A sipario aperto e luci accese, l’attore sale sul palco e inizia a pronunciare il celeberrimo monologo “Essere o non essere, è questo il dilemma”.
Giorgio Barberio Corsetti ci proietta così al centro del dramma di Amleto. Dietro di lui l’oscurità è movimentata da presenze che, emergendo, compongono con lettere luminose la scritta “Io ero Amleto”. Quella che va in scena è la tragica vicenda del principe danese nella versione in chiave moderna di Barberio Corsetti, consulente artistico del Teatro di Roma che con questa prima assoluta ne inaugura la stagione.
I dubbi, i tormenti, i sentimenti contrastanti del personaggio di Shakespeare si materializzano in un luogo claustrofobico, cupo spazio delimitato da nere pareti mobili che si ribaltano in piani inclinati che richiedono un’attenta capacità di controllo dell’equilibrio.
La poderosa macchina scenica, azionata a vista da macchinisti, ruotando definisce gli spazi della reggia di Elsinore popolata dai noti personaggi: il re Claudio che ha usurpato il trono al fratello assassinato e ne ha sposato la moglie Gertrude, il ciambellano Polonio con la dolce figlia Ofelia legata da tenero amore ad Amleto, l’amico Orazio che incontra il fantasma del vecchio re morto, i due ingannatori Rosencrantz e Guildenstern.
Tutti sono nostri contemporanei, abbigliati in foggia moderna: la regina in tailleur pantalone bianco fuma nervosamente, Ofelia suona la chitarra elettrica e canta, il re Claudio indossa la giacca. Estrapolata dall’ambientazione storica originaria la vicenda di Amleto, travalicando il tempo, diventa universale ed eterna e può essere rappresentata dall’uomo contemporaneo che soffre infinitamente per i soprusi e le angosce esistenziali.
Mentre l’Amleto letterario è un giovane dilaniato dal dilemma se arrendersi al destino e vendicare l’assassinio del padre o compiere la scelta di sottrarvisi, l’Amleto moderno è una monade in un mondo di solitudine dove è obbligato a trovare il suo posto, restando in bilico su infidi piani inclinati.
C’è sempre un Amleto. Anzi, tutti siamo Amleto, privati del diritto a occupare autonomamente il proprio posto nel mondo.
In senso lato ‘essere o non essere’ oggi per l’umanità è il tormento da cui ripartire, puntando sulla condivisione e sul teatro come luogo emblematico del tornare a incontrarsi. E l’entrata in scena di Amleto dal fondo con le luci accese è un segno di accoglienza per gli spettatori in sala ai quali si rivolge, ponendosi quasi sempre sul proscenio e scendendo anche in platea, per rivelare loro i suoi tormenti interiori.
“Amleto accoglie il pubblico in teatro, il suo e nostro teatro intimo, profondo, nascosto. È solo sulla scena, che è lo spazio della sua mente. È un testo che mette al centro il teatro, ancora più centrale dopo questa lunga stagione di teatri chiusi” spiega il regista, impegnato da decenni ad esplorare attraverso i suoi spettacoli il confine tra il teatro e le altre discipline della scena, e che firma anche l’adattamento del testo su traduzione di Cesare Garboli.
L’allestimento scenico di Elsinore come struttura mobile con strette scale e piani inclinati, luogo della coscienza che diventa visibile solo nello spazio teatrale, impone agli interpreti una performante agilità fisica.
Fausto Cabra (diplomato alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano, ha ricevuto i Premi Salvo Randone 2005 come miglior giovane attore neodiplomato italiano, Ernesto Calindri come miglior attore emergente 2007, Hystrio-Mariangela Melato come miglior rivelazione 2015) è tormentato e instancabile nell’uso della voce e del corpo del protagonista. La regina Gertrude ha l’avvenente prorompenza di Sara Putignano affiancata dalla monocorde malvagità del re Claudio di Michelangelo Dalisi. Dotata di virtù canore e musicali e fisicamente scattante Mimosa Campironi è un’Ofelia davvero straziante nella scena della follia. Francesco Bolo Rossini è un misurato Polonio, e poi Francesco Sferrazza Papa, Giovanni Prosperi, Dario Caccuri, Diego Giangrasso, Iacopo Nestori.
Musiche e architetture sonore di Massimo Sigillò Massara, scene di Massimo Troncanetti, costumi di Francesco Esposito, luci di Camilla Piccioni.
foto di :©ClaudiaPajewski