di e con Matteo Pecorini scenografia Eliana Martinelli, Eva Sgró luci Martino Legasuoni Tommaso Ferrini help Camilla Castellani produzione Kanterstrasse consulenza alla regia Simone Martini, Alessio Martinoli Ponzoniconsulenza artistica Fabio Pedone, Matteo Brighenti, Francesco Chiantese
Matteo Pecorini prova a dare voce al Tempo.
La sua è una ricerca filologica e fonologica che spazia e sfida coraggiosamente i meandri della mente, grazie al potere evocativo dell’assonanza e dell’uso strumentale del linguaggio paraverbale.
Concede corpo alla parola, sfilaccia il nastro dell’ascolto del paterno Krapp, interpreta con fedeltà l’andamento sincopato e mai lineare dei sentimenti, tramanda antichi e recenti capolavori, rintraccia le chiavi di contenuto nel labirinto dei fatti, interroga questioni monolitiche e lo fa, tentando di comunicare con l’icona archetipica interna di una qualche divinità apparentemente schizoide, eppure innocente, virgiliana, diretta, chiarissima e insieme, estremamente distante dal mondo. Una figura evocativa che trascina in sé il mito della storia, varcando il cinema, il teatro, la letteratura, per squarciarne il tetto con la forza della voce.
Avventurarsi nelle arti del linguaggio è pericolosamente calamitante e bisogna affidarsi all’istinto per lasciarsi accompagnare dalle libere associazioni criptate dallo schermo onirico, restando vigili testimoni.
Si tratta di attraversare una foresta di fittissimi significati, di ricordi rimescolati a colori e odori ed emozioni connesse, per strane casualità sincroniche, a fatti apparentemente non coerenti.
Una ricerca di caratura che racconta, forse, una pacificazione del regista e attore, con il proprio personaggio più autentico, ripercorso, dimostrato, messo in scatola, frastagliato, isolato, ricomposto.
Un viaggio nella storia, fatto in una stanza, secondo i principi dell’ identità spaziale che lasciano al Tempo la possibilità di esprimersi e cambiare, fino alla fine, quando si accende la luce e il protagonista si specchia nel presente, sulla platea.
Bisogna, infatti, che il Tempo guardi in faccia la realtà, che si condivida la ricerca del passato e la sua inevitabile perdita.
Ines Arsì