Il vincitore della guerra di Troia dopo dieci anni torna a casa. Ad accoglierlo un trionfo di popolo. Ma il grande re degli Achei è nauseato dalla guerra, ha orrore del sangue versato. L’eroe, insomma, è un anti-eroe. Così è Agamennone nella rilettura del grande poeta della Grecia del Novecento Ghiannis Ritsos, spettacolo messo in scena al Teatro Arcobaleno di Roma (visibile nei due prossimi fine settimana del 18, 19, 20 e 25, 26, 27 novembre). La regia è di Massimo Venturiello, anche straordinario interprete del monarca di Micene.
“Agamennone” fa parte di una raccolta di 17 poesie di Ritsos (scomparso a 81 anni nel 1990) come monologhi teatrali, chiamata “La quarta dimensione”, pubblicata nel 1972 e comprendente opere del decennio precedente, ispirate a temi antichi o al mito degli Atridi. Il poema, in particolare, è stato scritto negli anni che vanno dalla fine del 1967 al 1970: in Grecia è il periodo della “dittatura dei colonnelli”, durante la quale Ritsos, noto esponente comunista, viene arrestato e mandato al confino nelle isole di Gyaros, Leros e Samo.
La trama di Ritsos è sostanzialmente la stessa del dramma di Eschilo: dopo dieci anni di assenza Agamennone torna vittorioso ad Argo, portando con sé da Troia la profetessa Cassandra. Entra nel palazzo, camminando (di malavoglia) sopra un tappeto cremisi, ma verrà ucciso dalla moglie Clitennestra per vendicare la morte della figlia Ifigenia, che Agamennone ha sacrificato per far partire le proprie navi verso Troia.
Ma il nuovo Agamennone, pur avendo tratti comuni con quello antico, è molto diverso: ha un’interiorità composita, mostra una forte crisi esistenziale, ha una dimensione “politica” del tutto differente dall’originale. Massimo Venturiello magistralmente dà voce e corpo a quest’uomo stanco delle battaglie, che ora gli appaiono insensate. Agamennone disprezza le acclamazioni, si definisce un “boia”, afferma “l’eterna vanità di ogni cosa”.
Non è per nulla orgoglioso del suo successo (a differenza dell’eroe di Eschilo) e non nasconde un segreto e, appunto, anti-eroico sollievo per essere sopravvissuto. Si ritrova (in un passaggio commovente del poema) perfino a invidiare una formica, perché “sola, insignificante, senza peso”, mentre lui sente di portare un fardello più grande di se stesso. Rifiuta la propria parte del bottino di guerra: l’unica cosa che chiede è un “bagno caldo”, che sarà il luogo (predetto da Cassandra) del suo assassinio.
Agamennone, dunque, esprime una morte esistenziale che prelude a quella fisica. “Mentre il bagno lo sta aspettando, l’eroe ha già preso la sua decisione”, ha scritto la semiologa teatrale Marika Thōmadakē: “L’Agamennone di Ritsos sembra suicidarsi, fuggendo così dal suo mitologico destino”. In questo approssimarsi alla fine Venturiello è di eccezionale efficacia: la sua recitazione sembra liberarsi di ogni fardello, tacitare ogni senso di colpa, approdare a una ruvida dolcezza, alla dolente e lieve consapevolezza del proprio destino.
Ma la superba recitazione di Massimo Venturiello – di cui va sottolineata anche la regia, in perfetto equilibrio tra potenza delle immagini visive ed esaltazione della parola poetica di Ritsos – non deve oscurare la rimarchevole prova degli altri sei attori, scelti all’interno della Sezione Teatro (diretta da Venturiello) del Laboratorio di alta formazione “Officina Pasolini” della Regione Lazio.
Carlotta Procino ben incarna l’alterigia e la severità di Clitennestra, mentre Carolina Sisto rende alla perfezione la pazzia e la visionarietà di Cassandra. Bravissimi e versatili i quattro interpreti del coro: Carmine Cacciola, Davide Montalbano, Francesco Nuzzi e Giacomo Rasetti. A completare la forte espressività dello spettacolo contribuiscono anche le musiche di Germano Mazzocchetti, le scenografie di Alessandro Chiti, i costumi di Silvia Polidori e le luci di Giuseppe Filipponio.
La stagione del Teatro Arcobaleno di Roma (in via Francesco Redi 1a) proseguirà dal 9 al 18 dicembre (anche in questo caso il venerdì e il sabato alle 21 e la domenica alle 17.30) con l’ultima delle tragedie di Euripide, la “Ifigenia in Aulide”. In scena Andrea Tidona (Nastro d’argento come miglior attore per “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana), Alessandra Fallucchi, Carolina Vecchia e Roberto Turchetta, per la regia di Alessandro Machìa.
Marco Togna