi doni sono la chiave per ritrovare l’amato re.
L’emozione del racconto si coniuga con la ricostruzione antropologica e sociale della Calabria con alcuni dei tratti distintivi: dal cibo, all’ospitalità al destino di questa Terra dalle profonde radici che è stato e rimane la perenne mobilità della gente che la popola. E poi c’è il riscatto della donna quasi sempre presente e dominante nelle fiabe calabresi che come in Re Pippuzzu appaiono forti, volitive e artefici del loro destino. Non esistono più le Cenerentole in attesa del principe, ma reginotte.
Magistrale l’interpretazione e la lettura di De Luca di ogni personaggio della fiaba che Reginotta incontra: dalla Draghessa alla sua serva, ai carcerati agli anziani del villaggio. Capace di farci sognare ed emozionare, l’attore, ma anche regista e drammaturgo nonché direttore artistico, insieme a Saverio La Ruina, di “Scena verticale”, ha tenuto il pubblico del Grillo con il fiato sospeso fino alla fine…