Il direttore artistico chiede di pazientare ancora qualche minuto. Entra in platea Giuseppe Manfridi che si scusa per il ritardo e dichiara di essere una guida turistica che condurrà il pubblico alla scoperta della ….tinca. Afferrando un pesce di cartapesta, la descrive come un pesce d’acqua dolce che si nasconde nei fondi melmosi basculando e boccheggiando ma, in gergo teatrale, è la piccola parte senza spessore, che si esaurisce in poche battute e non è gratificante per l’attore.
Alle sue spalle, sul palcoscenico, flebili luci illuminano un ambiente traboccante di libri, dove un giovane uomo è accucciato incurante del contesto.
Manfridi attira l’attenzione degli spettatori, quali turisti in visita, sulla sua posizione ai piedi del palcoscenico, dichiarando che dovrà abbattere la quarta parete trasferendosi sulla scena per offrire la possibilità al giovane attore di esplicitare l’importanza della sua particina, niente di meno che nella tragedia “Romeo e Giulietta” di Shakespeare.
Quale sarà il personaggio il cui piccolo ruolo si è tuttavia rivelato fondamentale affinché la vicenda andasse come previsto, cioè tragicamente? Baldassarre, il servitore di Romeo che annuncia al padrone la morte di Giulietta. Senza di lui, Romeo non saprebbe della tragica fine dell’amata e non si ucciderebbe e di conseguenza non si ucciderebbe nemmeno Giulietta, svegliatasi dalla catalessi.
La particina è riottosa, a tratti scontrosa, incupita, irascibile e insoddisfatta del suo ruolo relegato a pochissime battute, poco propensa a colloquiare, costantemente sulla difensiva, difende la sua categoria ma rivendica maggiore considerazione per Baldassarre e, infine, sembra custodire un segreto. Il suo è il dramma esistenziale dell’ego, del narcisismo ferito dell’attore, costretto a immedesimarsi nel ruolo marginale di un personaggio indefinito di cui nessuno si ricorderà, utile solo a far procedere l’intreccio.
Manfridi gli spiega che ciò che vale è il sottotesto ossia ciò che va intuito, più importante del testo scritto perché il gioco del teatro non si misura con le battute pronunciate.
Man mano la particina acquisisce consapevolezza di sé, inizia a ritenersi determinante nello svolgimento della vicenda che altrimenti avrebbe potuto avere un diverso esito, e prova il sottile piacere di sentirsi incarnazione del fato, fino alla gratificazione di scoprirsi protagonista dello spettacolo che sta andando in scena davanti a un pubblico venuto per vedere proprio ‘la particina’. Perché ciascuno può essere protagonista della propria storia: non ci sono piccole parti ma piccoli attori. Fine della visita e dello spettacolo
Giuseppe Manfridi, che si attribuisce il ruolo della guida interpretato con disinvolta leggerezza, drammaturgo tra i più apprezzati del panorama teatrale contemporaneo, propone al suo pubblico questo breve testo in cui inizia con l’accattivarsi il consenso dei presenti per coinvolgerli in un percorso accidentato tra la realtà della rappresentazione e la finzione della vita, battendo sui tasti dell’ironia in una sequenza di dialoghi serrati, dotti quelli della guida secondo la cifra stilistica dell’autore, giovanilmente gergali quelli della particina.
Lorenzo Manfridi, chiuso nel suo mondo irreale popolato di libri traboccanti storie e personaggi, è davvero una tinca ondeggiante tra avvilimento ed esaltazione, rabbia ed umorismo. I Manfridi padre e figlio sembrano divertirsi molto in questo pingpong di ammonimenti e autocoscienza, quasi una seduta terapeutica che dalla rappresentazione trasmuta nella realtà, in una promiscuità di ruoli.
La scenografia di Antonella Rebecchini evoca l’ondeggiare della tinca nel mare con un ambiente onirico affastellato di libri pencolanti in precario equilibrio.
La regia di Claudio Boccaccini, regista storico dei testi di Manfridi e capace di penetrare in profondità la sua scrittura, ne sottolinea la surreale impostazione e la divertita ironia, giocando anche con le luci a tratti rivolte verso il pubblico, in un continuo ribaltarsi della finzione nella finzione.
Una pièce moraleggiante con elementi ludici nella quale ognuno potrebbe trovare un riflesso di sé.
Il testo, come tutta la produzione drammaturgica di Manfridi, è pubblicato da La Mongolfiera Editrice.
Tania Turnaturi