diNeil Simon traduzioneMasolino D’Amico conUmberto Orsini, Franco Branciaroli e conFlavio Francucci, Chiara Stoppa, Eros Pascale, Emanuela Saccardi regiaMassimo PopoliziosceneMaurizio BalòcostumiGianluca SbiccaluciCarlo PedianisuonoAlessandro Saviozzi produzioneTeatro de Gli Incamminati, Compagnia Orsini, Teatro Biondo Palermo in collaborazione conCTB Centro Teatrale Brescianoe conAMAT Associazione Marchigiana Attività Teatrali e Comune di FabrianofotoNicolò Feletti
In una vecchia stanza di una vecchia pensione si aggira, in pigiama, un anziano signore con aria trasandata e poco confortata dalla tazza di tè che sorseggia all’eco di una piccola TV. L’atmosfera, su cui fa luce un polveroso lampadario, è fredda, eppure intima, come tutta la trama di questa calibrata e brillante commedia, che sa affondare lentamente al cuore, con la leggerezza di un cucchiaino da dessert.
La carta da parati, azzurra e scorticata, racconta un clima umido e insalubre, di cui l’uomo pare non curarsi; il letto è sfatto e la TV, sempre accesa, poggia su un tavolino apparentato a quattro rotelle che lo seguono come un cagnolino fedele, fino al tavolo spoglio e alle due sedie vuote, accampate poco più avanti di un cucinotto sullo sfondo.
Tutto, dal telefono staccato al chiavistello arrugginito della porta, sembra suggerire una irrimediabile e goffa solitudine che poi, per comicità di intreccio, si finisce per rimpiangere facilmente, all’arrivo improvviso di un ansioso nipote che tanto ricorda il Bianconiglio de Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, preso, nella sua visita lampo, da incombenze delle massima urgenza e dal disbrigo di mandati che sembrano assillarlo come grosse seccature; lo zio, per contro, lo accoglie con quell’ingenuità senile che rammenta bene una condizione di fragilità, ma che non può adombrare la sua indole disimpegnata, tanto diversa da quella del giovanotto che non trova nemmeno il tempo di togliersi l’impermeabile, portato come una divisa da impiegato di settore terziario.
L’incomunicabilità tra i due è, tuttavia, solo apparente e nei due personaggi trapela presto la medesima apprensione, quando la trama inizia a prendere corpo e riesce ad innervare la conversazione della sua questione centrale: in sospeso è l’arrivo di un terzo personaggio e il sodalizio tra due noti attori che avevano lavorato in coppia per tutta la vita. Il destino li richiama assieme ancora una volta, per l’ultima comparsata televisiva, temibilmente messa a rischio da incomprensioni mai sanate; il tema è quello dell’abbandono, del tradimento della fiducia, dei cambiamenti che stravolgono la vita e il turbamento profondo, ben oltre l’orgoglio, innesta risentimenti e battibecchi di tenera ilarità.
Cosa non si sopporta per il successo e quanto è irrinunciabile anche quando non ci appartiene più; la commedia, ispirata alla vita di due attori di vaudeville realmente esistiti, celebra la storia del varietà americano, senza mancare, però, di canzonare il narcisismo degli artisti, raccontati al pubblico quando, oramai, al tramonto della carriera, sono disarmati, stanchi, disorientati, superati e quasi dimenticati.
Che cosa resta? Mentre gli antichi fasti del teatro cedono al tramonto e avanza la macchina televisiva, ritornare e rimettersi in gioco, seppure con le forze residue che non possono più garantire il successo, consente di rinsaldare l’affetto che non teme il tempo.
L’incontro tra i due protagonisti presso il modesto appartamento, le prove dei vecchi numeri, la compostezza che lascia spazio al tenore infantile della discussione più accesa, attraverso un ritmo di straordinario equilibrio, hanno regalato un effetto veramente esilarante, testimoniando tutto il valore ancora intatto di un classico scritto per Broadway nel 1972, rivisitato, con grandi riconoscimenti, anche al cinema, ma che resta ineguagliabile quando riproposto nella sua sede naturale, in teatro, con una regia appassionatamente accurata e una caratura interpretativa altissima, oltre che divertita.
I ragazzi irresistibili sono ancora un grande successo; il pubblico ride sino a stancarsene, guidato ad attraversare, in fisiologica progressione discendente, il finale tragicomico di un’epoca.
Ines Arsì