Con Paolo Mazzarelli
Scene Paola Castrignanò
Sound design e musiche originali Luca Canciello
Disegno luci Luigi Biondi
Immagine locandina GIPI
Produzione Theatron Produzioni
Con il supporto di Centro Teatrale Umbro | Angelo Mai
Giovedì/sabato 21.00
Domenica 17.45
Un noto attore immaginario – Pippo Soffiavento – è in scena con la sua ultima interpretazione: il Macbeth di Shakespeare. Ma qualcosa va storto, lo spettacolo si interrompe, e l’attore è costretto a calare la maschera, mostrando al pubblico non più il personaggio, ma sé stesso. Al posto del ritratto del mitico Re di Scozia, va quindi in scena un (auto)ritratto di colui che intendeva interpretarlo, ma col passare del tempo i ritratti dei due impegnati entrambi a fare i conti col compiersi del loro destino finiscono per confondersi, fino a quando Macbeth e Soffiavento si riveleranno essere due facce della stessa medaglia. La vanità, l’ambizione, la follia, il potere: che tu sia un artista o un re, che tu sia un tiranno o un attore, i nemici di un uomo sono gli stessi, e quando al momento della resa dei conti lo si capisce, è molto spesso troppo tardi.
Diceva Carmelo Bene: “Macbeth è l’occasione di fare del grande teatro non teatrabile. È l’impossibilità di stare sulla scena”.
Una impossibilità che sembra sancita dallo stesso Macbeth il quale, mentre il sipario già si chiude sulla sua esistenza, prima paragona la sua parabola proprio a quella di “un attore che si gode la sua ora sulla scena, e poi non se ne sa più nulla”, poi invoca la fine gridando in faccia al suo destino le celebri battute “Soffia, vento! Vieni, naufragio!” che danno il titolo allo spettacolo. Eppure, è lo stesso Shakespeare che sembra dircelo è proprio allora, quando il velo dell’io cade e ci si affaccia sul regno dell’impossibile, è proprio allora che può succedere ad un attore, ad un re, ad un qualunque essere umano di vedere e di vedersi. Ed è allora che, messo alle spalle il tempo dell’uomo, ha inizio talvolta quello del Teatro.